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Empire of Light, Recensione del nuovo film di Sam Mendes

di Emidio Sciamanna

Pubblicato il 2022-12-10

Empire of Light è il nuovo film di Sam Mendes, presentato in anteprima al quarantesimo Torino Film Festival e in uscita nelle sale il 23 febbraio 2023.

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Empire of Light è il nuovo film di Sam Mendes, presentato in anteprima al quarantesimo Torino Film Festival e in uscita nelle sale italiane il 23 febbraio 2023. Per il noto regista inglese si tratta del ritorno alla regia dopo ben tre anni dall’ultima volta, quando l’uscita di 1917 divise le opinioni di pubblico e critica.

Prodotta da Searchlight Pictures, la pellicola segue le vicissitudini della solitaria Hilary (interpretata da Olivia Colman), dipendente di un grande cinema collocato sulla costa sud-orientale inglese. Sono i primi anni ottanta e sulla piccola cittadina in cui vivono i nostri protagonisti aleggiano minacciose le ombre del governo Thatcher e le violente manifestazioni degli “Skinhead“.

La vuota e monotona esistenza di Hilary, divisa tra i turni in biglietteria e le scialbe sveltine con il direttore del locale, viene sconvolta dall’arrivo di Stephen, un giovane di colore, che decide di andare a lavorare nel cinemaEmpire” per potersi pagare gli studi di architettura.

I due, nonostante la notevole differenza di età, si trovano subito a proprio agio l’uno con l’altra e il loro rapporto finirà per diventare sempre più intimo, a tal punto da non poterlo più nascondere agli occhi degli altri.

empire of light

Il “politically correct” straborda ovunque

Purtroppo le ampie aspettative riposte per questo film crollano vertiginosamente già a partire dalle prime sequenze. Il problema maggiore di Empire of Light è che si tratta di un’opera profondamente intrisa di moralismo e falsi perbenismi, il cui obiettivo è quello di spingere lo spettatore a empatizzare con i personaggi, a commuoversi in determinate sequenze e a osservare con nostalgia la magica purezza di un cinema passato.

Sia ben chiaro, non sarebbe di per sé un problema se la pellicola ti accompagnasse dolcemente verso le sensazioni citate poc’anzi. Il fatto è che la narrazione, le interpretazioni e persino la regia sembrano indirizzarti con forza verso reazioni ben definite, come se ti venisse imposto di emozionarti a cadenza regolare.

In secondo luogo Empire of Light vuole raccontare troppe storie. Si passa dall’instabilità e dai disturbi mentali di Hilary, alle minacce e agli insulti razzisti che riceve quotidianamente Stephen, fino ad arrivare a una riflessione metacinematografica che più che risultare nostalgica appare stucchevole e forzata. Un minestrone di concetti, che mette insieme tutti i cliché più stereotipati di un patinato cinema autoriale, il cui unico scopo pare essere quello di fare incetta di statuette ai prossimi Premi Oscar.

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Empire of Light è un film già superato

Tutte le problematiche nominate finora impediscono alla pellicola di fare quel salto di qualità che ci si aspetterebbe da un professionista del calibro di Mendes. La regia è pulita, precisa, eppure non riesce mai a trasmettere le giuste emozioni, a pungere nel vivo. Gli stessi attori -che nel complesso rendono piuttosto bene a partire dai comprimari- passano in secondo piano, diventando subordinati a una trama prevedibile e inconsistente. Persino lo splendido lavoro di Olivia Colman finisce per appiattirsi e risultare stantio, scontato, esattamente come i personaggi di Toby Jones e Colin Firth, ai quali tocca la stessa sorte.

L’atmosfera che si respira costantemente ha un insipido sentore di “déjà vu“, inteso purtroppo come qualcosa di già visto, insostenibilmente superato. Empire of Light poteva forse coinvolgere ed emozionare gli spettatori dell’epoca in cui è ambientato, quelli degli anni 80 appunto, proprio come accade alla protagonista durante la visione di Oltre il giardino di Hal Ashby. Ma il pubblico attuale non è più lo stesso di oltre quarant’anni fa: non basta confezionare superficialmente un prodotto se poi ciò che è presente all’interno, ciò che ne rappresenta l’anima, non è nient’altro che un’insieme di deboli concetti espressi sottovoce per sperare di piacere alla massa.

Dopo il controverso 1917, in cui erano ben presenti le tracce di un repentino decadimento, Mendes sembra non ritrovare più la luce in fondo al tunnel. Per questo la scelta migliore potrebbe essere quella di ritornare agli albori, ad un cinema ancora effettivamente puro e suggestivo, capace di trasmettere ancora una volta l’enorme ed evidente passione di questo regista per la settima arte.

5.5

Empire of Light è un film che vorrebbe raccontare tante cose ma che, purtroppo, fallisce miserabilmente. La regia di Mendes e perfetta ma asettica, incapace di trasmettere le emozioni che invece vorrebbe esternare. Allo stesso modo, l'interpretazione di Olivia Colman è straordinaria, eppure anche lei, come tutti gli altri personaggi della vicenda, risulta appiattita da una trama fin troppo prevedibile e buonista. Dopo anni di attesa, si concretizza un ritorno alla regia abbastanza deludente per il regista inglese.

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