Ho pensato per circa due giorni al titolo da dare a quest’articolo. L’esperienza con Clair Obscur: Expedition 33 è stata una delle più intense, memorabili, uniche e significative della mia esperienza da videogiocatore. Un fulmine arrivato così, a ciel sereno, capace di sbalordire sotto praticamente ogni aspetto - tecnico, pratico. Le emozioni hanno dovuto sedimentarsi, perché dopo circa 50 ore di gameplay, un complemento molto vicino al 100% e un finale francamente perfetto, la necessità era quella di interiorizzare quanto vissuto prima di tentare di esprimerlo a parole. E vi anticipo che non è semplice, perchè come tutte le grandi opere, anche Clair Obscur: Expedition 33 parla più al nostro cuore che alla testa; un mosaico talmente sottile, raffinato e rifinito che finisce quasi per stordire grazie alla sua bellezza. Il vuoto che ho provato nel vedere scorrere i titoli di coda è stato immenso ma, come la famiglia Dessendre ci insegna, dobbiamo andare avanti.

Non voglio esagerare, fare retorica o addirittura ricamare attorno a qualcosa solo per il gusto di enfatizzare questo o quello. No no, questo gioco è un capolavoro assoluto, una delle produzioni migliori del nostro secolo e lascerà sicuramente il segno. Vi starete chiedendo il perché, oppure se l’avete giocato sarete magari curiosi di leggere un punto di vista potenzialmente diverso. In ogni caso, quando si viene investiti da simili emozioni e sensazioni, vale la pena condividerle. Ed è quello che troverete nelle prossime righe: una confessione, quello che direi al mio migliore amico qualora mi chiedesse di descrivergli perché ho amato così tanto Clair Obscur: Expedition 33.
Tela di Famiglia
Il primo impatto con Clair Obscur: Expedition 33 è veramente forte, a partire dal menù iniziale. Le musiche travolgono e iniziano subito a trasmettere quel misto di fascino, malinconia e delicatezza che poi permeano l’opera nella sua interezza. Il titolo di Sandfall Interactive, insomma, cattura sin da subito. Una volta entrati nel mondo di gioco, poi, il senso di meraviglia non può che aumentare: qualcuno di voi si sarà commosso immediatamente al prologo, passeggiando per la straordinaria Lumière, altri saranno rimasti sbigottiti dal primo approccio con la world map e l’arrivo a “Flying Waters”... e chissà quanti avranno amato i personaggi fin da subito, imparando poi a conoscerli sempre meglio.
Insomma, il world building di Clair Obscur: Expedition 33 è sinceramente unico e inedito: un JRPG ambientato in Europa, in una Francia dalla forte impronta barocca e costellata di personaggi, ambientazioni e tematiche contemporanee, mai banali, spesso soprendenti. La cosa incredibile è che, come già detto (più o meno esplicitamente) i vezzi e i colpi di genio non si limitano all’estetica e alla componente artistica, anzi. La trama, il tessuto narrativo di Clair Obscur: Expedition 33 non solo è ambizioso, struggente, perfettamente realizzato ma è anche costellato di colpi di scena (almeno un paio) che lasciano semplicemente a bocca aperta.

Nulla è come sembra, e il senso di inquietudine che inizierete a maturare dopo qualche ora di gioco troverà risposte, mentre alcune poi dovrete trovarle da soli - compiendo scelte, in particolare quella finale, che darà una definizione molto più netta al vostro percorso e a quello dei personaggi. E anche se un finale è sicuramente più “canonico” dell’altro, ognuno di essi risuonerà in modo unico dentro di voi.
I temi sono quelli del lutto, del dolore, della perdita e dell'accettazione. Inizialmente quasi solamente sussurrati, per poi diventare invece il cuore pulsante del racconto, dando un sapore estremamente diverso a tutto il contesto.
Verso il Monolito
L'obiettivo “principale” del gioco è quello di arrivare al Monolito e sconfiggere la Pittrice, una sorta di divinità umanoide la quale, ogni anno, dipinge sul Monolito un numero in ordine decrescente, uccidendo tutte le persone con l’età corrispondente a tale numero. Questo fenomeno è definito dalla gente del posto “Gommage”, ed è compito delle Spedizioni (forze militari “addestrate’) partire una volta l’anno per cercare di mettere fine a questa carneficina.
Per arrivare al Monolito dovranno attraversare un continente distrutto dalla “Frattura”, un evento apocalittico che ha modificato il territorio e creato un ambiente inospitale fatto di mostri, territori a brandelli e scenari surrealisti. Nessuna Spedizione è mai riuscita a raggiungere il Monolito, o almeno nessuna di esse è mai riuscita a tornare a Lumière per raccontare cosa avesse vissuto, scoperto.

Questa la premessa di Clair Obscur: Expedition 33, che vi metterà poi nei panni di Gustava, leader della Spedizione 33; un capo speranzoso, con diverse cicatrici e altrettanti obiettivi. Per compiere tale missione, dovrete imparare a padroneggiare un sistema di gameplay “old school” ma modernizzato al massimo livello.
Clair Obscur: Expedition 33 è infatti un JRPG, un Final Fantasy-like, con una forte influenza anche dei giochi From Software. Si gioca a turni, si raccolgono armi e potenziamenti, si costruiscono build sinergiche ma al tempo stesso si para e si schiva, quasi a ritmo di danza. Si sbaglia e si muore tanto e spesso per imparare e migliorarsi, e si viaggia all’interno del mondo di gioco proprio come si faceva nei migliori Final Fantasy di sempre (7-8-9-10, opinione personale). Ci sono anche dei fondali pre-renderizzati e altre strizzate d’occhio. Insomma, si potrebbe dire che sia il gioco che gli appassionati del genere aspettano da 25 anni; un revamp di un modo di fare giochi che non si vedeva da tempo e che si pensava fosse superato. Bene, Clair Obscur: Expedition 33 dimostra che questa valutazione è chiaramente un errore.
Il risultato finale, il quadro, la tela è semplicemente inverosimilmente perfetto. Un capolavoro, non esiste altra definizione.