A House of Dynamite è il nuovo film di Kathryn Bigelow, presentato in anteprima al Festival di Venezia. Il film, in concorso alla Mostra, approderà su Netflix il prossimo 24 ottobre. La regista premio Oscar per The Hurt Locker, dopo otto anni da Detroit, torna dietro la macchina da presa per dirigere Rebecca Ferguson, Idris Elba e Jared Harris, in questo thriller politico scritto da Noah Oppenheim (che già con Jackie ci aveva fatto capire di saper maneggiare e destreggiarsi nella scena politica statunitense).
Un'opera divisa in tre atti che narrano i tre punti di vista differenti di una storia dove il tempo funge da protagonista ex machina. Con A House of Dynamite la Bigelow mette in scena una minaccia attuale, quella del nucleare, facendoci riflettere su un pericolo che è sempre lì, nell'angolo, e del quale troppo spesso ci dimentichiamo.
Come recitano i poster pubblicitari "Not if. When". La vera domanda, infatti, non è "se", ma "quando" arriverà la catastrofe e la vera casa circondata dalla dinamite è la nostra. Lontano da un disaster movie, A House of Dynamite punta sulla tensione e sulla spettacolarità, realizzando un thriller di certo esplosivo ma che avrebbe potuto convincerci di più.
A House of Dynamite: una storia, 3 POV
A House of Dynamite racconta la stessa storia da tre punti di vista differenti, dando vita ad una pellicola divisa in tre atti. Il mondo sta per essere colpito da una catastrofe nucleare: un missile sta per schiantarsi sugli Stati Uniti. Kathryn Bigelow racconta quindi i 19 minuti che precedono lo schianto dal punto di vista di tecnici, diplomatici e del Presidente, analizzando i loro comportamenti, le loro azioni, le loro decisioni e i rischi presi per cercare un modo per reagire e sventare il peggio.
Protagonista della prima storia è Rebecca Fergusono, Idris Elba veste, invece, i panni del Presidente. Ma il cast corale si arricchisce con una serie di altri personaggi interpretati Gabriel Basso, Greta Lee Tracy Letts, Moses Ingram, Anthony Ramos, Jonah Hauer-King. Mentre alcuni pensano a difendere la propria famiglia, incerti se rivelare loro o meno il pericolo, altri si domandano quale sia lo Stato colpevole, chi tra Cina, Russia o Corea ha lanciato il missile nucleare.
Nessuna verità giunge poi sul finale, perché la Bigelow non vuole trovare un capro espiatorio ma vuole evidenziare il pericolo, nato dai tempi della Guerra Fredda, dell'arma nucleare posseduta dagli Stati come mezzo di difesa.

Non se. Quando.
A House of Dynamite è una pellicola che riflette su un tema attuale. La Bigelow costruisce un meccanismo di climax e tensione "esplosiva", optando per una narrazione non lineare. Quei 19 minuti che procedono l'esplosione ci vengono raccontati da tre POV diversi. Stesso tempo ma spazi differenti. Certo è alto il rischio che alla terza storia il tutto risulti ridondante, soprattutto perché sul finale questa accresciuta tensione non sfocia in una risoluzione soddisfacente.
A House of Dynamite ci lascia in balia di una serie di domande a cui vorremmo dare una risposta ma non possiamo. Ed è questo l'obiettivo della Bigelow: non darci risposte ma scatenare una riflessione collettiva. Grazie a Noah Oppenheim, la scrittura si arricchisce di tratti documentaristici, mentre il montaggio serrato ci trascina in questo thriller geopolitico dove ognuno ha poco tempo per decidere come reagire o come arrendersi.

Nonostante gli intenti siano interessanti, nel momento della trasposizione cinematografica, emergono alcune crepe. La presenza dei tre punti di vista, escamotage narrativo originale, a volte porta ad una frammentazione. Noi spettatori perdiamo interesse per una storia che ormai, nel terzo atto, conosciamo già a memoria e perdiamo di vista troppo presto i personaggi con i quali abbiamo appena empatizzato, nella speranza di rivederli in un gran finale che non giunge mai.
Parliamoci chiaro, A House of Dynamite è un film ben fatto, grazie alle capacità della sua regista, purtroppo però, Netflix, negli ultimi anni, ci ha abituato ad una bulimia di titoli come questo. Ecco perché ci saremmo aspettati qualcosa di più.