logo

The Mandalorian 2: perché ne avevamo bisogno

di Nicola Artusi

Pubblicato il 2020-12-15

The Mandalorian, fin dalla sua prima uscita lo scorso anno, è stato un grande successo. Gli ingredienti ci sono tutti: la storia di un antieroe, un cacciatore di taglie, che contravviene al suo rigido codice morale per salvare la vita a un piccolo, anche se non completamente indifeso, baby Yoda. Facendolo, si troverà a scontrarsi …

article-post

The Mandalorian, fin dalla sua prima uscita lo scorso anno, è stato un grande successo. Gli ingredienti ci sono tutti: la storia di un antieroe, un cacciatore di taglie, che contravviene al suo rigido codice morale per salvare la vita a un piccolo, anche se non completamente indifeso, baby Yoda. Facendolo, si troverà a scontrarsi con sé stesso, colleghi, mercenari, finanche amici, ma anche a crearsene di nuovi.

Mando, il Mandaloriano, è un personaggio che non solo vive fisicamente isolato dal mondo, grazie all’elmo che non toglie mai, ma che non sembra nemmeno completamente a proprio agio nella realtà in cui vive: non si fida dei robot, non si fida dell’Impero ormai decaduto, non si fida nemmeno della Nuova Repubblica, che ora controlla la Galassia di Star Wars.

the mandalorian
Mando

Tuttavia, lo ammetto, quando The Mandalorian è uscito ero scettico: dopo il fallimento di Solo, e la nuova, discutibile, trilogia, temevo in un prodotto di marketing, sciatto e debole, basato sul pew-pew di blaster e di facili riferimenti alla trilogia classica e a quella degli anni ’00. Al contrario, The Mandalorian è una serie che, pur partendo lentamente, e forse anche annoiando all’inizio, riesce a far affezionare lo spettatore a un personaggio inedito e ben ideato.

Al contrario di Rogue One, che ci ha fatto parteggiare per i suoi protagonisti in una meravigliosa parentesi di collegamento tra gli eventi de La vendetta dei Sith e Una nuova speranza, la prima stagione di The Mandalorian è completamente slegata dalla saga classica; certo, conosciamo l’ambientazione temporale – circa contestuale a Il ritorno dello Jedi – e la presenza di tusken, i Jawa e il piccolo baby Yoda ci danno tutti i rimandi necessari a farlo appartenere al canone. Eppure la prima stagione mancava di qualcosa.

Baby Yoda

Cosa ci dà la seconda stagione

Rimanendo fedele allo stile space-western che caratterizza la serie, la seconda stagione di The Mandalorian ci fornisce questo: un contesto. Infatti, se da un punto di vista della storia, lo spostamento dei protagonisti è minimo, parsec a parte, questa stagione nutre il personaggio di Mando, e di conseguenza lo spettatore, di informazioni, scopi ed emozioni che espandono incredibilmente l’orizzonte degli eventi narrati andandosi finalmente a collegare con la saga classica e le opere derivate.

ALERT: SPOILER da qui in poi

Fino a The Mandalorian, gli unici mandaloriani che avevamo conosciuto erano Jango Fett e il figlio Boba, mercenari e cacciatori di taglie, e origine dei Cloni. Certo, anche Mando è un cacciatore di taglie: la sua formazione, però, è stata in un’ala radicale del Credo, il che lo porta ad essere, inconsapevolmente, un fondamentalista. Il dialogo con altri Mandaloriani, diversi da sé, con anche un grande ritorno, rappresenta un trauma ma anche uno strumento conoscitivo per Mando stesso.

Sulla base degli insegnamenti del Credo, dovrà prendersi cura di baby Yoda, di cui finalmente viene svelato il nome, e riconsegnarlo al popolo a cui appartiene, i Jedi.

Mando e la Jedi perduta

Sarà proprio la ricerca di un jedi, e l’incontro finale con Ahsoka Tano, storica padawan di Anakin Skywalker, a muovere tutte le vicende di questa stagione.

L’episodio dell’incontro è il nucleo portante della stagione: sia Ahsoka sia Grogu, questo il nome del bambino, sono sopravissuti alla purga dell’Ordine 66; entrambi sono addestrati all’uso della forza, e se Ahsoka ha formalmente abbandonato la via jedi dopo il tradimento del maestro unendosi alla resistenza, Grogu ha perso una casa, una famiglia, ma sopratutto un maestro. Ha trovato tutto questo in Mando, a cui è ora molto legato: ed è il motivo per cui Ahsoka si rifiuterà di prendere il piccolo Grogu come apprendista.

Ahsoka Tano

Da un punto di vista cinematografico, Ahsoka poteva essere rappresentata meglio: il lavoro di Rosario Dawson sull’espressività è ottimo, ma purtroppo l’aspetto coreografico rende poco lo stile di combattimento Jar’Kai a guardia rovescia, che invece ne è un tratto estremamente caratteristico.

Questa stagione ci ricollega, quindi, con gli eventi di Star Wars: Rebels, recuperando un filone narrativo che si era dato per abbandonato, strizzando l’occhio ai fan che si erano sentiti persi e “traditi” dalla piega che la nuova trilogia aveva preso. Allo stesso modo, però, apre la narrazione alla creazione del Nuovo Ordine sulle ceneri dell’Impero, argomento mai affrontato prima d’ora e di cui sicuramente si sentiva la mancanza. Simpatica anche la ricorrente ironia sulla scarsissima mira dei soldati imperiali, a stemperare i toni e fornire un cambio di prospettiva ad alcuni episodi.

Il Generale Moff Gideon

I piani del Nuovo Ordine

Si spiega, anche, finalmente, il motivo per cui Grogu sia così ricercato: per quanto si riesca a capire dalle poche scene volutamente misteriose e ben costruite, il Nuovo Ordine vuole creare un’armata di cloni dotati dell’uso della forza. Che sia un preludio alla creazione dei Cavalieri di Ren, o sia solo un piano destinato a naufragare? In entrambi i casi, sarà interessante vedere come gli sceneggiatori decideranno di portare avanti questo filone narrativo.

Grogu su Tython

Infatti, nell’ultima puntata della stagione, in una scena intensa e delicata, vediamo Grogu seduto su un altare espandere la forza nella galassia, nella speranza di richiamare qualche Jedi in ascolto, prima di essere catturato dal Nuovo Ordine. Sarà Mando a salvare Grogu? Vedremo l’intervento di qualche jedi sopravvissuto al massacro, o forse addirittura di Luke o Leia stessi?

Non ci resta che aspettare la terza, certissima, stagione della serie. E che la forza sia con voi.

8.5

La seconda stagione della serie Disney + di successo. Finalmente, la serie ci presenta non solo le avventure dei protagonisti, ma ci fornisce anche un contesto di motivazioni, storie e relazioni che rendono questa stagione molto più interessante della prima. Degli incontri con alcuni personaggi che credevamo dimenticati farà appassionare ancora di più i fan. Da non perdere.

  • Collegamenti ben riusciti con il restante canone
  • Approfondimento dei personaggi
  • Autoironia
  • Coreografie deboli in alcuni combattimenti.

Seguici anche su:

Iscriviti alla Newsletter

Seguici su Google News

Potrebbe interessarti anche