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Boris 4, Recensione – Meglio Giuda feticista!

di Sara Pavia

Pubblicato il 2022-10-27

La nostra recensione di Boris 4, serie comedy italiana tornata con una quarta stagione dopo ben 12 anni di assenza

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La serie tv tutta all’italiana, Boris, torna dopo ben 12 anni di assenza con Boris 4, anni nei quali è diventata sempre più un cult della televisione nostrana. Pubblicata sulla piattaforma Disney+ il 26 Ottobre, riporta indietro nel tempo tutti gli appassionati che hanno guardato e riguardato le prime tre stagioni.

Ritroviamo tutti i protagonisti delle precedenti stagioni, tra i quali grandissimi nomi come Francesco Pannofino, Corrado e Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti, Carolina Crescentini e molti altri. Scritta da Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre, Boris si può considerare la serie comedy italiana più riuscita in assoluto.

Le prime tre stagioni, uscite tra il 2007 e il 2010, sono composte da 14 episodi da 20 minuti, durata tipica delle serie di genere, mentre questa nuova stagione è “ridotta” a 8 episodi da 30 minuti.

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Una scena di Boris 4 con il cast

E dai dai dai che ce la portiamo a casa!

Boris ci racconta le avventure di una crew cinematografica alle prese con la realizzazione di una serie televisiva, nella quale ogni puntata corrisponde alla realizzazione di una loro puntata sul set. Il regista René Ferretti, interpretato da Francesco Pannofino, tiene le redini di una troupe un po’ “troppo italiana”, con attori che si atteggiano a star, responsabili della fotografia pigri, la produzione che non paga e, come non nominarli, gli stagisti schiavi.

È una serie che ci ha fatto innamorare dodici anni fa, ci ha fatto ridere e anche emozionare, tanto che alcuni dei termini e motti usati dai personaggi come “dai dai dai”, “smarmella” e “a ca**o di cane” sono entrati, per alcuni, a far parte della vita di tutti i giorni, come a unire gli italiani sotto un’unica realtà, facendo comunque aprire gli occhi sulla mancanza di qualità che ha da sempre caratterizzato le soap opera del Bel Paese.

Proprio questa è la caratteristica che ha reso Boris unica nel suo genere. La goliardia nella rappresentazione dell’italiano medio alle prese con la produzione di un prodotto che, per avere successo di pubblico, deve essere fatto male, con una recitazione enfatizzata e stereotipata, gli addetti ai lavori che aspettano solo il momento di staccare tutto e andare a casa e gli stagisti, trattati come schiavi e senza alcuna remunerazione o assicurazione. Insomma, uno specchio della società e della produzione italiana.

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Una scena di Boris 4

Qualcosa di nuovo in Boris 4

Boris 4 si apre col botto e già nei primi minuti vediamo una carrellata di tutti i volti protagonisti delle precedenti stagioni, strappando qualche risata un po’ malinconica ma allo stesso tempo eccitata, accompagnata dalla colonna sonora di sempre e una sigla con la stessa melodia, ma con testo diverso, cantata da Elio e le Storie Tese.

Stanis, il personaggio che più ironizza il modo di fare pomposo di certi attori italiani, interpretato da Pietro Sermonti, in questi nuovi episodi diventa produttore e attore principale di una serie che racconta la vita di Gesù. Alessandro, l’ex stagista schiavo, interpretato da Alessandro Tiberi, ha fatto strada e lavora per una grossa piattaforma streaming che detta regole e limiti al lavoro creativo di tutta la crew.

Ritroviamo un direttore della fotografia, Duccio, completamente diverso, serio e introspettivo, che però si rende un po’ figura secondaria rispetto al passato. Con lo scorrere delle puntate possiamo assistere al ritorno di ognuno dei personaggi, principali o meno, che hanno avuto un ruolo nelle stagioni passate. Una delle novità principali di Boris 4, voluta o meno, è che la figura di Stanis emerge e regge, senza passi falsi, sia il filone comico, sia quello narrativo, diventando preponderante e fondamentale alla buona riuscita della stagione.

Smarmella tutto!

La prima cosa che balza all’occhio di Boris 4 è sicuramente la qualità delle riprese: la regia è più curata e attenta, probabilmente per lo sviluppo della tecnologia rispetto allo scorso decennio, ma anche ad un budget più alto. Lo show perde così un po’ quel clima “da Boris“, quello semplice e non pretenzioso, diventando esteticamente più piacevole da guardare e raggiungendo i livelli di prodotti italiani più “seri”.

Le luci spesso soffuse ci pongono infatti in un ambiente più serioso, creando un’atmosfera onirica che ci accompagna lungo tutta la stagione, con un cambio di obiettivi e, in generale, di stile comico. Guardando queste 8 puntate veniamo pervasi da quella sensazione di comfort che si prova quando ritroviamo un vecchio amico che non sentivamo da anni, che ci appare diverso ma che, in fondo, rimane sempre lo stesso.

