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Anche io: la vera storia dietro al film sul caso Harvey Weinstein

Anche io racconta l’inchiesta che ha smascherato Harvey Weinstein. Ecco la vera storia dietro al film e cosa è vero e cosa meno.

Di , scrivo di cinema perché non potrei farne a meno. Tutto è iniziato con Mulholland Drive, durante i miei studi a Roma, e da allora non ho più smesso. Il cinema mi ha dato tanto. Io gli devo tutto.

Una scena dal film, Anche io.

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Anche io, il film con Carey Mulligan e Zoe Kazan nei panni delle giornaliste del New York Times Megan Twohey e Jodi Kantor, racconta l’inchiesta che ha portato alla luce le molestie e gli abusi di Harvey Weinstein. Ma quanto della pellicola corrisponde ai fatti reali?

Ricapitolando velocemente, durante le indagini le due reporter si scontrano con fonti che non hanno intenzione di parlare e con il muro di silenzio costruito dal produttore. Con perseveranza e determinazione, riescono a convincere alcune vittime a parlare, dando avvio a una delle più importanti inchieste sul potere e sugli abusi nell’industria cinematografica.

In Anche io appare un furgone nero sospetto che sembra seguire Kantor, ma la scena non viene spiegata. In realtà, Weinstein aveva davvero assunto due agenzie di intelligence privata, la Kroll e la Black Cube, composta da ex agenti del Mossad, per sorvegliare giornalisti e potenziali testimoni. Una collaboratrice sotto copertura di Black Cube, con il falso nome di “Diana Filip”, aveva addirittura cercato di avvicinare Rose McGowan e le stesse giornaliste fingendosi attivista per i diritti delle donne.

Il ruolo chiave delle ex assistenti di Weinstein

Un ruolo chiave nell’inchiesta lo ebbero tre ex assistenti di Weinstein: Zelda Perkins, Rowena Chiu e Laura Madden. Perkins consegnò ai giornalisti la copia di un accordo di riservatezza firmato dopo le denunce interne, mentre Chiu raccontò un tentativo di stupro da parte del produttore durante il Festival di Venezia. Entrambe furono costrette a firmare contratti che impedivano loro di parlare persino con familiari e terapeuti.

Una scena dal film, Anche io.

Il film riporta anche una frase attribuita a Weinstein, secondo cui non avrebbe molestato donne ebree o asiatiche. In realtà, come rivelato da Chiu, il produttore aveva poi affermato il contrario, dicendo che apprezzava le donne cinesi perché “discrete”.

Anche io e la testimonianza di Laura Madden

Una delle scene più forti di Anche io mostra Laura Madden che, poco prima di un intervento chirurgico per il cancro al seno, decide di rilasciare la sua testimonianza. Questo episodio è reale. Madden, inizialmente restia, decise di parlare dopo che un’ex collega la contattò su incarico di Weinstein per convincerla a restare in silenzio. A quel punto, sostenuta anche dalle figlie, accettò di esporsi pubblicamente.

Il ruolo di altre figure pubbliche

Nel film viene citato anche il supporto di Lena Dunham e Jenni Konner, creatrici di Girls, che nella realtà fornirono alle giornaliste contatti utili di attrici disposte a parlare, tra cui Gwyneth Paltrow.

“Da ebreo a ebrea”

Un dettaglio curioso ma autentico riguarda il tentativo di Weinstein di creare un legame con Kantor, cercando di convincerla a “parlare da ebreo a ebrea”. La giornalista ha spiegato che trovò l’approccio offensivo: il produttore pensava che un’identità comune potesse prevalere sull’etica professionale, ma si trattò di un grave errore di calcolo.

Se alcune scelte narrative di Anche io semplificano o condensano gli eventi, la sostanza rimane fedele alla storia vera: il lavoro di Twohey e Kantor ha contribuito a far crollare l’impunità di Weinstein e ad aprire la strada al movimento #MeToo.

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