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Recensione

Curse of the Dead Gods – Recensione

Da qualche generazione, i videogiochi hanno stretto un forte legame con alcune delle più note mitologie della storia umana, tra questi spicca Curse of the Dead Gods. La maggior parte dei titoli che ha utilizzato come palcoscenico per i propri racconti la mitologia Greca. L’esempio sicuramente più famoso a rientrare in questa categoria è la […]

Autore
Loris
Lo Masto
Curse of the Dead Gods – Recensione

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Da qualche generazione, i videogiochi hanno stretto un forte legame con alcune delle più note mitologie della storia umana, tra questi spicca Curse of the Dead Gods.

La maggior parte dei titoli che ha utilizzato come palcoscenico per i propri racconti la mitologia Greca. L'esempio sicuramente più famoso a rientrare in questa categoria è la saga di God of War, che utilizza le divinità greche come principali antagonisti di uno dei più importanti hack n'slash della storia. A seguirlo vediamo due titoli usciti lo scorso anno, Hades e Immortals Fenyx Rising che riprendono le leggende del pantheon per raccontare storie e regalarci avventure originali.

Negli ultimi anni abbiamo anche visto l'uscita di numerosi videogiochi che hanno spostato il mirino dalla mitologia greca per puntarlo su quella norrena, come il caso di Assassin's Creed Valhalla o nel recentissimo Valheim. Tante altre software house hanno preso mitologie meno conosciute per farne un videogioco, come Asura's Wrath o Okami. Fra i complessi di credenze mitiche, una delle più ingiustamente dimenticate è quella Azteca, e a trattarne è proprio il protagonista di questa recensione: Curse of the Dead Gods.

Nota Bene: la versione analizzata in questa recensione è quella per PS4 Fat.

L'arsenale del guerriero

curse

Curse of the Dead Gods si presenta come un Action roguelike, dove i giocatori attraversano dungeon procedurali pieni zeppi di nemici. E con gli dei. Si, proprio come in Hades. Il titolo, sviluppato da Pass Tech Games prende chiaramente ispirazione dalla pluripremiata produzione dei ragazzi di Supergiant, tuttavia questa ispirazione non scende in una misera copia, e Curse of the Dead Gods mostra un' identità con delle idee tutte sue.

In primis, Curse of the Dead Gods non ha una storia, inizia con una sequenza di apertura dalla durata di pochi secondi che mostra il nostro personaggio entrare in questo dungeon senza poterne uscire. Oltre a questo, le uniche righe scritte sono quelle che descrivono i mostri che infestano le caverne, raccontando le leggende da cui sono ispirati. C'è anche un breve finale, anche questo senza dialoghi.

Come già detto, i due giochi sono accomunati dalla struttura dei dungeon e dal gameplay, ma a differenza di Hades, Curse of the Dead Gods offre ai giocatori un esteso arsenale di armi. Non c'è una singola arma da selezionare, bensì è possibile trasportare fino a 3 strumenti contemporaneamente e queste possono essere sbloccate con una valuta per essere poi trovate all'interno dei dungeon, dando la possibilità ai giocatori di cambiare arma durante la run.

Queste sono divise per categorie.

  • Le armi primarie, che includono spade, pugnali o armi più pesanti come mazze leggere o martelli sono quelle che funzionano al meglio nella distanza ravvicinata, grazie ad una grande velocità ma al costo di un corto raggio.
  • Le armi secondarie, eccellenti nella distanza media, coinvolgono fruste, scudi e coltelli da lancio. Sono estremamente diversificate fra loro, ed ognuna richiede uno stile di gioco ben preciso che sfruttato al meglio offre grandi risultati
  • Armi a due mani, armi grosse, pesanti e potenti, capaci di causare la perdita dell'equilibrio degli avversari. Queste sono principalmente composte da mazze e spadoni, ma si estendono anche ad archi grossi. Sono le armi più forti, ma ogni attacco richiede Resistenza.

Soffermiamoci sulla Resistenza. Per dare al gioco un ritmo meno frenetico e più ''pesante'', in Curse of the Dead Gods è presente una barra della stamina divisa in utilizzi. É possibile sguainare l'arma principale senza che questa si consumi, ma la resistenza è necessaria per effettuare il colpo finale, così come per l'utilizzo delle altre armi e per la schivata. Schivare è il secondo fattore che incentiva la lentezza di Curse of the Dead Gods, poiché le capriole del personaggio non sono rapide, ma lente e ricoprono poca distanza.

La lentezza del titolo non è per niente un difetto, bensì una scelta che gli sviluppatori hanno effettuato per definire un titolo che richiede meno focus sull'aggressività e favorire un approccio controllato e attento al consumo della stamina.

