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Il primo giorno della mia vita, Recensione – Un intimo viaggio nella psiche

di Sara Pavia

Pubblicato il 2023-01-29

Recensione del nuovo film di Paolo Genovese, Il primo giorno della mia vita, tratto dall’omonimo romanzo scritto dallo stesso Genovese nel 2018.

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L’ultimo film del noto regista nostrano Paolo Genovese, Il primo giorno della mia vita, è uscito lo scorso 26 Gennaio nelle sale italiane.

Il primo giorno della mia vita è l’ultimo film di Paolo Genovese, regista anche di celebri film come Perfetti Sconosciuti, The place e Tutta colpa di Freud. Distribuito da Medusa Film e uscito nelle sale lo scorso 26 Gennaio, il film è tratto dall’omonimo romanzo scritto da Genovese stesso.

La pellicola orbita intorno alle storie di cinque personaggi, che non si conoscono, oppressi dalla loro infinita tristezza e che hanno perso la speranza di essere felici. Un giorno, un uomo senza nome, interpretato dal magnetico Toni Servillo, li prende uno ad uno su questa particolare Station Wagon e inizia con loro, giorno per giorno, un viaggio nei diversi strati della loro vita e della loro mente per cercare di far loro ritrovare i motivi per vivere.

Toni Servillo in Il primo giorno della mia vita

Il delicato viaggio de Il primo giorno della mia vita

Il primo giorno della mia vita ci porta con sé in un viaggio intimo e intricato, equilibrato e senza esagerazioni drammatiche che la trama avrebbe potuto permettersi. Il personaggio di Toni servillo funziona da mentore e da “guida delle anime perse” ricordandoci, a tratti, la storia di A Christmas Carol, facendo riflettere i personaggi sul loro passato, presente e futuro.

Un’idea interessante e, seppure non originale, assolutamente non banale, sia dal punto di vista della struttura narrativa, sia da quella tecnica. Paolo Genovese si fa sentire attraverso una regia pensata e per nulla basilare, giocando molto con gli specchi, metafora che indica di solito sdoppiamento della persona e con le riprese, interessanti, che si muovono a puntino tra primi piani introspettivi e piani larghi a mostrarci ambientazione e paesaggio. Il tempo nel film è scansionato in piccoli capitoli, che segnalano l’inizio di un nuovo giorno, per sette giorni e questo ci permette di seguire meglio la storia e di dare più respiro allo spettatore.

Le musiche de Il primo giorno della mia vita sono sicuramente un elemento che accentua un lavoro interessante e che riesce a uscire dagli schemi delle commedie all’italiana, con canzoni ricercate e che riescono in qualche modo ad abbracciare le immagini e farci venire i brividi.

L’ambientazione come elemento portante

Interamente, o per la maggior parte, girato in una Roma dormiente e notturna, l’ambientazione di Il primo giorno della mia vita prende sicuramente il sopravvento rispetto ad altri elementi del racconto. Il silenzio e il mistero che avvolge la notte, girovagando tra i magnifici monumenti della capitale e le immense strade, deserte, ci trasmettono la sensazione della piccolezza e della temporaneità dell’essere umano su questo mondo, di come ognuno di noi verrà sostituito tra cento anni da qualcuno come noi ma allo stesso tempo completamente diverso.

Un ottimo lavoro anche da parte della fotografia, che ci regala atmosfere intime e sospese, attraverso immagini fredde e scure, scaldate a tratti da luci soffuse, forse proprio a trasmetterci i barlumi di speranza ai quali i protagonisti dovrebbero aggrapparsi per non arrendersi al gioco della vita. Un vecchio hotel abbandonato diventa dimora delle anime sospese, che si ritrovano in un limbo atemporale, per guadagnare un po’ di tempo per cercare se stessi.

il cast in una scena de Il primo giorno della mia vita

Volti conosciuti e non

Il cast corale fa un ottimo lavoro, regalandoci interpretazioni naturali e non forzate, riuscendo a non banalizzare il racconto. Possiamo trovare, come già accennato, Toni Servillo, ormai attore di punta nello scenario italiano, vincitore di diversi David di Donatello come Migliore Attore, che guida il resto del gruppo, formato da Valerio Mastandrea, ormai veterano del cinema sia come produttore che come attore e regista, che ci dona sempre certezze in quanto a bravura e potenza interpretativa.

Tra gli altri membri del cast troviamo Margherita Buy, anche lei con una performance leggera, splendida e naturale, Sara Serraiocco, attrice emergente che ha recentemente partecipato a Siccità di Paolo Virzí e, per finire, Gabriele Cristini, un giovanissimo attore che ha dato prova di meritarsi il suo posto nel film.

Un cast, quello de Il primo giorno della mia vita, che si giostra alla perfezione seguendo un racconto introspettivo, che parla di problemi di attualità, della disperazione che guida ognuno di noi, chi più chi meno, e di quanto sia difficile combattere i propri demoni, di come la sofferenza ti si appiccica addosso e resta, tanto che finiamo per sentirne la mancanza quando il tempo la porta con sé. Dialoghi precisi e necessari, la scrittura non straborda di parole superflue, come purtroppo spesso succede, riuscendo a lasciare allo spettatore un po’ di respiro per poter provare emozioni.

Unica pecca il finale, che forse toglie un po’ di serietà trasformandosi in qualcosa che non è in linea con tutto il resto. Esageratamente stereotipato, cambia atmosfera e cade nella rete delle commedie all’italiana, tipiche dei film di Gabriele Muccino, dalle quali ci si aspetta sempre la solita minestra, esaltando i momenti cruciali con musiche e battute un po’ banali, perdendo un po’ di vista i dettagli.

Nonostante questa piccola caduta, possiamo tranquillamente dire che Il primo giorno della mia vita è uno di quei film che ci fanno sperare che il cinema italiano torni ai livelli del passato, grazie alla sua eleganza ed estrema attualità, per un tema che non è uno dei più “gettonati” in questo momento particolare, ma che é sempre reale, l’invisibilità della sofferenza e, soprattutto, delle persone che la portano con sé ogni giorno.

7.5

Il primo giorno della mia vita è un film solido e ricercato, che riesce a reggere una storia intima e delicata attraverso tutti gli elementi che compongono il film. Fondamentale il non esagerato utilizzo di battute che permette allo spettatore di respirare ed emozionarsi. Pecca il finale, il quale sfocia nel solito stereotipo della commedia italiana.

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