Nel lontano 1993 un giovanissimo Steven Spielberg ebbe la straordinaria intuizione di trasporre sul grande schermo un romanzo di Michael Crichton. Parliamo di un libro rivoluzionario, capace di coniugare la scienza e la vita, nella quale si fomentava l’idea di resuscitare i dinosauri sotto forma di cloni per poterli studiare da vicino. Nacque così Jurassic Park, il primo capitolo di una saga longeva che, tra alti e bassi, ha saputo dominare i botteghini e l’entusiasmo del pubblico.
Ora, a distanza di tre anni dall’uscita di quello che doveva essere il capitolo finale, l’Era Mesozoica è pronta ad abbracciare i suoi amati fan di tutto il mondo con Jurassic World – La rinascita firmata dal celebre regista di blockbuster Gareth Edwards (noto per i suoi lavori in Godzilla e Rogue One: A Star Wars Story), intenzionato a riportare le vibrazioni e quel pathos riscontrato nei primi film grazie alla collaborazione con lo storico sceneggiatore David Koepp.
Jurassic World - La rinascita: i dinosauri sono tra noi
A cinque anni dagli avvenimenti di Jurassic World – Il Dominio, i pochi dinosauri rimasti sulla Terra cominciano lentamente a morire a causa del clima inospitale. Solo alcune specie, nella quale si rintracciano anche quelle più pericolose, hanno trovato negli ambienti equatoriali il posto ideale per sopravvivere. Andare in quei posti, per l’uomo, è severamente vietato. Tuttavia, è proprio in questo posto isolato che l’esperta di operazioni segrete Zora Bennett viene convinta dal rappresentante di Big Pharma Martin Krebs ad andare per prelevare il DNA di tre esemplari di dinosauro – rispettivamente della terra, dell’acqua e del cielo – per poter elaborare un farmaco salvavita per l’umanità.
Assieme a lei partecipa una squadra composta dal leader Duncan Kincaid e il paleontologo Henry Loomis, pronti a mettere in campo le loro forze e competenze per poter accedere al bene più prezioso. La situazione si complica quando la squadra si imbatte in alcune civili, portandoli loro malgrado a unire le loro capacità per uscire vivi da un mondo dominato da creature mutate e terrificanti.
La rinascita di una saga
Sembrava un saluto definitivo quello della saga portata allo scoperto da Spielberg negli anni Novanta, un epico addio nella quale Colin Trevorrow aveva condotto i personaggi storici e nuovi nella loro ultima missione giurassica nella pellicola Jurassic World – Il Dominio (2022). Eppure, risultava quasi impossibile abbandonare un’epopea che ha accompagnato gran parte di noi in un lungo ed emozionante viaggio, un mondo conosciuto con quello spaventoso ruggito emesso dal T-Rex una volta uscito dal suo recito per attaccare il paleontologo Alan Grant e i suoi compagni.

Il settimo lungometraggio del franchise diretto da Gareth Edwards mira esattamente a dare vita a un nuovo avvio, un nuovo punto di partenza. Non è un caso se nel titolo viene riportato un termine chiave: Jurassic World – La rinascita segna un punto di svolta degli eventi finora visti sul grande schermo dove umani e dinosauri convivono nello stesso ambiente, sebbene quest’ultimi non abbiano più una sorta di attrattiva nei confronti dei primi. È ironico come tale conseguenza rifletta in maniera limpida le basse aspettative dell’odierno pubblico, ormai saturo di una saga che ha finito con il rinchiudersi all’interno di una sceneggiatura logora nella quale lo spirito sprigionato in Jurassic Park può considerarsi un mero miraggio.
L’eccezione, però, arriva sotto forma di questo sequel stand-alone composto da un nuovo cast stellare (e dunque nuovi personaggi) all’interno di uno sceneggiato scritto appositamente da colui che in prima persona aveva collaborato con Spielberg per assemblare il primo capitolo. L’opera scritta da Koepp riporta a caratteri cubitali un ritorno al passato, dove finalmente i dinosauri costituiscono l’attrattiva principale della storia.
