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Devil May Cry, Recensione: la serie Netflix non è perfetta, ma ne vogliamo ancora

L’adattamento Netflix di Devil May Cry riesce ad essere allo stesso tempo un omaggio alla saga cult degli anni 2000, ma anche una forte critica a quegli stessi anni.

Recensione di 

Una scena da Devil May Cry, la serie Netflix.

Contenuto della recensione

La serie animata Devil May Cry di Netflix è ispirata, per chi non lo sapesse, alla celebre saga videoludica di Capcom, ma anche al manga e al restante materiale derivato. La saga, distribuita per la prima volta nel 2001 per PlayStation 2, è diventata un cult tra i videogiocatori di tutti il mondo e si è espansa pian piano nella più larga cultura pop generale, grazie anche a prodotti che toccano media diversi dalle sole console.

Non possiamo dimenticare infatti che nell'ormai lontano 2007 era già stato realizzato un adattamento animato della saga prodotto da MadHouse, ma con uno spirito agli antipodi rispetto alla fresca serie Netflix: l'adattamento di MadHouse era composto da episodi autoconclusivi che non incidevano direttamente sulla narrazione del franchise, ma che si ponevano come eventi canonici nel mezzo tra Devil May Cry e Devil May Cry 2; la nuova serie Netflix invece è un universo a sé stante, una trasposizione inedita della saga con una narrazione tutta sua. Lo show introduce infatti diverse modifiche ai personaggi e alla lore, rendendolo un’esperienza originale sia per i fan di lunga data sia per i neofiti.

La serie Netflix Devil May Cry è stata sviluppata da Adi Shankar (già dietro Castlevania) e Alex Larsen (Captain Laserhawk), e prodotta dallo Studio Mir, recentemente dietro la produzione della serie animata Marvel X-Men '97.

Devil May Cry inizia in punta di piedi e si eleva sul finale

La storia alla base della serie Netflix non è niente di nuovo, eppure molto semplicemente funziona: direttamente da quelli che noi umani chiamiamo inferi, degli esseri oscuri tramano per abbattere la barriera che divide la nostra specie e i demoni, ed aprire il varco tra i due mondi. Al centro di tutto c'è Dante, un cacciatore di demoni orfano e mercenario, ignaro del fatto che il destino di entrambi i mondi dipenda da lui.

Una scena dalla serie Netflix, Devil May Cry.

Johnny Yong Bosch (doppiatore di Nero nei videogiochi di Devil May Cry) presta la voce a Dante, il cacciatore di demoni che si ritrova coinvolto in una caccia all’uomo su scala nazionale e in un complotto per distruggere la barriera tra la Terra e il mondo dei demoni. Bosch riesce a bilanciare il carisma scanzonato di Dante con una profondità emotiva nascosta. Se nei primi episodi il personaggio sembra privo dello spessore emotivo che sappiamo avere, col passare degli episodi il suo sviluppo rende il personaggio sempre più interessante.

Un vero piacere riascoltare la voce inconfondibile di Kevin Conroy (Batman: The Animated Series) nei panni del Vicepresidente Baines, un fanatico religioso al servizio di un presidente cowboy. Baines è un personaggio tanto affascinante quanto incoerente, chiamato a sottolineare alcune tematiche estremamente attuali della nostra società. Più o meno lo stesso vale per il vero villain della serie, ovvero il Bianconiglio, doppiato da Hoon Lee. Inizialmente può sembrare un qualsiasi cattivone di una qualsiasi storia, ma negli episodi finali anche lui, così come altri personaggi, verranno esplorati nel profondo.

Non attuale, di più

La serie animata riprende ovviamente alcuni concetti di base trattati dal videogiochi e dai prodotti correlati, ma fin da subito si palesa con una particolare spinta alla critica sociale. La narrazione esplora l'intolleranza e il pregiudizio in maniera chiara e istantanea, e ci va giù pesante quasi fin da subito. A volte questo porta a delle sequenze un po' troppo didascaliche, anche lì dove non servirebbero le parole, ma d'altro canto non si può non apprezzare l'audacia con cui la serie lo fa.

Del resto, l'imprinting stilistico di Devil May Cry è davvero affascinante, una forma di nostalgia a due facce che ci riporta agli anni 2000, esattamente nel periodo in cui avevamo un controller e giocavamo alla Play. Mentre noi fortunati ci immergevamo in Devil May Cry, gli Stati Uniti adottavano politiche e comportamenti discutibili, tematiche frutti di dibattiti tutt'ora attuali, e la serie ci tiene ad aprirci gli occhi su quanto quel periodo, forse, non sia mai finito, nel bene e nel male.

Una scena dalla serie Netflix, Devil May Cry.

Che peccato quella CGI, ma il futuro è radioso

Studio Mir, già noto per il suo lavoro su The Legend of Korra e X-Men ’97, gestisce le scene d’azione con grande maestria. Tuttavia, l’uso della CGI per i demoni risulta poco convincente e a tratti rovina l’impatto visivo delle battaglie e delle loro coreografie. Un vero peccato visto che la differenza con le restanti animazioni è molto evidente.

Un punto di svolta arriva, sia nell'animazione che nella narrazione, con il sesto episodio. Non vogliamo dirvi nulla a riguardo per non rovinarvi l'esperienza, ma per le coraggiose scelte artistiche fatte potrebbe davvero essere uno dei migliori episodi animati dell'ultimo anno, e non solo. Questo episodio, insieme al finale di stagione, lasciano ben sperare per il futuro della serie.

Devil May Cry

Recensione diMattia Loiacono, scrivo di cinema perché non potrei farne a meno. Tutto è iniziato con Mulholland Drive, durante i miei studi a Roma, e da allora non ho più smesso. Il cinema mi ha dato tanto. Io gli devo tutto.

Nonostante non sia perfetto, Devil May Cry si afferma come un adattamento videoludico ben riuscito. Adi Shankar e Studio Mir sono riusciti a creare un'opera che non è solo un omaggio alla saga cult degli anni 2000, ma anche una critica alla cultura di quegli stessi anni, forse ancora vivi tra noi. La CGI non convince e alcuni passaggi di sceneggiatura appaiono un po' troppo didascalici, ma ci regala uno degli episodi animati più belli degli ultimi tempi ed un finale che lascia ben sperare.

Informazioni sulla serie TV

Titolo: Devil May Cry

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