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Squid Game 3, Recensione: il brivido torna, ma il format è logoro

Squid Game 3 ritrova tensione ed emozione, ma la formula è evidentemente alla fine di un ciclo ed è giunto il momento di salutarla.

Recensione di 

Una scena dalla serie tv, Squid Game 3.

Contenuto della recensione

Qualche mese fa usciva su Netflix la seconda stagione di Squid Game, tanto attesa quanto discussa poi dopo la sua pubblicazione: l'idea di suddividere in due stagioni quella che doveva essere un'unica stagione conclusiva ha fatto storcere il naso a molti, soprattutto per il brusco finale con cui ci ha lasciato il secondo capitolo.

Oltre alla discutibilità di questa scelta, Squid Game 2 non è riuscita a rispettare le aspettative dei fan per diverse motivazioni, tra cui la ridondante ripetizione di uno schema già ampiamente sfruttato nella prima stagione ed una comicità più marcata, a volte fuori luogo rispetto al contesto. Sarà riuscito Squid Game 3 a correggere il tiro? Sì, seppur non senza difficoltà.

Tanta carne al fuoco

Squid Game 3 riprende subito dopo gli eventi traumatici della seconda stagione. Seong Gi-hun, segnato dalla perdita dell’amico Jung-bae e dal fallimento del suo piano di rivolta, è consumato dal senso di colpa e dalla rabbia. Bloccato in questo stato di apatia, è costretto a continuare i giochi che, mano a mano, diventano sempre più delle prove psicologiche che fisiche per tutti i partecipanti, costretti a delle scelte gradualmente più complesse.

Seong Gi-hun in una scena di Squid Game 3.

Mentre il Front Man (Hwang In-ho) continua a mettere alla prova Gi-hun e la sua fiducia nell'umanità, tornano anche i VIP, le misteriose figure che abbiamo potuto vedere già nella prima stagione. Intanto, il fratello del Front Man, Hwang Jun-ho, continua la ricerca dell'isola nella speranza di smascherare l’organizzazione dall’esterno. La tensione cresce tra le guardie, che in questa stagione risultano essere figure centrali della narrazione: uno su tutti è il personaggio di No-eul, una scheggia impazzita all'interno dell'organizzazione.

La svolta alla serie viene data, però, da Kim Jun-hee, la giocatrice incinta: il suo viaggio è, non solo il più importante della stagione, ma anche il più emozionante. Mentre l’arco narrativo di Gi-hun si conclude tra vendetta e redenzione, Squid Game 3 apre la porta a possibili spin-off futuri.

Squid Game 3 e quella strana sensazione di déjà vu da accettare

Squid Game 3 gioca su più tavoli, e se da un lato è normalissimo che non tutto possa essere nutrito con lo stesso interesse, dall'altro l'importante è che non ci sia troppa differenza tra loro. Questo riesce solo in parte alla serie, che alterna alcuni archi narrativi eccezionali, sia presi singolarmente che inseriti nel contesto, come ad esempio quello di Kim Jun-hee, ad altri che non riescono mai a convincere, ma che anzi risultano come un intralcio per l'attenzione dello spettatore, come ad esempio quello di Giocatore 125 o quello di Hwang Jun-ho.

Kim Jun-hee in una scena di Squid Game 3.

Viene portata avanti in modo soddisfacente, invece, la dicotomia tra Gi-hun e Front Man. Il loro rapporto diventa sempre più stretto per via di ciò che rappresenta: due facce della stessa medaglia, Yin e Yang che si completano per rivelare una verità universale, dove scegliere come reagire a ciò che accade è più importante di ciò che accade.

Squid Game 3 non rivoluziona niente, anzi, non c'è nulla di realmente nuovo rispetto allo schema già utilizzato in passato, ma quanto meno riesce ad intrattenere, e talvolta emozionare, di più rispetto alla seconda stagione, seppur senza mai avvicinarsi ai livelli della prima. I nuovi giochi non entusiasmano, ma neanche annoiano. Il problema non sono le idee, quanto piuttosto che è sempre la stessa idea riproposta in diverse forme, e o si va a patti con questo, si accetta e si apprezza per ciò che è, oppure si è costretti ad una sensazione di déjà vu costante.

Meno giocatori, più performance di livello

Le scenografie continuano a fare bene nel complesso, ma la CGI troppo evidente in un determinato gioco rovina un po' l'esperienza del momento e rompe la magia. Sorprendono, invece, le scene action: numerose e ben costruite, spezzano bene la ridondanza di alcuni passaggi obbligatori. C'è da dire che, dal punto di vista tecnico, la serie non ha mai deluso, neanche nella seconda stagione, e continua a non farlo anche in questa terza.

Una scena dalla serie tv, Squid Game 3.

Le interpretazioni del cast sono quasi tutte più che soddisfacenti e persino i personaggi più stravaganti, come ad esempio quello di Giocatore 124 (interpretato da Jae-won Roh), riescono a fare la loro sporca figura. Su tutte emerge ancora una volta il fascino impresso da Lee Byung-hun al suo Front Man, l'ormai ben consolidato Lee Jung-jae nei panni di Gi-hun, ma anche le due outsiders Kang Ae-shim e Jo Yu-ri, rispettivamente nei panni di Giocatore 149 e Giocatore 222.

Squid Game 3

Recensione di Mattia Loiacono, scrivo di cinema perché non potrei farne a meno. Tutto è iniziato con Mulholland Drive, durante i miei studi a Roma, e da allora non ho più smesso. Il cinema mi ha dato tanto. Io gli devo tutto.

Squid Game 3 alza il livello rispetto alla precedente stagione con scene action curate, interpretazioni convincenti e qualche arco narrativo davvero coinvolgente, come quello di Kim Jun-hee. Tuttavia, l'entusiasmo è frenato da una generale sensazione di "già visto" e da alcune sottotrame poco incisive. Tecnicamente solida, ma creativamente a fine ciclo, la serie intrattiene più della seconda stagione, senza avvicinarsi però alla freschezza della prima.

Informazioni sulla serie TV

Titolo: Squid Game 3