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The Son, Recensione – Una toccante tragedia familiare

di Sara Pavia

Pubblicato il 2023-02-12

La nostra recensione di The Son, secondo film di Florian Zeller con protagonista Hugh Jackman.

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The Son è la nuova pellicola di Florian Zeller, uscita lo scorso 9 Febbraio nelle sale italiane.

The Son è il secondo ed ultimo film di Florian Zeller, regista anche di The Father, pellicola che si è aggiudicata ben sei nomination agli Oscar 2022 vincendo come Miglior Sceneggiatura non originale e Miglior attore protagonista per Anthony Hopkins. Entrambi i film sono tratti da due delle tre pièce teatrali scritte dallo stesso regista, i quali compongono una trilogia.

The Son è stato distribuito in Italia da 01 Distribution ed è stato presentato al Festival di Venezia in concorso per il Leone D’oro. Purtroppo, a differenza del precedente The Father, il secondo lavoro di Florian Zeller non è riuscito ad ottenere nessuna candidatura gli Oscar 2023.

Un dramma senza fine

The Son ci racconta la storia di una famiglia non perfetta, come tante, con il padre Peter che decide di sposare un’altra donna lasciando la ex moglie Kate e il figlio Nicholas per trasferirsi in una nuova casa e crearsi un’altra vita. Il focus del film gravita attorno al complicato rapporto tra padre e figlio, attraversando i muri del silenzio che Nicholas, adolescente, sta affrontando e l’urlo della disperazione di un genitore che cerca in tutti i modi di ritrovare un rapporto ormai perso.

Come precedentemente mostrato con The Father, il regista ci dimostra di avere sicuramente un tatto particolare nel mostrare le difficoltà dei rapporti familiari, giostrandosi tra i ricordi, utilizzando flashback di momenti di pura felicità che straziano il cuore, a solitudine e chiusura in se stessi, rabbia e frustrazione che provengono dal semplice essere così fragilmente umani.

The Son ci parla attraverso tutti i suoi elementi, ognuno dei quali svolge un ruolo fondamentale per la buona riuscita del film. La regia in primis fa un lavoro eccellente, prediligendo primi piani intensi che si alternano a inquadrature ampie che, a braccetto con la scenografia, ci donano un senso di solitudine immensa, giocando con ambienti metropolitani di città caotiche che però cadono nel silenzio riflessivo dei personaggi che le abitano. In questo senso ci viene da dire che anche la fotografia gioca un ruolo importante, senza farsi spazio come protagonista ma riuscendo a mantenere un’atmosfera sospesa, attraverso il susseguirsi di luci e ombre, ad indicare l’incertezza dei personaggi.

Hugh Jackman in una scena di The Son

La straziante incomunicabilità dell’adolescenza

The Son è un film forte, crudo e solido, che riesce a catturare il pubblico che inevitabilmente si ritrova nelle scarpe di almeno uno dei personaggi, sia da figlio che da padre. Il dramma del non sentirsi capiti che affligge la maggior parte degli adolescenti già di per sé complicato, con l’aggiunta del senso di abbandono dato dal divorzio dei genitori, possono portare a conseguenze pesanti la già fragile mente di un ragazzo.

Attraverso la scrittura delicata e intima, che gioca soprattutto sul desiderio di amore in contrasto con l’incapacità di comunicare, assistiamo a come a volte l’amore non basta ad affrontare l’infelicità che la vita porta nei momenti in cui ci si sente persi, senza una meta. Il rischio è proprio quello di essere abbagliati dall’amore, dall’affetto, che a volte può condurre a risultati negativi nelle relazioni che ci circondano. The Son è anche una riflessione sull’inevitabilità del ripetere gli stessi errori, di come ognuno di noi sia diverso nell’affrontare determinate situazioni e della difficoltà del cambiamento.

I rimpianti di una vita dedicata alla propria felicità e del fallimento nelle relazioni che ci stanno più a cuore e la frustrazione dell’impotenza di fronte a comportamenti inesplicabili fanno da guida per questa cruda ma onesta pellicola che ci schiaffeggia, manipolandoci come fossimo marionette. Nulla da poter dire sul montaggio che nel contesto del film va un po’ a perdersi, mantenendo lo stesso tempo e senza giochi particolari, se non quelli che la regia ha permesso di fare con l’alternanza presente passato, per velare il tutto con la giusta dose di malinconia.

Un frame di The Son

Un delicato equilibrio

The Son non è sicuramente un film facile da interpretare, nella scrittura sono presenti momenti così intimamente delicati che una piccola esagerazione potrebbe far crollare un’intero sistema. Mi viene da pensare che Florian Zeller sia eccelso nel dirigere i propri attori, permettendo loro di entrare nel personaggio supportandoli il tanto necessario a non farli cadere nello stereotipo.

Hugh Jackman, che interpreta il padre Peter, dimostra di essere in grado di ricoprire non solo ruoli ruvidi e che trasudano stereotipi, ma anche di sapersi trasformare, in modo sorprendentemente affascinante, in un personaggio dalle mille sfaccettature, dall’uomo deciso e pieno di sé ad uno fragile ed emotivo, disperato, senza esitare e trattenendo un’incredibile veridicità. Nicholas è stato interpretato dal giovanissimo Zen McGrath, intenso ma la cui interpretazione è andata un po’ a sfocare dalle altre.

Sicuramente il ruolo di Hugh Jackman è stato in grado di essere così potentemente intimo grazie anche alle incredibili attrici che lo hanno supportato per tutta la pellicola. Laura Dern, che ha interpretato il ruolo di Kate, la ex moglie, che ormai è entrata a far parte del gruppo di attrici eclettiche, in grado di ottenere risultati eccezionali e restare sempre un supporto su cui contare. Per quanto riguarda il ruolo di Beth, nuova moglie di Peter, viene interpretata da Vanessa Kirby, un’altra attrice che si è dimostrata capace e consapevole in diversi film, che in questo caso rimane a fare da sottofondo sicuro per una tragedia familiare che la coinvolge solo in terza persona, quasi rappresentasse il pubblico.

In generale, The Son è svolto in modo efficiente, riesce a non cadere nella trappola del film drammatico strappalacrime, toccando tematiche assolutamente contemporanee riuscendo a mantenere un carattere crudo e allo stesso tempo delicatamente struggente. Mentre elaboriamo questa pellicola, speriamo che Florian torni presto con l’ultimo capitolo della trilogia.

7.5

Un'altra pellicola intensa la seconda di Florian Zeller, che dopo The Father torna con un altro delicato dramma familiare che riesce a tenerci sospesi e allo stesso tempo catturarci, rimanendo attuale e assolutamente con i piedi per terra.

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