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Thunderbolts*, Recensione: l’MCU incontra il vuoto, ma non quello creativo

Thunderbolts* spezza la monotonia del recente MCU grazie ad un carattere ben lontano dalla solita patina colorata multiversale.

Recensione di 

Una scena dal film, Thunderbolts*

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Salvare il multiverso da minacce interplanetarie può avere il suo fascino, ma salvare qualcuno da se stesso è decisamente più complesso. Questo è l'incipit alla base di Thunderbolts*, il nuovo film dei Marvel Studios approdato al cinema lo scorso 2 maggio, pronto a dare nuova linfa al Marvel Cinematic Universe.

Con una squadra formata da volti noti dell’MCU come Florence Pugh (Yelena), Sebastian Stan (Bucky Barnes), David Harbour (Red Guardian), Wyatt Russell (John Walker), Hannah John-Kamen (Ghost), e nuovi arrivi come Lewis Pullman (Bob/Sentry), Thunderbolts* riesce a sorprendere grazie a un tono più intimo e una narrazione meno patinata e dipendente dalla direzione presa negli ultimi anni da Marvel.

La forza interiore è più difficile da allenare

Si sveglia, va a lavoro, completa le sue missioni segrete, beve e torna a dormire. Questa è la vita di Yelena, interpretata da Florence Pugh, che affronta un periodo di vuoto esistenziale dopo la morte della sorella Natasha. A causa di una finta missione assegnatagli da Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), Yelena si ritrova coinvolta in un’operazione che la spinge, prima a combattere e poi a collaborare, con altri antieroi disillusi e dimenticati.

Bob in una scena dal film, Thunderbolts*.

Tra questi spunta la new entry dell'MCU, Bob, nonché Sentry, interpretato da Lewis Pullman con dolcezza e sensibilità. Il ragazzo è stato sottoposto ad un esperimento vendutogli come il classico "ti rendiamo più forte", ed effettivamente è così visti gli incredibili poteri acquisiti, ma la sola forza di cui aveva bisogno era quella interiore e la sua richiesta un grido di aiuto.

Thunderbolts* va controcorrente, e ci piace per questo

Thunderbolts* non è quel film che rivoluziona un genere, ma piuttosto che lo consolida. Dopo anni di scontri ai margini dello spazio-tempo, finalmente l'MCU torna con i piedi per terra e lo fa nel modo più umano possibile, guardando dritto in faccia quel vuoto che a molti di noi fa paura.

L'arco narrativo di Bob esplora il tema della salute mentale e del vuoto interiore, offrendo uno degli spunti riflessivi più profondi dell'intero MCU. Anche se non mancano momenti un po' troppo didascalici, Thunderbolts* si prende la responsabilità di parlarne, di dare un volto ai mulini a vento che ogni giorno combattiamo chissà dove all'interno di noi e per questo gli va fatto un plauso.

Sentry e il Void in una scena dal film, ThunderBolts*.

I momenti comici lasciano un po' a desiderare, soprattutto rispetto alla potenza di quelli più profondi, e la coesione del team è spesso posta in secondo piano, non a causa della chimica tra gli attori, ma piuttosto per un approfondimento squilibrato dei membri che ne fanno parte. Questo indebolisce nel complesso una narrazione che vive di alti e di bassi, con apprezzatissime sequenze nell'introduzione e verso il finale del film, ma con una parte centrale non entusiasmante.

Ma Thunderbolts* è anche scontri in laboratori, fughe nel deserto e minacce fantascientifiche, il tutto con un tono più concreto e quasi "artigianale" rispetto ad alcuni degli ultimi film dell'MCU, il che è un bene. Il design del Void e delle sue capacità non è da meno ed il suo minimalismo è una scelta davvero efficace, dimostrazione di come spesso "less is more" anche in ambito supereroistico. La regia di Jake Schreier, già noto per la serie Beef, e la fotografia di Andrew Droz Palermo donano al film un’estetica grintosa e allo stesso tempo sensibile, lontana dalla patina standard a cui ci stavamo abituando ultimamente.

Thunderbolts*

Recensione diMattia Loiacono, scrivo di cinema perché non potrei farne a meno. Tutto è iniziato con Mulholland Drive, durante i miei studi a Roma, e da allora non ho più smesso. Il cinema mi ha dato tanto. Io gli devo tutto.

Thunderbolts* non rivoluziona il genere, ma ci riporta con i piedi per terra e affronta di petto il tema della salute mentale. Florence Pugh si conferma una protagonista carismatica, ma è il Bob di Lewis Pullman a sorprendere. Il film, pur con qualche incertezza nel ritmo e nell'equilibrio all'interno del team, rappresenta un segnale positivo per il futuro di un MCU alla ricerca di nuova linfa.

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