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La Valle dei Sorrisi, Recensione: Paolo Strippoli porta l’horror a Venezia 82

Il genere horror sbarca alla Mostra del Cinema di Venezia: La Valle dei Sorrisi di Paolo Strippoli è un tripudio!

Recensione di 

La Valle dei Sorrisi di Paolo Strippoli

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La nuova edizione della Mostra del Cinema di Venezia, l'82esima, verrà ricordata come quella di Paolo Strippoli e il genere horror in Sala Grande, come non si vedeva da qualche tempo. La Valle dei Sorrisi, presentato fuori concorso, in sala dal 17 settembre, è il nuovo film del giovane regista pugliese che coglie l'occasione per dimostrare sullo schermo la bellezza del cinema horror italiano.

Dopo A Classic Horror Story e Piove, Paolo Strippoli si conferma tra i nomi più significativi della nuova ondata di cinema horror italiano. Nei suoi film non c’è soltanto il gusto per l’inquietudine o per il gioco citazionista, ma un vero e proprio interesse verso ciò che il genere può svelare delle nostre fragilità collettive. L’horror, per Strippoli, non è un rifugio dalla realtà, bensì un prisma che la riflette in modo distorto e perturbante.

Ed è in La Valle dei Sorrisi che questa poetica raggiunge una maturità sorprendente, tanto da farlo emergere come uno degli autori più interessanti del nostro panorama. Non è azzardato, anzi, affermare che con questo film Paolo Strippoli abbia dimostrato di poter raccogliere l’eredità di Dario Argento: la sua regia unisce precisione formale e coraggio visionario, intrecciando inquietudine estetica e riflessione sociale.

Una scena dal film, La Valle dei Sorrisi di Paolo Strippoli.

Sergio Rossetti, interpretato da un Michele Riondino in stato di grazia, è un ex campione di judo che arriva nel remoto paesino alpino di Remis con il peso insopportabile di una perdita. Vuole soltanto rifugiarsi nell’alcool e nel lavoro meccanico di insegnante di educazione fisica, evitando ogni coinvolgimento. Ma la comunità che lo accoglie sembra vivere secondo una regola non scritta: il dolore non è ammesso. Tutti sorridono, ostentano felicità, quasi a voler scacciare qualsiasi crepa emotiva. Un sorriso collettivo che presto si rivela sinistro, perché non autentico, ma imposto da un rituale quotidiano.

Al centro di questo rito c’è Matteo, un quindicenne introverso interpretato dalla nuova scoperta Giulio Feltri. Ogni sera, Matteo si fa abbracciare dagli abitanti di Remis. Il contatto fisico, apparentemente tenero, è in realtà un atto di drenaggio: il ragazzo assorbe dentro di sé le sofferenze altrui, liberando gli altri e condannandosi a un dolore sempre crescente.

Se nel gesto dell’abbraccio dovrebbe esserci dolcezza, qui Strippoli rovescia il senso: l’abbraccio diventa vampirico, un atto che dissolve le individualità e produce un benessere artificiale, destinato a crollare. In questo microcosmo, Sergio Rossetti è subito un corpo estraneo. Sergio è un alieno a Remis, non partecipa al dolore di quel villaggio, ma custodisce il suo dolore nella solitudine e nell'alcool.

Una scena dal film, La Valle dei Sorrisi di Paolo Strippoli.

Michele Riondino si immerge nel genere horror, Giulio Feltri fa il suo ingresso nel cinema

Michele Riondino, per la prima volta in un horror, si confronta con un ruolo complesso che rifiuta qualsiasi stereotipo di eroismo. Il suo Sergio non è il salvatore che libera la comunità, ma un uomo spezzato, contraddittorio, capace di suscitare empatia e irritazione nello stesso momento. Riondino lavora sul non detto, sulle espressioni minime, sulle incrinature emotive che emergono nei gesti più quotidiani.

