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Re Artù e il fascino della Tavola Rotonda nel 21° secolo

di Nicola Artusi

Pubblicato il 2021-01-23

Chi non ha mai sentito parlare di Re Artù, il leggendario cavaliere che, armato della potente spada Excalibur, è destinato a regnare su tutta l’Inghilterra?Da lì, il successo non ha avuto fine.Le origini del mitoLe origini del successoIl ciclo bretone e gli analoghi moderniGli anni 2000 e Re Artù Il Ciclo Bretone, o ciclo arturiano, …

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Chi non ha mai sentito parlare di Re Artù, il leggendario cavaliere che, armato della potente spada Excalibur, è destinato a regnare su tutta l’Inghilterra?

Il Ciclo Bretone, o ciclo arturiano, così è chiamato il filone letterario che comprende le gesta di eroi e i miti sull’origine del Trono di Inghilterra, nasce nel XII secolo nell’ambito delle canzoni di gesta, che volevano narrare i valori cavallereschi a due nazioni in guerra tra loro.

Da lì, il successo non ha avuto fine.

L’influenza del ciclo bretone su tutta la letteratura e l’arte europea e occidentale è stata trasversale: ha gettato le basi per importantissimi esempi letterari, come l’Orlando furioso, ma anche opere teatrali e liriche, come il Parsifal e il Tristan und Isolde di Wagner. Oltre all’impatto sulla musica e sull’arte pittorica, in particolar modo romantica, il ciclo arturiano costituisce a tutti gli effetti la base mitologica del fantasy moderno, dai film ai videogiochi.

Le origini del mito

Artù e i cavalieri della tavola rotonda

Genericamente, la produzione bretone ruota attorno al personaggio di Arthur Pendragon, identificato come un romano-britannico che, per diritto divino, può ascendere al trono d’Inghiterra e unificarne i popoli. Per farlo, deve dimostrare il proprio valore sconfiggendo avversari e nemici soprannaturali, affiancato dall’amata Ginevra, dai Cavalieri della Tavola Rotonda e con l’aiuto del mago di corte, Merlino. Ma questo non è tutto.

Le origini del successo

La cosa particolarmente affascinante del ciclo arturiano, e origine del suo continuo successo lungo i secoli, è l’assenza di un canone. A differenza di altre opere che hanno lasciato un’impronta indelebile nella letteratura e nell’immaginario collettivo, come la Divina Commedia di Dante, Amleto di Shakespeare o anche semplicemente Il Signore degli Anelli e le opere derivate di Tolkien, il ciclo bretone è un insieme di scritti di diversa produzione. Scritti in diversi anni, i testi narranti le gesta di Re Artù vedono genericamente gli stessi personaggi in ruoli standardizzati ma liberi di esprimere completamente il potenziale immaginifico dell’autore.

Artù
Artù in una rappresentazione medioevale

Avremo quindi Artù, giovane o anziano, cavaliere rampante o re in declino; Ginevra, sposa fedele, compagna di vita, o innamorata di Lancillotto, in una storia d’amore parallela che ha fatto sognare generazioni. Parsifal sarà così dapprima avversario, poi amico di Artù, in alcuni casi sua guardia del corpo.

Merlino assume, oltre a diversi nomi, anche diversi ruoli in funzione della trama: da giullare di corte a potente mago, da fidato alleato a volubile incantatore; Morgana sarà strega, fata, sorella, apprendista, antagonista; la Dama del Lago un essere terreno o soprannaturale, ed Excalibur sarà di volta in volta promessa, guadagnata, incastonata in una roccia, portatrice di poteri, legata al mito del Graal, e così via.

L’uso degli stessi nomi è garanzia di una tipologia, di uno schema: ambientato all’incirca tra il 400 e l’800 d.C. in Inghilterra, con elementi romantici, cavallereschi e sovrannaturali, e, in qualche modo, garanzia di familiarità. Così come nelle storie Disney o nei fumetti alla fine l’eroe trionferà, per quanto nuovo, non ci sarà mai un prodotto sul ciclo bretone completamente soprendente. E questo fidelizza il lettore o lo spettatore.

Il ciclo bretone e gli analoghi moderni

Possiamo pensare al ciclo arturiano come a una Marvel ante litteram, con riferimento a Xavier e ai suoi X-men, o ai Fantastici 4, o agli stessi Avengers. Lo stesso vale per l’universo espanso di Star Wars (almeno prima dell’acquisizione Disney, ndr): un insieme di personaggi che, in momenti diversi, con avventure diverse, cambiando nomi, storie, relazioni tra loro, offrono comunque nuovi spunti per autori e disegnatori che finiscono per completare l’uno le idee dell’altro, integrando le narrazioni, con il rischio anche di contraddirsi reciprocamente.

Il Consiglio dei Jedi

Come Artù e Tristano, anche i personaggi di Stan Lee e George Lucas sono Cavalieri moderni: materiale grezzo, disponibile, modificabile, manipolabile a piacimento. Se puoi parafrasare, reinterpretare, graficare o mettere in scena Dante e Shakespeare, i personaggi della Tavola Rotonda sono invece burattini plastici nelle mani dell’autore, che come tale può inventare avventure sempre nuove. Com’è successo dagli anni 2000 in poi.

