Il nuovo film di Kathryn Bigelow, A House of Dynamite, disponibile su Netflix e presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia, mette in scena uno degli incubi più temuti della storia contemporanea: gli Stati Uniti sotto attacco nucleare (qui per leggere la nostra recensione).
Scritto da Noah Oppenheim e diretto dall’autrice premio Oscar di The Hurt Locker e Zero Dark Thirty, il film mostra la reazione della catena di comando americana alla notizia del lancio di un missile nucleare da parte di un nemico sconosciuto. Il finale? È tutto da scrivere.
A House of Dynamite, di cosa parla? La trama in breve
Il Presidente degli Stati Uniti, interpretato da Idris Elba, viene colto di sorpresa mentre tiene un discorso pubblico in un liceo: dopo essere stato scortato via, viene informato che un missile nucleare è in volo verso il territorio americano. Nel frattempo, nel bunker della Situation Room, la capitana Olivia Walker (Rebecca Ferguson) coordina le operazioni di emergenza, mentre i vertici militari e politici si dividono su come reagire.

A House of Dynamite è diviso in tre capitoli, ognuno dei quali racconta lo stesso evento, il lancio del missile e la reazione americana, da prospettive diverse. Nell’ultimo capitolo seguiamo il punto di vista del Presidente, che si trova costretto a prendere la decisione più drammatica della sua carriera: scegliere se accettare o rifiutare un contrattacco nucleare.
Il dilemma morale del Presidente
Quando i sistemi di difesa falliscono e il missile sembra destinato a colpire Chicago, il Presidente riceve pareri contrastanti. Il Viceconsigliere per la Sicurezza Nazionale (Gabriel Basso) sostiene di aver parlato con il suo omologo russo e crede che Mosca non sia responsabile, invitando quindi alla prudenza.
Dall’altra parte, il Generale dello US Strategic Command (Tracy Letts) spinge per una risposta immediata, avvertendo che non reagire equivarrebbe a un segno di debolezza fatale.
Nel dialogo con il suo consigliere nucleare, il Presidente paragona la situazione al "vivere in una casa piena di dinamite", un riferimento diretto al titolo del film e alla fragilità del mondo in cui viviamo, costantemente in bilico sull’orlo del disastro.
Cosa succede e cosa significa davvero il finale di A House of Dynamite?
Proprio quando il Presidente sta per pronunciare la sua decisione finale, lo schermo diventa nero. Non vedremo mai se ordina o meno il contrattacco. Questo finale aperto ha diviso il pubblico, con molti spettatori che lo hanno trovato frustrante, ma la scelta ha più senso di quanto si pensi.

Secondo lo sceneggiatore Noah Oppenheim, l’obiettivo era non offrire una soluzione rassicurante. Un finale chiaro, sia senza contrattacco che con, avrebbe permesso agli spettatori di "uscire dalla sala in pace". Invece, Bigelow e Oppenheim vogliono che il pubblico resti con il dubbio e che la frustrazione sia parte del loro sentimento rispetto al finale: solo così lo spettatore percepisce la sottigliezza del filo su cui tutti noi stiamo facendo gli equilibristi.
Il significato del titolo
"La casa piena di dinamite" diventa così una metafora del pianeta stesso, dove la stabilità globale dipende da decisioni prese in pochi secondi da persone in carne e ossa. Non importa come finisca il film, perché basta un “sì” o un “no” detto dalla persona giusta per far precipitare il mondo da una o dall’altra parte del limbo. Il vero finale è tutto da scrivere.