Accanto a lui, Giulio Feltri si rivela una delle giovani promesse più interessanti. Il suo Matteo richiama figure classiche dell’horror legate all’adolescenza e al potere incontrollato, pensiamo alla Carrie di Stephen King, ma non scivola mai nella caricatura. Il suo Matteo, è un personaggio fragile e inquietante allo stesso tempo, sospeso tra il desiderio di appartenenza e il peso insostenibile del dono/maledizione che porta con sé.

Completa il trio Romana Maggiore Vergano, con un’intensità misurata ma memorabile, offre una presenza femminile che bilancia il racconto. Il suo ruolo, pur non centrale come quello dei due protagonisti, diventa fondamentale nel dare voce a una sensibilità diversa, più sfumata, che amplifica i temi della dipendenza emotiva e della ricerca di consolazione.

L’abbraccio di Remis e l’illusione dei social

Uno degli aspetti più affascinanti del film La Valle dei Sorrisi è la sua valenza allegorica. L’abbraccio di Matteo non è soltanto un rituale inquietante, ma diventa la metafora di un bisogno contemporaneo di assorbire e neutralizzare il dolore attraverso strumenti esterni. È inevitabile un parallelismo con il ruolo dei social network nelle nostre vite quotidiane: il dolore individuale trova uno spazio di esposizione e condivisione, ma viene spesso risucchiato in una logica di gratificazione immediata, di sorrisi di facciata, di comunità apparente.

Remis è una valle di sorrisi proprio come i nostri feed social: dietro l’ostentazione di felicità si nasconde un dolore rimosso, che non scompare ma si accumula altrove, pronto a esplodere. La dolcezza dell’abbraccio qui si trasforma in un atto di annullamento. Non c’è vera elaborazione del trauma, ma solo una sua rimozione collettiva.

Una scena dal film, La Valle dei Sorrisi di Paolo Strippoli.

Così il regista Strippoli costruisce un discorso che va oltre il cinema: se nei social l’assorbimento sembra innocuo ma produce dipendenza, a Remis l’abbraccio diventa letteralmente distruttivo. Matteo si fa carico di tutto il dolore, ma il risultato non è la guarigione, bensì la creazione di un meccanismo perverso che mantiene intatto il disperato status quo.

L'horror a Venezia 82 funziona ed è firmato Paolo Strippoli

La Valle dei Sorrisi non è soltanto un film riuscito: è un manifesto di possibilità per il cinema di genere horror italiano. Da anni si discute di un suo rilancio, e Strippoli sembra rappresentare una delle voci più credibili in questa direzione. La sua capacità di intrecciare radici classiche e sensibilità contemporanea, di fondere intrattenimento e allegoria sociale, lo rende un autore già maturo, pur essendo ancora giovane, classe 1993.

Il suo cinema parla di dolore, di depressione, di disillusione, ma lo fa attraverso i codici dell’horror, senza perdere mai la voglia di raccontare storie umane. È per questo che l’eredità di Argento non appare come un peso ingombrante, ma come un punto di partenza. Paolo Strippoli non imita, ma innova, restituendo al genere horror quella vitalità che in Italia sembrava smarrita.

La Valle dei Sorrisi

Recensione diDiletta Chiarello

La Valle dei Sorrisi è un horror stratificato, capace di intrattenere e inquietare, ma anche di interrogare lo spettatore sul nostro presente. L’abbraccio vampirico di Matteo diventa il simbolo di un’epoca in cui il dolore viene rimosso anziché affrontato, in cui i social e le comunità virtuali illudono di condividere, ma finiscono per assorbire senza restituire. Michele Riondino, al suo esordio nel genere, offre una performance memorabile; Giulio Feltri rivela il suo talento; Romana Maggiore Vergano arricchisce il film con sfumature preziose. E Paolo Strippoli, con una regia matura e incisiva, dimostra di essere non solo una promessa, ma una certezza, l’autore che forse più di tutti oggi può raccogliere e reinventare l’eredità dell’horror italiano.

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