Hamnet è il nuovo film di Chloé Zhao con protagonisti Jessie Buckley e Paul Mescal, presentato in anteprima in Italia alla Festa del Cinema di Roma (purtroppo arriverà nelle nostre sale cinematografiche soltanto a febbraio). Dopo la parentesi dimenticabile di Eternals, uno dei flop Marvel degli ultimi anni, Chloé Zhao ci ricorda di essere ancora la regista premio Oscar di Nomadland e lo fa regalandoci una vera e propria tragedia greca, dalla materia e dall'impalcatura fortemente teatrale, con due interpretazioni magistrali.
Hamnet è un film che ci colpisce dritto al cuore, il suo pathos ci annebbia e le sue scenografie, a volte selvagge a volte trascendenti, ci catapultano in uno strazio senza fine dove però l'arte assolve la sua funzione catartica e salvifica. Una storia di morte ma anche di nascita (e rinascita): la morte di Hamnet e la nascita di Hamlet si legge all'inizio di una pellicola che sarà sicuramente protagonista dei prossimi Oscar.

Hamnet: come l'arte può salvarti
Chloé Zhao parte dal romanzo del di Maggie O'Farrell, che firma con la regista la sceneggiatura. Hamnet si concentra sulla storia che ha determinato la nascita dell'opera più famosa di William Shakespeare, l'Amleto, addentrandosi nella vita privata del drammaturgo e di sua moglie Anne, detta Agnes. Purtroppo le notizie bibliografiche sul drammaturgo inglese scarseggiano, tuttavia la perdita del figlio è un fatto realmente accaduto, che la scrittrice prima, e la regista poi, romanzano sulla carta e sullo schermo.
Agnes (Jessie Buckley) doma un falco immersa nel verde di una foresta inglese, tra la terra umida, con un abito rosso e i capelli in disordine. Lei, descritta come una strega figlia della foresta, incontra per caso il nuovo insegnante di latino pronto a rubarle il cuore. All'inizio Hamnet è una storia d'amore tra i due che non riescono a stare lontani l'uno dall'altra. Poi il racconto si inizia a delineare: prima la nascita di Susannah, poi la necessità artistica di William (Paul Mescal) di fuggire a Londra, poi il parto sofferto dei due gemelli Judith e Hamnet.

Gli anni passano, i bambini continuano a crescere in mezzo al continuo andirivieni del padre, sotto l'ala della madre Agnes, intenta a riversare molte attenzioni sulla piccola Judith, nata quasi per miracolo. Poi giunge la tragedia con la morte del piccolo Hamnet e il successivo tentativo di elaborare il più terribile dei lutti. Proprio in questa cornice patetica, William inizierà a superare la perdita attraverso una catarsi artistica, dando vita all'Amleto (Hamlet).
Qui lui si incarnerà nel fantasma per vivere il dolore del padre e del figlio, con corpo e anima, in una messa in scena teatrale agghiacciante al Globe Theatre. Un terribile racconto di sofferenza ed elaborazione del lutto, di morte e rinascita attraverso la scrittura teatrale, la storia di due genitori, impotenti e della forza salvifica che risiede nell'arte.
La bellezza tragica di Hamnet
Il contenuto di Hamnet si presta a raggiungere vette alte di pathos, dalla sofferenza del parto a quella della morte, fino alla messa in scena e alla genesi dei famosi versi dell'Amleto. Il tutto è arricchito dalla maestria di Chloé Zhao che crea sequenze oniriche e trascendentali semplici ma dal forte impatto visivo ed emotivo. A queste si alternano la materia terrena e la concretezza della vita quotidiana, in un dolore senza fine. Chloé Zhao ci distrugge con una storia potente e di rara bellezza tragica, rafforzata dall'interpretazione dei suoi protagonisti e del piccolo Jacobi Jupe.

Paul Mescal è figlio dell'arte shakespeariana, con una formazione prettamente teatrale e riesce ad esprimere il suo ardore prima e il suo freddo dolore poi. Jessie Buckley, invece, si concede totalmente in un'interpretazione viscerale, avvolta da un mistero ancestrale ma corrosa nel suo animo materno. Hamnet è una tragedia profonda, in cui si riesce comunque a scorgere la bellezza dell'arte; un'opera dal forte impatto visivo ed emotivo che ti colpisce profondamente.
