Il regista Teemu Nikki è al cinema con il suo ultimo film, 100 litri di birra, una commedia intelligente ed edificante che ci parla col cuore.
A distanza di due anni dalla pellicola La morte è un problema dei vivi, il regista finlandese continua a raccontarci la sua terra e le sue origini, in maniera del tutto originale e interessante. Le tipicità della vita quotidiana, dei sapori e dei gesti finlandesi traspaiono dal racconto fedele e tragicomico che ci offre il cineasta.
100 litri di birra, di rivalsa e solitudine
“Da queste parti nessuno nasce, muore e soprattutto si sposa senza sahti”.
Protagonista della pellicola e della vita della comunità di Sysmä è senza ombra di dubbio la birra sahti, tipica bevanda fermentata finlandese. Essa è infatti il centro delle giornate degli abitanti e delle sorelle Taina e Pirkko, e riveste indubbiamente un ruolo fondamentale nella quotidianità e nell’economia delle vite delle due.
Quella che mostra Teemu Nikki è una cittadina (suo paese di nascita) dalla vita lenta, con poco da fare e in cui l’ambizione riguarda quasi esclusivamente proprio il sahti. Ne consegue che anche i vari rapporti risultano intaccati e compromessi proprio a causa della bevanda alcolica, il cui successo determina l’autorevolezza e la credibilità di chi la produce.

È in questa cornice che la divisione sociale tra uomini e donne trova spazio per raccontare un cambio di prospettiva. La tipica narrazione maschilista, infatti, viene qui sovvertita grazie alla rappresentazione - e rappresentanza - di due donne forti che, in un paese e una società in sono gli uomini a comandare, trovano invece spazio e coraggio nel farsi rispettare, non senza una certa fatica, ma comunque riuscendoci.
A sostegno di tale ritratto, Teemu Nikki addirittura “ridicolizza” le figure maschili presenti, esasperandole nei tratti caratteriali e piegandole all'autorità femminile.
Tutti i personaggi presentati risultano eccessivi, ai limiti della decenza quasi. Eppure tutti appaiono in qualche modo giustificati dalle loro storie, dai loro traumi e dalla solitudine che traspare da una cittadina così borderline nella sua semplicità.
La dipendenza senza pregiudizi
Il tema della dipendenza viene affrontato con grande tatto e senza pregiudizi, tanto da risultare, perlomeno inizialmente, quasi sminuito. Viene invece gradualmente svelato e riconosciuto come nocciolo del racconto, l’elemento che determina gran parte delle dinamiche, e avventure, vissute dalle due sorelle. La leggerezza con cui il regista affronta tale disagio non sminuisce la gravità della dipendenza raccontata, che continuamente crea disagio e problemi nei vari tentativi di Taina e Pirkko di rimediare agli errori commessi.
La tentazione di “assaggiare” la bevanda fa continuamente perdere di vista l’obiettivo e, più o meno consapevolmente, rivela l’egoismo delle due protagoniste, concentrate ad "appagare la propria sete" piuttosto che a mantenere la promessa fatta alla sorella Päivi e recuperare realmente la propria credibilità.

Silenzioso filo conduttore della storia, ancora una volta caratterizzato dall’eccesso di alcool, è un incidente d’auto che ha coinvolto, circa trent’anni prima, le tre sorelle e in cui Päivi ha perso una gamba. Tale evento condizionerà inevitabilmente la loro vita e le 48 ore centrali del racconto.
Il senso di colpa, infatti, è determinante per i rapporti tra i vari protagonisti, altro punto focale del film. L’importanza del concetto di famiglia tiene in vita il legame tra le due sorelle, anche durante le varie difficoltà, nonostante venga continuamente minacciato - silenziosamente - da sensi di colpa ed egoismi vari.
Anche il rapporto con il padre diventa essenziale per leggere le loro complicate personalità: messe costantemente alla prova, disperatamente bisognose di approvazione da parte del genitore e di perdono dalla terza sorella, Taina e Pirkko non hanno (anzi, non vedono) altra scelta che rifugiarsi nell’alcool. Sobrietà vuol dire infatti lucidità, e lucidità vuol dire sofferenza e tristezza.
Equilibrio perfetto
Teemu Nikki è qui un maestro nel dirigere due attrici brillanti e nel bilanciare perfettamente ingredienti comici e melodrammatici senza eccedere in banalità e giudizi.
"Il bere non è un tema nuovo nel cinema finlandese, ma io voglio raccontare questa storia a modo mio, attraverso gli stilemi della black comedy. Il film non parla di alcolismo, ma delle sue cause”, ha rivelato il regista in un’intervista.
Un po' grottesca e irriverente, 100 litri di birra è una black comedy che fa riflettere e dà a chi lo guarda la possibilità di immedesimarsi per provare a comprendere la disperazione che porta a eccessi apparentemente incomprensibili.
Distribuito da I Wonder Pictures, 100 litri di birra è un piccolo gioiello che vi aspetta al cinema!