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I videogiochi dovrebbero essere giocabili da tutti?

di Naomi Rusciano

Pubblicato il 2022-07-06

Essere o non essere difficili? Questo è il problema

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Se siete appassionati di videogiochi e vi piace passare del tempo nelle community per discutere della vostra passione, sicuramente avrete notato che uno dei temi più gettonati, sono quelli relativi alla difficoltà. Quest’anno sono stati pubblicati titoli come Elden Ring e Sifu, che hanno messo a dura prova la pazienza degli utenti e che hanno fartto sorgere la domanda: i videogiochi devono essere giocabili da tutti?

Un tema controverso, poiché il livello di difficoltà è puramente soggettivo; basti pensare che un giocatore esperto di souls-like potrebbe aver finito l’ultima fatica di From Software senza alcun problema, mentre un neofita probabilmente dopo aver affrontato Godrick potrebbe aver perso ogni speranza. Ma allora è possibile trovare una soluzione al dilemma che ha quasi assunto connotati shakesperiani?

Godrick, di elden ring esempio di videogiochi difficili
Godrick in Elden Ring

I videogiochi cabinati e i loro livelli impossibili

Negli anni ’80 e ’90, l’epoca in cui i videogiochi iniziarono a diffondersi e diventare uno dei passatempi preferiti, in tantissime sale giochi i ragazzi si riunivano a passare intere serate con i cabinati. Donkey Kong, Space Invaders, Dragon’s Lair sono solo alcuni dei titoli che uscirono durante quegli anni e chiunque li abbia provati può testimoniare che presentavano una difficoltà spropositata e talvolta artificiosa.

I cabinati come videogiochi difficili
I cabinati

Ma perché erano così? Perché i videogiocatori sono in prevalenza masochisti?
No, semplicemente erano progettati in modo tale da spingere il giocatore ad utilizzare più gettoni possibili per riprovare a battere il punteggio più elevato e cercare di entrare nella classifica finale.

Soltanto in pochissimi possono dire di aver finito un cabinato completamente, eppure è facile comprendere come quei giocatori abbiano avuto un livello di soddisfazione e compiacimento impareggiabile.

L’avvento dei videogiochi nelle console

Negli anni ’90 iniziarono ad uscire le console: una rivoluzione nell’industria videoludica, poiché i videogiocatori non spendevano soldi nel ripetere i livelli e cercare di completarli, ma compravano il disco e giocavano felicemente comodi dal divano di casa.

I videogiocatori più datati sicuramente ricorderanno giochi come The Legend of Zelda: Ocarina of Time, Wolfenstein, o la saga di Resident Evil, capolavori indiscussi della storia videoludica.

I videogiochi delle console: the legend of zelda ocarina of time.
The Legend of Zelda: Ocarina of time

Tuttavia questi erano più semplici? Non proprio, ma le difficoltà cambiarono forma. Questa poteva palesarsi sottoforma di una boss particolarmente ostico o che presentava un pattern molto più complesso, ma anche di enigmi ambientali difficili o mediante la costruzione di un level design più impegnativo da esplorare. Inoltre, alcuni giochi iniziarono a presentare il selettore di difficoltà: un mezzo mediante il quale permetteva al videogiocatore di scegliere il livello di sfida da affrontare.

I videogiochi oggi…

Col passare degli anni l’industria videoludica si è specializzata nei giochi da console, abbandonando progressivamente i cabinati, in particolare in Occidente. Un ulteriore passo avanti è stato fatto con la pubblicazione delle console current-gen Xbox Series X/S e PlayStation 5. Gli sviluppatori, attraverso le nuove tecnologie, possono sperimentare tantissimi modi per indurre delle difficoltà nei propri videogiochi, offrendo dei livelli di sfida stratificati oppure dei sistemi complessi nel level design o nel move-set del boss che richiedono un notevole impegno da parte del videogiocatore.

L’offerta, quindi, si è ampliata notevolmente ed il videogiocatore, attualmente, ha la possibilità di scegliere quale genere giocare e quale tipo di sfida voler affrontare.
Si possono passare interi pomeriggi sugli FPS e giocare online con i propri amici, scegliere un titolo story driven per lasciarsi trascinare dalla trama, oppure decidere di affrontare un livello di sfida più elevato con dei giochi progettati per mettere a dura prova le skill del giocatore.

