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Transference: quando la mente diventa oggetto di gioco

di Redazione Hynerd.it

Pubblicato il 2018-10-07

Cosa c’è di più affascinante e nello stesso tempo di più misterioso ed intrigante dell’esplorazione della mente umana? Se, poi, a ciò aggiungiamo che per farlo usiamo il videogioco, il risultato non può essere che sorprendente perché divertimento, voglia di scoprire e qualche scossa di paura corrono sullo stesso binario. Il subconscio con le sue fobie, …

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Cosa c’è di più affascinante e nello stesso tempo di più misterioso ed intrigante dell’esplorazione della mente umana? Se, poi, a ciò aggiungiamo che per farlo usiamo il videogioco, il risultato non può essere che sorprendente perché divertimento, voglia di scoprire e qualche scossa di paura corrono sullo stesso binario. Il subconscio con le sue fobie, con i suoi sogni e con la memoria di momenti di vita, indelebili nel tempo perché vissuti con intensità delle emozioni e dei sentimenti, è sempre stata un oggetto indecifrabile, ma che stupisce ancora.

È l’effetto che produce Transference, un gioco che abbraccia un filone per certi versi molto poco sfruttato – il primo ad interessarsene fu lo psicologo statunitense Timothy Leary ben trentadue anni fa con Mind Mirror, ispirato liberamente al romanzo cyberpunk Neuromancer di William Gibson – anche perché il tema non sempre ha incontrato il favore del pubblico. Quindi si tratta di una scommessa che il marchio Ubisoft, grazie alla collaborazione con la SpectreVision di Elijah Wood, intende affrontare, mettendo sul mercato in una veste nuova che associa la tecnologia cinematografica con quella tipica del videogioco, un prodotto godibile a tutti gli effetti. Questa singolare sinergia si traduce in un intricata ed imprevedibile story, disponibile per tutte le piattaforme e in particolare per chi dispone del visore VR che consente un’esperienza di gioco ancora più immersiva.

La trama ruota attorno ad uno scienziato che testa un modo diverso di curare i traumi emotivi delle persone entrando nelle loro menti per indagarle e far emergere i ricordi, per farli rivivere soggettivamente o addirittura per manipolarli al fine di osservarne le reazioni. Il gameplay è una costante interazione con l’ambiente circostante che richiama le pareti domestiche: gli enigmi permettono di rievocare un ricordo però sotto diversi punti di vista e questo fa sì che si possa rivisitare lo stesso luogo con oggetti e in condizioni differenti.

Per gli amanti di questo genere è inevitabile il richiamo alla ben nota serie televisiva britannica Black Mirror e alla più recente Maniac.

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