Mickey 17, l’ultima pellicola di Bong Joon-ho, è finalmente al cinema (qui trovate la nostra recensione). Il regista di Parasite pluripremiato agli Oscar è tornato con un film sci-fi che scuote le coscienze e pone interrogativi esistenziali su tematiche attuali e futuristiche. La tecnologia avanza e l’empatia si estingue sempre più. Quanto vale la nostra vita?
L’attualità fantascientifica di Bong Joon-ho
Come già in opere precedenti, una tra tutte Snowpiercer, Bong Joon-ho torna anche stavolta ad affrontare temi incisivi: lotta di classe, capitalismo e politica si mescolano in un calderone di fantascienza scanzonata che richiama, più o meno esplicitamente, il nostro mondo e la nostra società.
Il tono talvolta ironico si unisce a intense scene d’azione, conferendo all’intera opera sfumature drammatiche e al contempo comiche. È comica la battuta, così come l’atteggiamento rassegnato di Mickey che si trova a morire ripetutamente nei modi più disparati, perdendo gradualmente cognizione del proprio valore come individuo.

La realtà dipinta dal regista coreano è assai vicina alla nostra per evidenti parallelismi: le tempeste di sabbia che vediamo nel film sono il risultato del cambiamento climatico cui assistiamo quotidianamente. È indubbiamente uno scenario drammatico e tutt’altro che ottimista. In Mickey 17 non c’è possibilità di salvare la Terra, e l’unica soluzione è emigrare in un pianeta – il pianeta ghiacciato Niflheim – che possa garantire la sopravvivenza della specie umana.
E da qui il desiderio di colonizzare un luogo inesplorato, ma abitato da creature che si rivelano tutt’altro che nemiche, a dimostrazione che la storia non ha insegnato abbastanza. Non appena si materializza l’occasione, il potere acceca e la volontà di accentramento e superiorità primeggia su qualsiasi altro valore storico e morale. Negli ultimi anni, la possibilità di abitare pianeti extraterrestri è sempre più vicina e con essa la scoperta di tecnologie che possano assicurare un’evoluzione per la vita umana.
Sfruttamento e clonazione
Ma quanto vale la nostra vita? Quanto conta l’unicità? Sono queste le domande fulcro che Bong Joon-ho ci costringe ad affrontare. La lotta di classe è davvero imprescindibile per la nostra società? Esistono categorie di privilegiati e sfruttati che determinano il destino di ogni individuo. La vita di alcuni vale di più, più di quella di coloro che non hanno una via di uscita, che non hanno gli strumenti per poter scegliere di essere liberi e che sono costretti ad arrendersi. Proprio come Mickey Barnes.
Abbiamo un valore o davvero siamo tutti sacrificabili e sostituibili? E come sempre, la risposta è sempre la stessa: sono gli ultimi i più preziosi, quelli che davvero possono cambiare il mondo. E lo sono in quanto risultato della loro storia, delle loro esperienze, delle molteplici versioni che li hanno portati a diventare quel che sono nel presente.
La politica fallimentare riflessa negli estremismi odierni
Mickey 17 è una satira, un ritratto soffocante del colonialismo ottuso, del lavoro e delle dinamiche sociali moderne, e si prende gioco dell’intelligenza umana criticando capitalismo e autorità estremiste. Nonostante il regista non abbia mai apertamente dichiarato di essersi ispirato a figure politiche della nostra attualità, è impossibile non riconoscere nelle figure di Kenneth Marshall (Mark Ruffalo) e sua moglie Ylfa (Toni Collette) i tratti caricaturali di personaggi come Donald Trump o anche Elon Musk – la scena in cui il politico perde l’orecchio è emblematicamente un richiamo alla cronaca attuale. I due personaggi, ciechi megalomani, sono rappresentativi di una ricchezza ipocrita che sbeffeggia i più deboli.

Nasha – e sul finale anche Mickey – incarna invece la speranza e la resistenza, sfidando il potere smanioso e sfrenato con intelligenza e lungimiranza.
Mickey 17: un finale aperto e ottimista
Le domande esistenziali che Bong Joon-ho lascia velatamente scena dopo scena aprono anche sul finale a diverse interpretazioni. La narrazione fantascientifica diventa strumento per una riflessione profonda sul senso dell’esistenza umana, ponendo l’accento su questioni vitali in un confronto tra scienza e moralità e facendoci immergere e immedesimare in un futuro distopico ma potenzialmente reale.
Sono storie come queste a farci riflettere sulla caducità della vita, a ricordarci il nostro valore in quanto individui, a prepararci e reagire, come Mickey, a sfruttamenti e ingiustizie e a cambiare il mondo.
Quello che apparentemente sembra un film di fantascienza presenta in realtà un’attenta analisi sociale sul concetto di vita umana. Grazie Bong Joon-ho per ricordarci chi siamo e chi potremmo essere, ancora una volta.