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Black Phone 2, Recensione: l’incubo risorge dagli inferi

Dopo il grandioso successo del primo capitolo, è arrivato nelle sale Black Phone 2, l’horror con Ethan Hawke nelle vesti di uno spietato criminale.

Recensione di 

Una scena dal film, Black Phone 2.

Contenuto della recensione

Quella di Stephen King è un’ingombrante figura che domina tutt'ora il mondo letterario, portando lo stesso cinema a confrontarsi con le sue opere adattandole sul grande schermo. Un’eredità per le storie dell’orrore trasmessa al suo stesso figlio, lo scrittore Joe Hill, nella quale nel 2007 si presenta nella nostra penisola con la sua raccolta di racconti dal titolo Ghosts.

Passano alcuni anni prima che una sua storia venga selezionata per trarne un omonimo lungometraggio: si tratta di Black Phone e vede nella figura del pericoloso serial killer un rimando al criminale John Wayne Gacy. Sotto la direzione di Scott Derrickson l’opera riesce a conquistare il botteghino e la critica, fomentando l’idea di un possibile seguito.

Un azzardo, un rischio per la compromissione dell’immagine del film stesso e l’originalità che lo circonda; eppure, quella del Rapace è una storia destinata a proseguire per continuare a infondere il suo cupo terrore.

Una scena dal film, Black Phone 2.

Il Rapace è ancora vivo?

North Denver (Colorado), 1982. Sono passati quattro anni dall’omicidio del Rapace (Ethan Hawke), un pazzo criminale mascherato che rapiva giovani fanciulli a bordo di un furgone nero, un capitolo che sembra perseguitare ancora la famiglia Blake che fatica a trovare un proprio equilibrio. Se il padre Terrence (Jeremy Davies) ha trovato un’ancora di salvezza nella sobrietà, Finney (Mason Thames) vede nel bullismo l’unica arma per scacciare il ricordo della sua prigionia e l’uccisione del suo carceriere.

Come se non bastasse, sua sorella Gwen (Madeleine McGraw) continua ad avere strani sogni dove protagonisti sono giovani bambini brutalmente uccisi nel campeggio Alpine Lake Camp nel lontano 1957, periodo in cui la loro madre Hope (che le appare in una delle sue visioni) lavorava da adolescente. Tormentati dal pensiero che il Rapace sia ritornato dal regno dei morti, i due fratelli decidono di indagare recandosi nel campo giovanile cristiano.

Una scena da Black Phone 2.

L'incubo continua sotto strati sovraumani

Sembrava un capitolo finito quello di Black Phone dopo l’uccisione dell’antagonista e la rivalsa del giovane protagonista, un epilogo destinato a gettare un faro di luce sopra l’oscurità che ha dominato l’intera narrazione. Ciononostante, il principale requisito di ogni buon film horror è che una fine non esiste, specialmente se nel primo capitolo l’ingrediente base consiste nell’aspetto soprannaturale degli avvenimenti.

È uno sguardo allettante quello di mostrare il lato fragile e psicologico di questa famiglia disfunzionale, un primo piano sulle conseguenze di tali eventi che ha portato ben presto il cineasta Derrickson (Sinister, Liberaci dal male) e C. Robert Cargill a unire nuovamente le forze per dare vita a un sequel la cui sceneggiatura riprende alcuni elementi funzionali del loro capostipite sebbene la storia venga dirottata su nuovi orizzonti, più sanguinosi e sovraumani.

Prodotto nuovamente dalla Blumhouse Productions, Black Phone 2 riprende il racconto da dove era stato interrotto, esponendo all’occhio del pubblico la difficile convivenza dei fratelli Blake. Un rapporto che vede in questo seguito un maggiore spazio della sorellina Gwen, oramai entrata nella delicata fase dell’adolescenza caratterizzata da prime cotte amorose e malelingue da parte delle sue compagne di classe a causa dei suoi sogni strani.

