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Blonde, Recensione – La bambola del mondo

di Mattia Loiacono

Pubblicato il 2022-09-29

Blonde, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo su Marylin Monroe, è un film che narra di distruzione e sofferenza

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Dopo ben dieci anni di assenza, torna alla regia il regista Andrew Dominik con Blonde, riadattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates, pubblicato per la prima volta 23 anni fa, nel 1999. Presentato alla 79esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, prodotto da Netflix e disponibile sulla piattaforma dal 28 settembre, Blonde non è il film cotonato, luccicoso e splendente che si potrebbe pensare. È un film tragico, nato con complicazioni e che narra di pura distruzione.

Un trofeo di caccia

Blonde narra in chiave cupa e quasi horror la vita vissuta da Norma Jean, conosciuta da tutti come Marylin Monroe. Il film parte dall’infanzia vissuta dalla diva, punto di partenza dei traumi che hanno dato origine alla sua eterna ricerca di essere apprezzata ed amata sinceramente da figure paternali, che invece l’hanno sfruttata come una bambola e l’hanno resa “la” bambola del mondo, se non peggio.

In questo adattamento viene trattata da tutte le figure maschili con cui si è incrociata o ha avuto relazioni come un trofeo di caccia. Ma non sono solo le figure maschili ad annichilirla, viene sbeffeggiata anche dalle donne per non essere mai all’altezza delle aspettative (come ad esempio una scena in cui la vede cucinare con scarsissimi risultati), o che lei, dalla sua posizione, non aveva il diritto di lamentarsi, perché ricca, bella, famosa e richiesta da tutti.

Blonde è un film che racconta principalmente i dolori, le incertezze e le paure vissute dalla persona, prima che dalla diva, dello sprofondare sempre più in disturbi psichici causati dallo sfruttamento fisico e mentale delle persone che l’hanno circondata. Una timida lotta di affermarsi come donna vera e non come donna immagine. Una ricerca di felicità nell’amore che non è mai arrivato. Tutto questo porta al tragico epilogo di Norma – Marylin, fino alla fine, oggetto di contese e vendette.

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La scelta registica

Il regista ci vuole fin da subito proiettare in tre contesti diversi ma congiunti, come in una matrioska. Nel contesto macro, Andrew Dominik ha scelto di girare questo film in 4:3 per calarci nel ruolo dello spettatore degli anni cinematografici dell’epoca. Inoltre, le scene in bianco e nero sono quelle utilizzate per marcare gli stati d’animo interiori più bui della protagonista, il colore di contrasto rimarca spesso scene del vissuto esterno, delle relazioni e degli abusi subiti da Norma Jean.

Ci sono spesso tagli bruschi, quasi a rappresentare dei vuoti di memoria, delle parti cancellate dai ricordi, e forse volontariamente, per generare confusione, la stessa che Norma – Marilyn viveva. Infine le scene fisicamente dolorose ed interiori (non è una metafora) che mostrano gli aborti avuti (uno subito) da Norma.

Da sottolineare più e più volte l’apporto e l’interpretazione donata da Ana De Armas alla pellicola. Nei panni di Marylin, l’attrice sfodera la sua miglior interpretazione di sempre e risulta evidente il lavoro svolto su sé stessa per comprendere al meglio il personaggio. Infatti, per due ore al giorno tutti i giorni, l’attrice ha guardato e riguardato interviste e registrazioni di Marylin, cercando di entrare, corpo e anima, nei panni della persona oltre la diva.

I problemi di Blonde

Netflix ha investito ben 22 milioni di dollari in Blonde. Dove si cela il problema? Il film è stato pensato e girato in un modo completamente diverso da ciò che gli spettatori abituali della piattaforma streaming sono abituati a visionare. Su Netflix si trova di tutto, principalmente serie tv, film, cartoni e anime nati con lo scopo di intrattenere e regalare agli spettatori momenti in cui divertirsi, rilassarsi e vivere emozioni positive.

Blonde è cupo, amaro, crudo e violento. Principalmente e soprattutto, a livello psicologico. È lecito quindi domandarsi se Netflix abbia investito in questo film consapevole della propria scelta di puntare su un prodotto “sperimentale“. 

Il film stesso poi ha avuto problemi nella produzione. Il ruolo della protagonista è passato da Naomi Watts, poi a Jessica Chastain prima di arrivare nel 2019 al volto definitivo su schermo, dato da Ana de Armas. Blonde ha quindi avuto diversi stop e inizi daccapo dal 2017, anno di avvio della produzione, alla sua proiezione in sala. Ben cinque anni che sicuramente hanno inciso su diverse scelte prese dal regista.

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Sotto la superficie

Blonde non è per tutti, e non è una vera e propria biopic. Il regista Andrew Dominik ha forzato la narrazione di questo adattamento dell’omonimo libro in chiave cinematografica mettendo davanti agli occhi dello spettatore il dolore, la sofferenza, la lotta, l’uso e l’abuso vissuti da una donna, Norma Jean, prima ancora del personaggio, Marilyn Monroe.

È un film che cerca di mostrare cosa si cela appena al di sotto della superficie dell’acqua, alcuni aspetti che tutt’oggi sono presenti del mondo cinematografico (ricordiamo ad esempio le denunce espresse dal movimento spontaneo #metoo). Prima di tutto, questo film cerca di essere una critica verso il nostro mondo contemporaneo che tende a separare l’immagine dalla persona e a distruggere i sentimenti, unici veri intralci al business.

Nonostante il film sia indicato esplicitamente per un pubblico maggiorenne, molte scene potrebbero risultare forti e violente per molte persone. Inoltre, la durata del film, ben 160 minuti, potrebbe allontanarvi dalla sua visione.

7

Blonde, di Andrew Domink, non è una vera e propria biopic su Marylin, quanto piuttosto un film di critica e distruzione della persona oltre la diva, anche a costo di forzare l'adattamento. Un film che potrebbe risultare disturbante, soprattutto psicologicamente, e quindi adatto ad un pubblico adulto. Ana De Armas sfodera la sua migliore interpretazione di sempre.

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