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Il mago del Cremlino, Recensione: un lungo (e lento) racconto sulla storia russa

Olivier Assayas torna a Venezia 82 con Il mago del Cremlino, un racconto inedito su un personaggio chiave della vita politica di Putin.

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Il mago del Cremlino

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È un autocrate, una figura di riferimento per il suo popolo. Un leader longevo che, con i suoi oltre 25 anni in carica, è riuscito a prendere il comando della Russia per arrivare a ricostruire quel prestigio e quella potenza nel suo Paese tanto militata. Viene identificato con il diminutivo “ultimo Zar” in quanto il suo è tuttora il regno più lungo caratterizzato da una forte concentrazione di potere che rimanda all’epoca degli zar russi. Ma dietro ogni decisione presa dal presidente Vladimir Putin chi si nasconde?

A fare luce è il cineasta francese Olivier Assayas che, arrivato in concorso alla 82. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, illumina la scena con l’adattamento cinematografico del romanzo di Giuliano da Empoli dal titolo Il mago del Cremlino. Un’opera potente che mira a fotografare una Russia post-sovietica contraddistinta dal caos prima del gran ripristino, con un cast stellare composto da Paul Dano, Alicia Vikander, Jude Law, Jeffrey Wright, Tom Sturridge e Will Keen.

La salita al potere di Vladimir Putin

In quanto esperto di comunicazione e con una carriera alle spalle in veste di produttore di reality show, il brillante e ambizioso Vadim Baranov (Paul Dano) viene scelto dall’oligarca Boris Berezovskij per diventare lo spin doctor di Vladimir Putin (Jude Law) una volta che questo è salito al potere dopo il ritiro di Boris Nikolaevič El’cin. La sua storia e il legame con il nuovo Presidente della Russia vengono raccontati attraverso flashback in un incontro tra l’uomo e l’autore di un romanzo che sta scrivendo la sua storia.

Il mago del Cremlino: chi si nasconde dietro la mente del Presidente russo?

È un gradito ritorno sulle scene quello del regista Olivier Assayas: dopo ben sei anni dalla sua presentazione al Lido di Wasp Network, pellicola plasmata su fatti reali riguardanti una fitta rete di spionaggio cubano che operava per impedire eventuali attacchi terroristici (siamo nel bel mezzo della Guerra Fredda tra Cuba e Stati Uniti), l’autore francese si appoggia al bestseller del 2022 firmato da Empoli per monitorare con la sua macchina da presa quello che finì per diventare il passaggio da Unione Sovietica a Federazione Russa.

Sceneggiato dallo stesso assieme allo scrittore Emmanuel Carrère, il film punta a ricostruire – sebbene con alcuni elementi fittizi – la storia e la politica russa, lasciando sullo sfondo l’emblematica figura di Putin per concentrare l’attenzione su un personaggio cardine, ossia il suo ex consigliere, mente geniale che ha operato per lunghi anni al suo servizio e che si è reso promoter dell’attuale immagine sfoggiata dal presidente.

Orientato tra il passato e il presente, Il mago del Cremlino focalizza la messa in scena sull’immaginario personaggio Vadim Baranov, uomo che da sempre si è contraddistinto per le sue arti spettacolari. Puntando indirettamente l’indice verso il vero Vladislav Surkov, l’opera apre l’azione nel 2019 dove uno scrittore americano interpretato da Jeffrey Wright riceve un giorno l’invito da parte del protagonista nella sua tenuta fuori Mosca.

È l’inizio di un lungo viaggio che percorre a tutta velocità una copertura di due decenni, dove l’azione lascia totalmente spazio al lungo racconto di Baranov: da regista teatrale punk a produttore di reality show durante il grande boom economico degli anni Novanta, l’uomo si costruisce un profilo di tutto rispetto quando viene preso sotto l’ala di Boris Berezovskij per costruire l’immagine dell’ex agente segreto Vladimir Putin, uomo che si pensa possa succedere a quello che all’epoca era l’attuale presidente della Russia.

Alicia Vikander in Il mago del Cremlino.

Quello di Assayas è un lungometraggio dialoghista perché sono le parole a prendere spazio sull’intera scena, oscurando totalmente l’azione. È un buffet imbastito da lunghi e ricchi monologhi quelli riversati da Paul Dano che, con la sua verve e la sua pacatezza, incanta lo spettatore nel suo torrido viaggio verso il successo, portandolo a trasformarsi da goffo ragazzo della porta accanto a uomo di successo.

È il suo racconto dove descrive la sua tormentata storia d’amore con Ksenija (interpretata da Alicia Vikander), l’unica personalità femminile all’interno di un quadro composto prevalentemente da personaggi maschili interessati esclusivamente al potere e al successo, come si può intuire anche nell’appariscente imprenditore – nonché suo amico – Dmitri Sidorov (impersonato da un convincente Tom Sturridge), capace di attirare nella sua tela la bella donna.

Eppure, Il mago del Cremlino è anche un viaggio sulla storia della comunicazione, quelle parole studiate a tavolino per accaparrarsi l’attenzione dei media e dei politici stessi; è il cuore pulsante di come un politico rampante sia riuscito a penetrare nella mente di chi lo ascolta per mezzo di quella stessa informazione, dono che l’ha condotto sulla strada di una nuova Russia.

Paul Dano in Il mago del Cremlino.

Eppure, nonostante le dense interpretazioni di Dano e dello stesso Jude Law – incarnazione più che attuale del freddo e orgoglioso Putin – la pellicola del regista francese soffre per un’eccessiva durata che punta in 156 minuti a ricostruire i momenti più salienti della Russia recente: dalla guerra cecena agli attacchi terroristici delle Olimpiadi di Sochi all’introduzione di una moltitudine di figure che finiscono piano piano con lo scomparire (lo stesso Law finisce per registrare una piccola parte sul finale) fino a tematiche mai ampiamente sviluppate come l’effettivo rapporto che lega Baranov e Ksenija.

Il mago del Cremlino punta a esaltare la grande storia di questo paese e del “mago” che si nasconde all’ombra delle decisioni prese dallo stesso Putin, peccando in una sceneggiatura fin troppo soporifera e lenta nella sua messa in scena, innescando l’unico colpo di scena nei minuti che precedono l’epilogo.

Il mago del Cremlino

Recensione diSonia Modonesi, fin da piccola i film della Walt Disney mi hanno spinto a credere in me stessa e a perseverare nei miei sogni.

Il cineasta Olivier Assayas si appoggia al romanzo omonimo di Giuliano da Empoli per portare sul grande schermo il ritratto della Russia recente mettendo in evidenza l'ascesa al potere di Vladimir Putin attraverso una figura chiave, il suo ex consigliere. Per quanto lodevoli le interpretazioni dei protagonisti - in particolar modo spiccano le figure di Paul Dano e Jude Law - la pellicola finisce per risultare lenta e soporifera a causa di una sceneggiatura troppo impegnata a scandire nel minor tempo possibile gli eventi principali che hanno portato alla creazione della Federazione Russa.

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