Piano piano, ma prepotentemente, ci accorgiamo di come la scrittura abbia cambiato veste e, purtroppo, vengono a mancare alcuni tormentoni di sempre, mentre rari sono quelli nuovi da aggiungere al vocabolario. È una comicità più matura quella di Boris 4, concettuale e indiretta, meno “infantile” sotto alcuni punti di vista, il che forse delude un po’ chi si aspettava il classico Boris, con insulti che volano ogni tre per due e un estremo politically incorrect.

Oltre alle rinnovate regia e scrittura, anche il concetto stesso della serie a tratti viene meno, ma questo potrebbe rivelarsi positivo. Il mondo è cambiato, si è evoluto sotto moltissimi punti di vista e questo viene riflesso in Boris in modo egregio, portando sullo schermo il disagio comunicativo tra il passato e il futuro, il modo italiano di fare le cose rispetto a quello estero, facendo emergere le forzature che la globalizzazione dei prodotti, attraverso le piattaforme di streaming, ha portato.

Interessante il lavoro di montaggio di Boris 4, originale e bizzarro, meno standard rispetto alle stagioni precedenti. Qui possiamo trovare, ad esempio, tagli netti che infrangono le regole e giochi di colore volti a differenziare le riprese della serie fasulla da quella reale.

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La serie su Gesù girata in Boris 4

Ma che è sto algoritmo?

Come detto in precedenza, Boris 4 ha un umorismo più adulto e concettuale, polemico soprattutto nei confronti dell’estremo politically correct, che sta influenzando l’arte in modo sempre più aggressivo, e nei confronti delle piattaforme streaming, che hanno fatto perdere un po’ l’elemento umano a favore di quello informatico, in base al quale un prodotto piace o meno secondo le leggi dell’algoritmo.

Il nemico principale, l’autorità da temere, diventa appunto questo meccanismo matematico che nessuno capisce, che non esiste nel mondo reale e che viene rappresentato come antagonista, da aggirare e sconfiggere in qualsiasi modo. Riflette sulla perdita di spontaneità del racconto e, talvolta, sulla credibilità, cercando di forzare l’inserimento di elementi che attraggono il grande pubblico.

Vediamo i personaggi di Boris 4 alle prese con parole internazionali, sempre più usate in ogni cultura, fingendo di capire concetti come ghost story e high concept per cercare di stare al passo con il futuro. Una delle differenze principali rispetto alle precedenti stagioni, poi responsabile della linea comica dominante, è che in Boris 4 tutti si impegnano nel creare un prodotto di qualità: non si aprono più tutte le luci e non si accettano riprese scadenti date dalla fretta del “portare a casa la scena”. Questo sicuramente riflette la nuova dimensione assunta dalla serialità italiana, che migliora sempre di più e che sforna prodotti validi, apprezzati anche all’estero.

Uno dei filoni comici che muovono le redini di ogni puntata è quello del rispetto dei canoni dettati dalla piattaforma streaming che promuove il progetto, cercando di soddisfare richieste come l’aggiunta di minoranze etniche e sessuali o l’aggiunta del teen drama, che pensando alla vita di Gesù, fa già ridere. Uno dei dialoghi più rappresentativi di questa critica all’inclusione forzata e innaturale di personaggi e situazioni si trova nella battuta di uno degli sceneggiatori: “Meglio Giuda feticista che una storia teen”.

Ci piace basito (spoiler alert!)

In Boris 4 più che mai la realtà si confonde con la finzione. Questo anche grazie a scene come il funerale di Itala, la segretaria di dizione delle prime tre stagioni interpretata da Roberta Fiorentini, venuta a mancare nella realtà nel 2019, o con la presenza a tratti mistica del terzo sceneggiatore, che svanisce e appare improvvisamente, omaggio a Mattia Torre, uno degli sceneggiatori di Boris, scomparso nello stesso anno.

La sensazione generale è che Boris 4 sia stato realizzata per soddisfare una richiesta del pubblico, anche attraverso flashback delle stagioni precedenti, e per omaggiare tutti coloro che hanno fatto parte del progetto, dando nuova visibilità a un prodotto che non ha avuto la diffusione che meritava.

La storia scorre molto velocemente, forse troppo, aprendo piccole sottotrame che non vengono portate a conclusione e che non trovano né profondità né spazio durante questi 8 episodi. Vengono toccate moltissime tematiche, alcune pertinenti e altre meno, che però in alcuni casi sono fini a sé, “cosí, de botto, senza senso” e ci lasciano un po’ basiti.

7.5

Boris 4 non delude le aspettative ed è la stessa serie di sempre, ma un po' diversa. Una differenza giustificata dal cambiamento del mondo, non solo cinematografico, ma anche della società, che corre sempre più veloce verso la tecnologia, disumanizzando l'individuo. Personaggi maturi e più consapevoli ci accompagnano in questo viaggio che crea un equilibrio tra introspezione e comicità sufficiente per tenerci incollati allo schermo e attendere un'altra stagione.

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