Un nuovo genere: i souls-like

Nel 2009, la casa sviluppatrice From Software pubblicò Demon’s Souls. Ideato da Hidetaka Miyazaki, diventò subito una pietra miliare nell’industria videoludica e conquistò tantissimi videogiocatori. Una delle prerogative di quel videogioco? La sua difficoltà elevata.  

Demon’s souls fu il gioco giusto, al momento giusto. Infatti, sebbene l’offerta dell’industria videoludica fosse variegata, i videogiochi iniziarono ad avere un modello standard di difficoltà tarato verso il basso. Demon’s souls ruppe quello schema, rivoluzionando un intero settore e gettando le redini nella creazione di un intero sotto-genere: i souls-like, ovvero degli action adventure con componenti RPG caratterizzati da un livello di sfida elevato ed una narrativa legata molto all’ambientazione, di solito di tipo fantasy.

Negli anni successivi molti giochi appartenenti al genere furono pubblicati ed il livello di difficoltà sembrava aumentare sempre più ad ogni pubblicazione.
Il dibattito, infatti, si è acceso soprattutto nell’ultimo periodo con la pubblicazione di due giochi: Sifu ed Elden Ring.

videogiochi difficili, Sifu
La locandina ufficiale di Sifu

La community videoludica si è divisa tra coloro che considerano questi giochi troppo difficili e che precludono la possibilità di affrontarli da neofiti; l’altra parte, invece, apprezza questo genere di sfide poiché pregusta soprattutto il senso di soddisfazione quando, dopo tanti tentativi, finalmente riesce a sconfiggere il boss e proseguire nella storia.

Andare ad analizzare e cercare di capire quale delle due fazioni abbia ragione, è praticamente impossibile. Sebbene sia facile comprendere la frustrazione dei videogiocatori che vorrebbero cimentarsi con i souls-like o comunque con dei videogiochi che fanno della difficoltà una loro attrattiva ma li ritengono eccessivamente difficili, allo stesso tempo esiste una buona componente della community videoludica che non vede l’ora di affrontare questo genere di sfide ad elevata difficoltà.

Ma allora, i videogiochi dovrebbero essere alla portata di tutti?

Per poter rispondere non basta valutare fattori come l’esperienza dei videogiocatori, ma anche la libertà di portare avanti un progetto che non è stato pensato “per tutti” ed il riscontro economico di tale scelta.
Un gioco che ha scatenato questa controversia è Sifu: l’indie action game a base di arti marziali, uscito lo scorso 8 febbraio, è stato aspramente criticato per la sua difficoltà inverosimile.

videogiochi difficili sifu
Sifu

Sloclap, casa sviluppatrice di Sifu, ha annunciato che il gioco indie ha superato 1 milione di copie vendute, ma il dato più interessante è che soltanto la metà dei giocatori sono stati capaci di superare il secondo livello. Il problema della difficoltà elevata con cui è stato concepito Sifu è che, in alcune parti del gioco, viene considerata quasi punitiva nei confronti del videogiocatore, non concedendo nemmeno un piccolo margine di errore.

Infatti, il 3 maggio è stato pubblicato un aggiornamento in cui è stata aggiunta la possibilità di scegliere la difficoltà dei combattimenti.
Una scelta che sicuramente permetterà a tanti utenti di avvicinarsi all’indie game, ma che al tempo stesso va a modificare completamente il concept di miglioramento costante del videogioco stesso. Senza alcun dubbio è un’ottima strategia di mercato che permetterà a molti più giocatori di cimentarsi con l’indie game.

Da un punto di vista puramente commerciale, l’aggiunta di un selettore di difficoltà potrebbe aiutare molti videogiochi che sono stati pensati con un’elevata difficoltà ma che non godono ancora del grado di consapevolezza del pubblico di altri videogiochi, come per esempio quelli ideati da Hidetaka Miyazaki.

Analizzando infatti il fenomeno di Elden Ring (che ha venduto fino ad oggi un totale di 13,4 milioni di copie vendute) si può notare come questi sia stato recepito immediatamente come un capolavoro senza una reale conoscenza di quello che avrebbe offerto una volta pubblicato ed ha spinto tantissimi videogiocatori neofiti anche a comprarlo. Probabilmente la componente open world ha facilitato queste vendite, poiché in molte circostanze permette al videogiocatore di ovviare la difficoltà in quanto esplorando la mappa, è possibile potenziarsi ed affrontare alcuni boss ostili con un livello di esperienza superiore.  

videogiochi difficili elden ring
Elden Ring e l’open world

Un fenomeno mondiale spinto anche dalla fama che gode Hidetaka Miyazaki che si riconferma il “padre” del genere souls e dalla notorietà di uno dei suoi scrittori George R. R. Martin (autore delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco).