Una pellicola ricca di riferimenti cinematografici
Jurassic World – La rinascita pullula di riferimenti al suo capostipite, un fattore certamente visibile a occhio nudo per gli ammiratori del racconto: come Alan Grant e i suoi stretti collaboratori (la paleobotanica Ellie e il matematico Ian), il gruppo capeggiato dalla leader interpretata da Scarlett Johansson finisce per essere condotto in un’isola – dove oramai non regna più l’uomo – per una missione al limite della pericolosità; lo stesso personaggio impersonato da Jonathan Bailey (nei panni di un giovane paleontologo) richiama a gran voce quello portato in scena da Sam Neill, un uomo la cui vista dei dinosauri si traduce in eccitazione ed emozione. L’introduzione dei civili che finiscono per aggregarsi ai protagonisti non sono altro che la ciliegina sulla torta, portando all’apertura della tematica della famiglia (ovviamente disfunzionale) tanto cara a Spielberg.
Il punto dominante della pellicola si può rintracciare nelle sue spettacolari scene d’azione: il climax iniziale apre le porte a una serie di peripezie mortali che si traducono con una suspense che non si arresta durante la prima metà della visione ma, anzi, perdura fino alla fine del lungometraggio, lasciando l’attrazione più imponente (e oscura) celata fino alla fine. Malgrado la sceneggiatura non offra niente di nuovo di quanto appreso nelle visioni precedenti, il cineasta Edwards coglie l’opportunità di trasformare il suo film in una sorta di caccia al tesoro alla Indiana Jones per delineare la sua storia. È proprio dalla filmografia di Spielberg che il regista britannico apre il suo vaso di Pandora per espellere i mali contenuti nei mostri del Cretaceo, arrivando a similare una lotta nelle acque profonde con un Mosasaurus che richiama a gran voce l’epico Lo squalo.
Gli stessi personaggi acquisiscono un certo realismo mediante una caratterizzazione che li porta ad equipararle a certe celebri figure odierne: a governare le leggi dello schermo è senz’altro l’intrepida Scarlett Johansson, figura che subisce una vera e propria trasformazione sebbene inizialmente guidata da istinti monetari. Chi però più di tutti catalizza l’attenzione è il magnetico Jonathan Bailey nella riproduzione di un aggiornato Alan Grant, un giovanotto affascinato dal passato e dalle creature che ne hanno preso parte. È proprio nei suoi personaggi che Jurassic World – La rinascita vive di un certo spessore, portando inevitabilmente un certo parallelismo con i suoi storici abitanti di Jurassic Park (e alcuni piccoli omaggi disseminati lungo il percorso).

Con una colonna sonora composta da Alexandre Desplat che riporta in auge la tematica ideata da John Williams, Jurassic World – La rinascita si distacca completamente dalla seconda trilogia portata in scena nel 2015 da Trevorrow (la cui storia aveva aperto strade che ben si allontanavano dallo spirito iniziale) per abbracciare un ritorno alle origini. I maestosi dinosauri realizzati con l’aiuto di animatronici e CGI (con un gradito ritorno della Industrial Light & Magic) sono ora il frutto di mutazioni e/o malformazioni che implodono sul grande schermo, fomentando quel senso di angoscia e terrore ricercato nella sua realizzazione. L’accantonamento del T-Rex e del Velociraptor per una maggiore messa in scena di altre creature – tra tutte il Mosasaurus, il Titanosaurus e il Quetzalcoatlus – contribuiscono a rendere più attrattiva la sceneggiatura.
In conclusione, Jurassic World – La rinascita mira a riportare a galla una saga trentennale per concedere una nuova linfa e un nuovo sviluppo alla storia, sebbene essa non abbia più niente da mostrare al suo pubblico. Malgrado risulti quasi impossibile arrivare ai livelli del primo Jurassic Park (in particolare per il pathos dimostrato), la pellicola di Edwards si dimostra umile nel cogliere questa consapevolezza per trasformarla in una sorta di suo punto di forza, puntando a un effetto nostalgia attraverso vari richiami. I dinosauri oramai non invadono più i nostri più oscuri incubi ma l’effetto che suscitano ancora oggi è totalmente indescrivibile.