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Tár, Recensione – Il vortice dell’ossessione

di Sara Pavia

Pubblicato il 2023-02-11

La nostra recensione del nuovo film di Todd Field, Tár, che vede come protagonista Cate Blanchett nei panni di Lydia Tár.

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Tár, nuovo film di Todd Field con protagonista Cate Blanchett è uscito lo scorso 9 Febbraio nelle sale italiane.

Tár è il nuovo film scritto e diretto da Todd Field, che lo ha portato a ben sei candidature agil Oscar 2023 e a tre candidature per i Golden Globes, delle quali una vinta da Cate Blanchett come Miglior Attrice in un film drammatico. Dopo sedici anni dal suo ultimo lungometraggio, Little Children, con il suo nuovo film il regista ci trasporta in un mondo asfissiante ed ossessivo.

Tár ci racconta la storia di Lydia Tár, interpretata da una Cate Blanchett a dir poco straordinaria, prima direttrice donna della Filarmonica di Berlino che dall’alto del suo enorme successo mondiale si prepara per la registrazione dal vivo della Sinfonia n. 5 di Mahler. L’arroganza e la mancanza di empatia che la caratterizzano vengono lentamente sostituiti dalla paranoia, innescata da una serie di nodi che lentamente vengono al pettine, trascinandoci in un vortice oscuro a ritmo di musica.

L’ossessione autodistruttiva

Tàr entra a far parte di quella attuale tendenza cinematografica che tende a parlare del mondo dell’arte attraverso un’arte, il tutto racchiuso nel film. La protagonista, innamorata della musica fin da piccola, ha seguito i suoi passi riuscendo a diventare la prima donna a dirigere una delle orchestre più importanti al mondo. Il suo amore, però, con il tempo cambia diventando ossessione, fissazione.

Il regista ci fa scivolare nei meandri di una mente con tendenze ossessivo compulsive, che lentamente peggiorano fino al delirio e alla paranoia, il tutto accompagnato dalla ricerca della melodia perfetta e, allo stesso tempo, dalla preparazione di un’importante spettacolo tra accuse, sogni e allucinazioni.

Il ritmo fa da protagonista assoluto, come ci viene rivelato in uno dei primi dialoghi, il tempo è la parte fondamentale di un’opera, ciò che in qualche modo permette all’artista di trasmettere la propria anima attraverso l’arte. Il regista ce lo dimostra bene, partendo da un tempo lento che va ad aumentare attraverso un eccezionale lavoro di montaggio e, soprattutto, attraverso l’incessante ripetizione delle stesse azioni da parte della protagonista.

Proprio il montaggio fa da metronomo ad un film alienante, un lavoro ben strutturato e allo stesso tempo estremamente delicato, tanto da non rendersi conto di essere parte di un viaggio onirico di una mente paranoica. Non solo il montaggio visivo, ma soprattutto quello sonoro emerge sempre di più riuscendo ad aumentare la sensazione di inquietudine data allo spettatore, esaltando gradualmente anche il suono più impercettibile, che nel contesto del film diventa assordante.

Una scena di Tár

Una critica al potere

Tár, oltre ad avere le sembianze, a tratti, di un film dell’orrore, acquista anche una valenza non troppo velata nei confronti delle persone che hanno potere e autorità. Lydia infatti si nutre dell’ammirazione e dell’attenzione che le viene concessa da tutti coloro che la circondano, senza badare al suo comportamento nei loro confronti, come se tutto le fosse dovuto.

La protagonista sceglie le sue “donne predilette”, musiciste che sperano in un futuro importante nel mondo della musica, facendo intendere allo spettatore che non solo loro riceveranno favoritismi, ma che per ottenerli dovranno darle qualcosa in cambio. Nulla è esplicito, ma l’atmosfera ci riporta a pensare al caso Weinstein, del quale ci viene raccontata la storia nel film Anche Io (la nostra recensione qui), l’effetto che ha il potere sull’essere umano, l’ossessione che ne deriva e la paranoia quando i pezzi del puzzle iniziano a crollare uno ad uno.

La fotografia gioca un ruolo importante nel trasmettere proprio questo concetto, rispecchia lo stato d’animo di Lydia, usando di giorno luci sempre piatte e fredde, che riflettono la completa mancanza di empatia della protagonista, mentre di notte l’uso di singole luci calde nell’oscurità che vanno ad illuminare un oggetto alla volta, rappresentano in qualche modo la fragilità del personaggio in quel momento, che si rivela spaventato e impaurito da ogni minimo rumore.

Cate Blanchett in una scena di Tár

Un matromonio di successo tra scrittura e cast

È difficile riuscire a parlare di questo film perché è un film ricco di significati, metafore, riferimenti e tante sfaccettature che vanno colte per riuscire ad apprezzarlo in toto. Non ha una chiave di lettura univoca, ma sicuramente la scrittura ci aiuta, ci guida mandandoci segnali che vengono sempre da ciò che sta al di fuori della storia, video storici, pezzi di articoli, interviste in radio. La sceneggiatura, a braccetto con la regia, ci portano una visione d’insieme, a volte mostrandoci la realtà e altre volte insinuandoci dubbi, come al volerci fare sentire esattamente come la protagonista.

Cate Blanchett sicuramente ci mostra tutto il suo talento in questa pellicola, riuscendo ad esprimere le diverse facce della stessa persona, che da uno stato di naturale eleganza si trasforma quasi in un mostro, cambiando le forme del viso, grazie anche al trucco e ai giochi di luce, riuscendo ad indossare le svariate maschere che questo personaggio ci regala. Dopo la vittoria sia ai Golden Globes che al Festival di Venezia, attendiamo di vedere se riuscirà a conquistare anche l’Oscar.

8

Tár è un film solido, metaforico e che riesce a trasmettere sensazioni contrastanti. Un finale un po' ambiguo ci porta sicuramente a volerlo rivedere. Cate Blanchett ci regala una performance pazzesca e ci mostra tutte le maschere che il suo personaggio, Lydia Tár, nasconde.

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