''Che gli dei vi maledicano''

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A mettere zizzania (ma anche un po' di brio) nelle esplorazioni è la meccanica della Maledizione. In breve, ogni volta che si entra in una stanza diversa o si beve da delle fontane curative, aumenta un indicatore in basso a destra dello schermo, e una volta che questo arriva a 100, una maledizione si scaglia su di noi. Queste sono di diversa natura, alcune convertono il sangue rilasciato dai nemici in oro, altre tolgono salute col tempo, e per i più avari, è possibile accumulare fino a 5 maledizioni, trasformando la partita in un vero inferno. Ovviamente, con la giusta attenzione e una buona dose di fortuna è possibile trovare oggetti che diminuiscono le maledizioni, rimuovendo un grosso fardello dalle spalle dell'avventuriero.

La meccanica è davvero ben riuscita e consolida l'identità hardcore del titolo. A causa delle maledizioni, è impossibile fare dei piani a lungo termine, e queste portano a cambi di strategia inaspettati.

Gli dei antichi

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Prima di cominciare l'avventura, al giocatore viene proposta una scelta: Giaguaro, Aquila o Serpente. In base alla decisione, i nemici che appaiono sono diversi come anche le trappole del tempio.

I nemici sono quindi tanti e dai design estremamente ispirati che prendono spunti dalla mitologia azteca e qui vengono proposti come creature da superare. Ognuno di loro ha degli attacchi potenti e questi sono estremamente diversificati fra loro, rendendo ogni singolo avversario una possibile minaccia. Non ci sono nemici facili da affrontare, e questo è un enorme bene, ma la troppa ripetitività degli scontri può risultare nauseante, soprattutto nei lunghi dungeon delle fasi avanzate. Qualche tipologia di nemico in più non avrebbe guastato, ma nel complesso, gli antagonisti semplici del videogioco danno un notevole livello di sfida.

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Lo stesso non si può dire dei Boss. All'ultimo livello di ogni dungeon è presente un Campione con salute e attacco molto più alti rispetto alla norma. Per quanto esteticamente eccellenti, i boss sono davvero troppo facili, avendo giusto un paio di attacchi a disposizione e considerato il quantitativo di attacchi necessari per buttarne giù uno, questi risultano anche ripetivi. Le principali difficoltà di questi scontri non vengono dai boss stessi, ma dalle condizioni in cui si arriva da questi ultimi e dalle maledizione possedute.

El Dorado

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Lo stile artistico di Curse of the Dead Gods è davvero valido. Il cel-shading permette una resa grafica buona grazie anche ai design dei personaggi (come già detto sopra), tutti ottimi, dai boss ai nemici normali, senza ovviamente escludere il nostro protagonista. Il caso è diverso per gli scenari, privi di dettagli oltre alle trappole da evitare e decisamente troppo generici.

Inoltre, il gioco soffre di alcuni problemi di ottimizazzione. Spesso con troppi nemici a schermo ci sono dei cali di frame e durante tutto il gioco la PlayStation 4 prende quasi fuoco. Il perchè di questo è ignoto, considerando l'engine per niente pesante che il titolo utilizza.

La maledizione della prima Luna

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Curse of the Dead Gods è un videogioco che si pone come obiettivo principale quello di far sentire il gioco pesante, ponendo il giocatore di fronte a sfide ostiche e scomode, quasi come se anch'egli, proprio come il protagonista dell'avventura, sia affetto da una maledizione.

A causa della sua natura di roguelike con dungeon procedurali, e vista l'enorme quantità di armi disponibili, è facile capire che il gioco non termina una volta completati i 10 dungeon disponibili, seppur questi dimostrino un livello di sfida davvero notevole.

Non è decisamente un gioco che garantisce centinaia di ore di divertimento, ma quella decina di ore o poco più sono più che sufficienti nel rendere il titolo un prodotto più che valido.

Oserete entrare nelle catacombe? O scapperete in un atto di codardia? O sarebbe meglio dire...saggezza?

Curse of the Dead Gods – Recensione

7.5

Curse of the Dead Gods

Curse of the Dead Gods è un roguelike che pretende molto dal giocatore con il suo approccio hardcore. La piccola produzione francese brilla grazie alla varietà che offre il gameplay e grazie al comparto artistico. Purtroppo la ripetitività e i problemi di ottimizzazione scalfiscono il buon risultato del gioco, primo figliastro di Hades. Consigliato.

  • Un Roguelike con un'identità ben precisa
  • Tante armi che permettono diversi playstyle
  • Ottimo comparto artistico
  • Grossi problemi di ottimizazzione
  • I boss potevano essere molti di più
  • Alla lunga risulta ripetitivo