Diabolik, chi sei? Recensione: il peggiore dei tre?

La saga di Diabolik giunge al suo terzo capitolo, presentato in anteprima a Roma

Diabolik chi sei

Terzo capitolo della saga di Diabolik per la regia dei fratelli Manetti. Diabolik, chi sei? riporta in sala, a distanza di un anno dall'uscita del secondo film, il Re del Terrore dei fumetti di Angela e Luciana Giussani.

Presentato in anteprima alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, Diabolik, chi sei? debutterà al cinema il prossimo 30 novembre. Andiamo a scoprire se è riuscito a fare meglio o peggio dei primi due film, in attesa di capire se la saga avrà una prosecuzione o si fermerà alla conclusione della trilogia inizialmente pensata dai Manetti Bros.

Diabolik e Ginko alleati

Diabolik, chi sei? cambia tanto rispetto ai capitoli precedenti. In primo luogo il contesto storico, con il repentino passaggio dagli anni 60 agli anni 70 che influenza la Clerville del film. Inoltre non troviamo più un Ginko (Valerio Mastandrea) ossessionato da Diabolik (Giacomo Gianniotti). L'ispettore è, infatti, alle prese con un altro caso, quello di una banda di ladri che terrorizza la città.

Sia Ginko che Diabolik si mettono dunque sulle tracce della misteriosa banda, finendo per ritrovarsi dalla stessa parte. Ma soprattutto, si ritrovano fisicamente l'uno di fronte all'altro. Il momento perfetto per Ginko per soddisfare la sua più grande curiosità: chi è Diabolik?

Vengono così narrate le origini del protagonista. Il titolo del film è infatti un esplicito riferimento all'omonima storia a fumetti del 1968, dove viene narrata la origin story di Diabolik. Dopo aver visto il Re del Terrore dal punto di vista di Eva Kant (Miriam Leone) nel primo film e di Ginko nel secondo, ora vediamo il protagonista raccontarsi in prima persona.

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Diabolik chi sei

Così non va

Diabolik, chi sei? ha un problema evidente: Diabolik viene messo da parte troppo a lungo. Così come Ginko ed Eva. Nella prima parte di film, un lungo prologo che serve per arrivare a raccontare un flashback di pochi minuti, vediamo infatti tutte le vicende relative alla gruppo di criminali. Questi vengono presentati come criminali pericolosi, ma nella realtà dei fatti si tratta di un insieme di personaggi senza approfondimento che compiono rapine, parafrasando, per "non lavorare".

Contestualizzato al mondo di Diabolik si tratterebbe di un qualcosa di accettabile. La mancanza di realismo è anzi uno dei punti di forza del primo film della saga, in cui sospendendo l'incredulità e proiettandosi a Clerville si riescono ad apprezzare le avventure di ladri e poliziotti della città immaginaria dei fumetti.

In questo terzo capitolo non si riesce però ad immergersi nel mondo dei fratelli Manetti. L'idea di base, quella di realizzare un prodotto quanto più vicino possibile al materiale originale, viene mantenuta ma non funziona come in precedente. Questo perché, soprattutto nella prima parte, si susseguono rapine ed inseguimenti messi in scena in modo imbarazzante. Tutta la trama principale del film è di una profonda banalità, non semplicità. Lo spettatore non riesce questa volta a catapultarsi tra le pagine dei fumetti.

La sensazione è che tutta la trama del film sia in realtà un contorno. L'obiettivo della pellicola è chiaramente quello di mettere Ginko e Diabolik nella stessa stanza. Lo fa dilungandosi in sequenze d'azione che non intrattengono, anzi annoiano. Ed una volta che Diabolik si è raccontato, tutto si risolve in modo affrettato (ma lo abbiamo preferito di gran lunga rispetto al resto della vicenda principale).

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La origin story di Diabolik

Una volta chiarito che molte cose del resto del film sono da buttare, quel che resta è la origin story di Diabolik. Sia chiaro, non stiamo parlando di un qualcosa di rivoluzionario rispetto ai soliti racconti delle origini presenti nei cinecomic. Quantomeno però intrattiene, suscita un minimo di curiosità e resta fedele al materiale originale. Ma soprattutto si riesce ad accettare quel che succede sullo schermo, è fedele alla natura del prodotto.

Bene anche la scelta del bianco e nero per le sequenze flashback. Anche in questo caso non una scelta originale ma efficace. Per il resto, anche sul piano tecnico, Diabolik, chi sei? non ci ha colpito particolarmente. Qualche guizzo c'è, ma non è abbastanza.

Per quanto riguarda il cast invece, il Ginko di Valerio Mastandrea e la Eva Kant di Miriam Leone sono tra le poche note liete, seppur meno convincenti rispetto alle loro precedenti interpretazioni. Entrambi si trovano a rapportarsi con la Contessa Altea di Monica Bellucci, a cui è stato affidato un ruolo che non riesce mai a lasciare il segno.

Altea questa volta ha un ruolo attivo all'interno della trama e fa squadra proprio con Eva. Diabolik, chi sei? è il film delle alleanze. Quella dei due acerrimi nemici, Diabolik e Ginko. E quella delle loro amate, Eva ed Altea. Un'idea interessante ma che funziona solo fino ad un certo punto.

In generale apprezziamo il coraggio dei fratelli Manetti di cambiare qualcosa e portare qualche innovazione ad un format che comunque, nel bene e nel male, ha funzionato nei primi due film. Tuttavia questo e la volontà di restare fedeli al materiale di partenza non bastano, in quello che dovrebbe essere il capitolo finale della trilogia.

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Diabolik, chi sei?

Diabolik, chi sei? è un passo indietro rispetto ai primi due capitoli della saga. Una trama che non riesce a coinvolgere ed annoia, facendo da prologo al fulcro del film: il racconto della origin story di Diabolik. Le sequenze in bianco e nero che narrano le origini del protagonista sono tra le cose più riuscite, ma non bastano a salvare un film che si dilunga e non riesce a far immergere lo spettatore nel mondo di Diabolik.

Dove vederlo:
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