È un ribaltamento dei ruoli quello a cui assistiamo, dove il personaggio di Finney trova uno spazio minore sebbene importante ai fini della narrazione. E proprio su queste due figure il cineasta posa lo sguardo della macchina da presa: è la paura, la rabbia di chi fatica a dimenticare un passato che lo tormenta e la stessa disperazione a oscurare la guarigione dei due, sentimenti che si depositano sui loro occhi oramai privi di gioia.

Un cambiamento che li ha portati a diventare persone che non volevano diventare (nel caso di Finn, divenuto lui stesso bullo) o individui che si temono a causa del proprio dono (come Gwen che condivide gli stessi sogni che faceva sua madre).

Gwen e Il Rapace in Black Phone 2.

Black Phone 2 tra citazioni cinematografiche e sequenze oniriche

Black Phone 2 ci riporta nuovamente negli abissi degli inferi grazie alla volontà di esplorare il lato oscuro del suo miglior personaggio: se nel primo capitolo la figura portata in scena da Ethan Hawke mostrava il lato selvaggio di questo rapitore seriale di bambini, nel suo seguito si vuole spostare l’attenzione sul suo passato e in particolar modo sui suoi primi crimini efferati.

Una psicologia che gioca un ruolo cruciale nello scavare nelle profondità dei suoi demoni, un uomo che fatica a lasciare la Terra dei vivi e perseguita la giovane protagonista nei suoi sogni. Una pellicola dell’orrore che abbraccia attraverso alcune strizzate d’occhio alcuni rimandi a cult del passato, come lo stesso Nightmare – Dal profondo della notte o Shining, confinando i vari burattini all’interno di una cornice ghiacciata, quella del campo cristiano, la cui palette dalle tonalità fredde si frantuma con il gocciolio del rosso cremisi che dimora nelle scene più feroci.

La pellicola di Derrickson ha il vanto di saper osare e sfruttare con una certa astuzia i momenti ultraterreni del film, nella quale paesaggi onirici si sbriciolano in mille pezzi di fronte alle sequenze degli incubi di Gwen tradotte in un aspetto sgranato della pellicola dovuto all’uso della Super 8 impiegata insieme alla Super 16 per un maggiore rimando al vecchio cinema classico. È l’impossibilità di non vedere il male ma di percepirlo attraverso la sua forza bruta a fornirgli quel senso di inquietudine che abbonda nelle sue scene migliori accompagnate dalla colonna sonora di Atticus Derrickson.

Sebbene non riesca a raggiungere il livello di grandezza rintracciato nel primo film, Black Phone 2 ha dalla sua parte un egregio cast – Thames e McGraw danno prova di una performance notevole mentre Hawke, sebbene con una parte ridotta, infonde terrore nel suo trucco – e tematiche che toccano vette divine nel momento in cui si spingono a intrecciare l’orrore con la religione e la fede. Quella del Rapace sembra (apparentemente) un cerchio chiuso. Ma lo è davvero?

Black Phone 2

Recensione di Sonia Modonesi, fin da piccola i film della Walt Disney mi hanno spinto a credere in me stessa e a perseverare nei miei sogni.

Black Phone 2 è il classico esempio di sequel che funziona se riesce a dirottare la sua storia in nuove e appassionate direzioni. Riprendendo in mano alcuni elementi cardini del film principale come le telefonate dalla cabina che solo il personaggio maschile riesce a sentire e i sogni premonitori della protagonista, il lungometraggio sfreccia a tutta velocità nel campo del soprannaturale per riportare in vita la sua miglior creatura. Tra citazioni cinematografiche e una regia che si destreggia nel condurre verso il pubblico un senso di inquietudine e suspense, Black Phone 2 riesce nell'abile impresa di non cadere nell'anonimato o nel banale pur mantenendo dei limiti che lo portano a non eguagliare la bellezza del primo capitolo.