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Recensione

Moon Knight, Recensione – L´antico Egitto secondo Marvel

Tre registi e personalità multiple per la nuova serie MCU

Autore
Simona
Ciccarini
Moon Knight, Recensione – L´antico Egitto secondo Marvel

Siamo arrivati al sesto ed ultimo episodio della prima stagione di Moon Knight, la serie targata Marvel disponibile su Disney Plus. Girata da ben tre registi (Mohamed Diab, Justin Benson e Aaron Moorhead) vanta di un cast eccezionale: Ethan Hawke, Oscar Isaac e Gaspard Ulliel. Dopo averla seguita di settimana in settimana, ora che la serie è giunta al termine, possiamo trarre le nostre conclusioni.

Moon- Knight

Dove tutto è iniziato

Moon Knight, personaggio creato da Doug Moench (testi) e Don Perlin (disegni), è nato come il protagonista di una serie di fumetti pubblicati dalla Marvel Comics. Apparve per la prima volta sulle pagine di Werewolf by Night, serie 32 nel 1975.

La serie televisiva che deriva dall'omonimo fumetto, tratta delle avventuture di Steven Grant (Oscar Isaac), commesso al negozio di souvenir del museo egiziano di Londra. Da qualche tempo, egli soffre di fenomeni di amnesia e sonnambulisimo: si risveglia in posti sconosciuti e fa cose delle quali non ha il minimo ricordo. Presto scopre di potersi trasformare in un potente cavaliere vendicatore, grazie al patto fatto dal suo "alter ego" Marc, con il Dio Egizio Konshu, con lo scopo di fermare il temibile Harrow (Ethan Hawke). Insieme a lui ci sarà ad aiutarlo la moglie di Marc, Layla.

Trama altalenante e divinità dalla dubbia CGI

Dea Hippo

La serie ha un inizio alquanto interessante. Lo spettatore vergine dalle vicende fumettistiche, viene spinto a capire cosa stia succedendo a Steven per via della sua natura da outsider. Marc invece è il solito eroe della Marvel, privo di qualsivoglia tipo di ventata di freschezza. La serie riesce a restiture allo spettatore la sensazione è che Marc sia una sorta di intruso dentro il corpo del primo. Quello che stimola la visione è lo scoprire come Marc sia finito in Steven, ed essendoci di mezzo le divinità, la varietà delle possibili soluzioni narrative è incentivate.

Dopo il secondo episodio però, lo scambio tra Steve e Marc, inizialmente molto stimolante, diventa abituale e ridondante. La moglie di Marc, Layla, non aggiunge molto alla trama, se non la solita ragazza tosta senza arte nè parte stereotipata e priva di verve. Per come viene sviluppato il rapporto tra i due personaggi, non risulta sufficientemente soddisfacente, rendendo gli episodi centrali alquanto piatti.

Altra criticità sono le divinità, che presentano linee di dialogo piatte e incoerenti. Konshu è il dio della luna che punisce i malvagi e dovrebbe perciò essere terrificante, esteticamente lo sraebbe, peccato per i dialoghi pericolosamente puerili. Artisticamente è comunque ispirato e affine al quel che dovrebbe rappresentare a livello teologico. Purtroppo, le sue potenzialità sono sprecate a causa della pessima scrittura. Appaiono altre due divinità: Ammit, la dea coccodrillo, e Tawaret, la dea ippopotamo. Proprio la prima incarna il male assoluto, ma la CGI altalenante non solo ne smorza la minacciosità che dovrebbe trasmettere, ma anzi, risulta talvolta involontariamente comica. In generale l'intreccio risulta complessivamente privo di mordente, e gli elementi che nelle prime battute sembravano essere la colonna portante della storia, perdono ben presto di attrattiva. Alcuni momenti e personaggi presi singolamente comunque funzionano, e lasciano l'amaro in bocca al pensiero di cosa avrebbe potuto essere con maggior rigore e coraggio nell'uscire dai binari narrativi. A dimostrazione di ciò, il principale plot twist risulta ben architettato e per nulla scontato.

Plausi al cast

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La regia è buona. I tre registi sono riusciti ad interagire e amalgamarsi bene l'uno con l'altro, e la debolezza di certe puntate è da imputarsi prevalentemente dalle criticità della scrittura, più che al regista di turno. La fotografia è più che apprezzabile, coadiuavata da ambientazioni affascinanti e l'atmosfera egiziana ben riproposta. Per quanto riguarda la CGI, questa scricchiola non poco. Il costume di Moon Knight e Konshu sono di pregevole fattura, mentre la realizzazione delle altre divinità lasciano a desiderare. Un vero peccato, considerando il pregevole design e direzione artistica in tal senso.

Dal punto di vista delle performance, cominciando da Isaac, attore di cui siamo stati abituati a vederlo sempre come un “tipo tosto”, basti pensare a Paul Dameron nella ultima trilogia di Star Wars o come il Duca Leto Atreides in Dune, qui non è da meno. Con l'interpretazione di Steven Grant, Isaac affascina, riesce benissimo a calarsi nel ruolo dell'outsider. Ottima interpretazione anche nei panni di Marc, di cui riesce trasmettere forza dal personaggio. Parlando dell'antagonista Harrow, si nota come Ethan Hawk regali sempre una interpretazione magistrale: qui è un cattivo calmo, pacato, quasi paterno per certi versi, con un giustificazione etica alle sue azioni credibile.

Moon Knight, Recensione – L´antico Egitto secondo Marvel

7

Moon Knight

Moon Knight presenta una trama abbastanza buona, anche se minata da momenti sottotono e ripetitivi, con il reiterarsi costante e ridondante di certe dinamiche. La CGI lascia parecchio a desiderare considerando l'alto budget della produzione, ma il tutto risulta parzialmente mitigato dal buon design delle divinità e creature in genere. Vero punto di forza della serie Marvel però è il cast d'eccezione.

  • Ottima interpretazione da parte del cast
  • Ottima ricostruzione dell'atmosfera dell'antico Egitto
  • GCI deludente
  • La sceneggiatura presenta evidenti criticità