Quella di Dracula è senz’altro una storia immortale che ha attraversato differenti continenti e decenni, attingendo lungo il suo cammino dal manoscritto di Bram Stoker. Un racconto che vede per protagonista lui, il mostro, dipinto dapprima in quello che era l’espressionismo tedesco come una figura inquietante avvolta da un’estetica cupa e fonte di un’incarnazione del male e della corruzione (sia fisica che spirituale); poi trasformato in una sorta di outsider, percepito dalla società come il volto colpevole di ogni sorta di disgrazia.
Un personaggio capace di infiltrarsi all’interno della collettività e di riuscire, attraverso mentite spoglie, a seminare lungo il suo cammino una distesa di paura e angoscia. Ogni opera porta con sé una sua personale interpretazione del celebre protagonista iconico, una creatura dannata afflitta da pene d’amore per la perdita dell’amata compagna. E proprio su questa riga il regista Luc Besson estrapola il suo Dracula – L’amore perduto, donando al suo vampiro un aspetto romantico e tormentato.
Di cosa parla Dracula - L'amore perduto?
Transilvania, XV secolo. Il principe Vlad (Caleb Landry Jones) vive un profondo amore con la sua amata compagna, la consorte Elisabeta (Zoë Bleu). Quando un giorno il protagonista viene chiamato in battaglia per difendere il suo regno dagli ottomani, si rivolge al vescovo della sua chiesa affinché possa chiedere a Dio di proteggere la sua cara in sua assenza. In questo conflitto la principessa Elisabeta finirà per essere assassinata, portando in seguito il principe a supplicare il vescovo al fine di farla resuscitare. Al suo diniego il protagonista lo uccide rinnegando la sua fede, venendo a sua volta condannato a una vita eterna.
Quattrocento anni dopo, l’avvocato Jonathan Harker (Ewens Abid) viene mandato in Transilvania nel castello del Conte Dracula per trattare la vendita di una proprietà immobiliare nei pressi di Parigi, un viaggio che condurrà il protagonista sulle tracce della promessa sposa del legale, Mina, reincarnazione della sua amata compagna. Deciso a riportarla con sé, Dracula si appoggia all’aiuto di Maria (Matilda De Angelis), sua succube vampira nonché amica di Mina, sebbene a contrastare il suo desiderio sarà un famoso prete (Christoph Waltz), appartenente a un ordine che studia da anni i morti viventi.
Un nuovo adattamento romantico e tormentato
Da Tod Browning a Francis Ford Coppola fino ad arrivare alla visione portata in scena da Robert Eggers, il personaggio di Dracula ha trovato nelle sue molteplici letture disparate prospettive la quale miravano a raccontare uno squarcio della storia dell’illustre iconografia del genere dell’orrore.
Pellicole che calamitavano l’attenzione sul – reale – personaggio di Vlad III di Valacchia, figura che ha contribuito al fenomeno del mito del vampiro e a cui sono state riconosciute le paternità delle sue gesta brute; alla sua violenza il cinematografo si è riallacciato alla simbologia del vampiro, una sorta di metafora adoperata per indicare la paura verso l’ignoto (tra l’altro); e ancora, lo stesso contesto sociale ha contribuito a rafforzare l’idea di questa creatura, nata sotto uno scenario storico e sociale pervaso da tensioni nei confronti di una possibile invasione.
Una personalità spremuta della sua originalità ma che, attraverso l’ottica del regista francese Besson, risplende attraverso una fotografia mai del tutto analizzata: si parla del suo lato sentimentale, una caratteristica che rende Dracula un essere al tempo stesso complesso ma anche profondamente umano nonostante la sua immortalità.

Una storia immortale dotata di fascino e sensualità
Presentato in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma, Dracula – L’amore perduto riprende il focus centrale narrato dallo scrittore Stoker, sebbene il regista non solo apporti delle modifiche alla storia ma addirittura elude alcuni degli elementi basilari del mondo dei vampiri. Il suo è un personaggio il cui nucleo centrale ruota attorno alla figura di Elisabeta, un amore delineato da una grande passione da come si evince nel prologo (dove i due sono intenti a scherzare e a fare l’amore) che poco si sposa con il suo lato selvaggio da guerriero.
Quello di Besson è certamente un adattamento diverso rispetto ai precedenti lavori portati in scena in quanto il suo lungometraggio mira a rappresentare la stretta relazione tra il principe/vampiro e la sua principessa – e dunque la morte di quest’ultima - un allestimento scenico dettato dalla tragedia vera che condurrà l’uomo in un abisso di follia dalla quale si risveglierà sotto nuove spoglie.
A rappresentarlo sul grande schermo è la strabiliante performance di Caleb Landry Jones, attore che aveva già in passato collaborato con Besson nel dramma Dogman: il suo è un volto segnato dallo strazio e dalla pena, un’umanità percepibile e rintracciabile nei suoi occhi e nel suo atteggiamento per quanto incastonato nella sua anima dannata. Un aspetto romantico che si sposa con la volontà del cineasta di raffigurare e puntare sull’aspetto sensuale del vampiro, sulla lussuria, dato dall’introduzione di una fragranza creata ad hoc per attirare su di sé gli sguardi e i corpi delle donne.
Sono sequenze leggendarie quelle ambientate nella Parigi della Belle Epoque dove il conte Dracula, alla ricerca della sua compagna, finisce per mordere il collo a numerose fanciulle; uno scenario che si ripete quando arriva a sedurre uno stormo di suore in un convento che si traduce in una collina umana dove in cima s’innalza il potente uomo circondato dalla bramosia delle giovani signorine che agognano un suo morso.

A differenza di quanto mostrato nel recente Nosferatu di Eggers, il Dracula di Besson adotta una fotografia (firmata da Colin Wandersman) che mira a prediligere tonalità chiare e quindi una certa luminosità rispetto all’oscurità; una modifica del racconto più oscuro che si rintraccia anche nella sceneggiatura, segnata purtroppo da evidenti buchi e/o omissioni nella trama: al cineasta sembra non importare il focalizzare l’attenzione sul passaggio uomo/vampiro (la cui trasformazione non è minimamente spiegata) né ritiene rilevante il rapporto amoroso intrattenuto dal giovane Jonathan Harker – la cui personalità fin troppo comica stride – e la bella Mina.
La cancellazione della figura di Van Helsing e la conseguente introduzione di un prete impegnato nella ricerca dei vampiri – impersonato da Christoph Waltz – figura come un pregio per una maggior ventata di freschezza e innovatività, mentre la decisione di ambientare alcune scene in Francia (a dispetto dell’originale Inghilterra) sembrano dipendere probabilmente dalle radici del regista.
Dracula – L’amore perduto custodisce al suo interno istanti memorabili che sfociano in alcune sequenze in momenti kitsch, come la decapitazione del personaggio di Matilda De Angelis. È un racconto le cui basi solide si devono sicuramente all’ottima chimica tra Landry Jones e Zoë Bleu, qui nella doppia veste dell’amata sfortunata e della sua reincarnazione, così come della colonna sonora firmata da Danny Elfman capace di riprodurre elementi di delicatezza miscelati a echi d’orrore. Nonostante la volontà e il merito di presentare un aspetto inedito di Dracula, quella di Besson è una pellicola dolceamara intrappolata in una imperfezione moderna.