Non tutti i videogiochi difficili sono uguali

Se volessimo analizzare la parola “gioco”, potremmo usare la definizione che viene data dalla Treccani: “Esercizio singolo o collettivo a cui si dedicano bambini o adulti, per passatempo, svago, ricreazione, o con lo scopo di sviluppare l’ingegno o le forze fisiche”. Un videogioco ideato come difficile, con un gameplay da scoprire e non immediato, non dovrebbe essere criticato in quanto tale poiché potrebbe costituire un mezzo di svago per un determinato pubblico.

Si parla, però, di un’industria videoludica ed è quindi compito degli sviluppatori di analizzare il mercato e capire se un’elevata difficoltà andrebbe ad impattare in maniera negativa sulle vendite del videogioco. Dopotutto, il riscontro economico è il primo passo per vedere se un prodotto ha riscosso il successo sperato.
In questo caso, un selettore di difficoltà o un gameplay più intuitivo potrebbe agevolare le vendite di un determinato prodotto rendendolo accessibile ad una buona fetta di mercato.

videgiochi difficili
Il selettore di difficoltà in Wolfenstein: the new order

Diverso il discorso per i souls sviluppati da Hidetaka Miyazaki che vivono di un loro successo dovuto proprio non solo dalla loro difficoltà, ma come questa viene inserita all’interno dell’ambientazione fantasy, mentre spesso molti autori sono costretti a scendere a compromessi per facilitare le meccaniche.
La difficoltà dei souls di From Software costituisce proprio una delle loro caratteristiche fondamentali maggiormente apprezzate dal pubblico.

Citando le parole dello stesso Miyazaki: “Cerchiamo sempre di migliorare, ma, specialmente per i nostri giochi, la difficoltà elevata è ciò che dà significato all’esperienza di gioco stessa. Quindi non è una caratteristica che abbandoneremo presto. È la nostra identità”.

In conclusione…

Abbiamo voluto analizzare cosa significa difficoltà e come questa possa impattare il successo di un determinato gioco; quindi, i videogiochi devono essere alla portata di tutti? Secondo chi scrive quest’articolo, la risposta personale è “no”.

Probabilmente la mia visione del media videoludico è un po’ romantica e non tiene conto delle varie leggi del mercato, ma non credo che i videogiochi debbano essere indirizzati per forza verso la maggior parte dei giocatori.
Forse mi schiero un po’ troppo dalla parte degli sviluppatori, ma questi dovrebbero essere liberi di ideare il loro gioco e di svilupparlo senza dover per forza inserire degli elementi che, in un certo modo, vadano a snaturare il prodotto.

Volendo prendere come esempio Sifu, è comprensibile che abbiano voluto aggiungere un selettore di difficoltà perché il gioco non aveva venduto molto ed era stato aspramente criticato per la difficoltà, ma al tempo stesso è stato stravolto l’intero concept del gioco stesso.
Un videogiocatore dovrebbe essere in grado di comprendere quale livello di difficoltà, di sfida o di gameplay voler affrontare e cercare nell’intero mercato videoludico quello più appropriato. Non tutti dobbiamo essere giocatori di souls, per esempio, e questi non dovrebbero diventare più facili per accontentare i videogiocatori non esperti.

Ovviamente è un’opinione un po’ utopica che non si inserisce appieno nel mondo attuale. I videogiochi, come tutti i prodotti, devono essere comprati ed è comprensibile che a volte si debba scendere a compromessi per far aumentare le vendite. Non riesco a condannare fermamente chi snatura il proprio gioco per un profitto maggiore, ma al tempo stesso forse si dovrebbe riflettere su come migliorare il bilanciamento cercando di non far sentire il videogiocatore smarrito nelle dinamiche del gameplay.

Attualmente la bellezza del media videoludico è proprio nella varietà di offerte che vengono pubblicate quasi tutte le settimane sui vari negozi. Ci sono migliaia di videogiochi che si differenziano nel gameplay, nello storytelling ed anche nel livello di difficoltà, e non per forza tutti dobbiamo giocare tutto.

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