Gli anni 2000 e Re Artù

Tutto è (ri)cominciato con La Spada nella roccia, il 18° Classico Disney uscito nel 1963, adattamento di una serie di libri in quattro volumi di cui il primo, chiamato appunto La spada nella roccia, di T. H. White, particolarmente comico. Il progetto fu particolare, completamente diverso dagli altri prodotti Disney che fino a quel momento avevano raccontato delle storie complete.

La Spada nella roccia, infatti, racconta solo dell’infanzia del futuro Re e del suo, fortuito, casuale incontro voluto dal destino con Excalibur. Allo stesso modo, i personaggi sono nel complesso pochi e bidimensionali, ed è quasi completamente assente una parte cantata vera e propria. Tuttavia, sono memorabili Merlino, sbadato mago ma conoscitore delle scienze, Anacleto, il burbero e cinico gufo, e Morgana, la raccapricciante strega.

Merlino

Una diversa versione di Morgana è raccontata ne Le nebbie di Avalon, miniserie tv del 2001 tratta dal ciclo di romanzi omonimo degli anni ’80. La storia narra del regno di Artù visto dagli occhi delle protagoniste femminili, Igraine, Morgana e Ginevra, nel rapporto tra paganesimo antico e cristianesimo romano. In particolare, nella serie tv il punto di vista e la voce narrante sono di Morgana, a metà strada tra la fedeltà al fratello Artù e alle tradizioni del mondo pagano.

Ve la ricordate?

A Ginevra è dato invece ampio spazio in Guinevere Jones, serie tv australiana di Disney Channel prodotta nel 2002. In questa versione, Gwen, normale ragazza del XXI° secolo, reincarnazione della Ginevra di Camelot, scopre, grazie a un amuleto di poter rivivere momenti della sua vita precedente, di possedere dei poteri e di dover difendere anche il suo mondo dalla malvagità di Morgana. Un teen drama di 26 puntata che ha riscosso pochissimo successo, ma insomma, non era male.

Gwen Jones con Merlino

Altre citazioni varie del ciclo arturiano si trovano in Gargoyles, la serie di cartoni Disney, in Streghe, il telefilm, e spesso negli stessi fumetti Marvel, in particolare da parte del Dott. Xavier. Nel multiuniverso Marvel, Artù addirittura compare come eroe, coinvolto da Dr. Strange, mentre tra gli anime ricordiamo l’Artù Pendragon di Seven Deadly Sins.

Il cast di King Arthur

Nel 2004, con King Arthur troviamo un primo tentativo di raccontare una storia verosimile dell’ascesa al potere di un romano, Artorius Castus, interpretato da Clive Owen (The Knick), in guerra contro i sassoni a fianco dei woad. Tra di loro conoscerà Ginevra, Keira Knightley (Espiazione; Anna Karenina), e un mistico sciamano woad, Merlino. Il film, nel complesso dimenticabile, è apprezzabile proprio per la resa storiografica, l’accuratezza dei costumi e l’interpretazione della Knightley.

Romolo Augustolo ne L’ultima legione

Un altro tentativo, miseramente fallito ma che ha visto l’esordio di un giovane Thomas Brodie-Sangster (Maze Runner; Game of Thrones), fu L’ultima legione, film che ha scomodato Colin Firth (Il discorso del re; A single man) e Ben Kingsley in una ecatombe totale senza capo né coda sugli eventi che hanno segnato la caduta dell’Impero romano.

Guy Ritchie ha poi diretto e prodotto King Arthur: il potere della spada nel 2017. Un discreto fallimento di pubblico, incassi e critica per il film Warner Bros, che, nel tentativo di portare un amletico scontro di potere nella famiglia Pendragon, inserì troppi personaggi facendosi trascinare dalle troppe scene d’azione. Forse bastava sfrondare ciò che doveva essere sfrondato – cit. per ottenere un lavoro di ottima qualità.

King Arthur, 2017

Simili nella trama sono invece Merlin e Camelot: entrambe serie incentrate sull’ascesa al trono di Artù alla morte del padre Uther, ma con un focus su un protagonista diverso. Merlin affronta l’evoluzione di Merlino come mago, mentre affianca Artù come suo scudiero, in una Camelot in cui la magia non solo è vietata bensì perseguita. Con una CGI terribile e una trama che si scrive da sola, Merlin è una serie di basse pretese che però ha sempre tenuto alto l’interesse del pubblico per 5 stagioni, grazie a un ottimo Colin Morgan (The fall).

Artù e Merlino in Merlin

Camelot, al contrario, venne cancellata dopo una sola stagione, nonostante la presenza di attori carismatici del calibro di Eva Green e Joseph Fiennes (The Handmaid’s Tale).

Nel 2020, abbiamo assistito alla trasposizione streaming della graphic novel di Frank Miller, Cursed, su Netflix. Il lavoro è decisamente interessante: la storia, infatti, si focalizza su Nimue, giovane ragazza fey destinata a diventare la Dama del Lago, colei che, nel mito, consegna Excalibur ad Artù. In questa trasposizione, sarà Nimue ad impugnare la spada usando i poteri per i quali è perseguitata allo scopo di difendere il suo popolo dalle violenze dei cristiani. Al suo fianco Artù e Morgana, figli illegittimi di una casata caduta in disgrazia, e Merlino, potente mago in rovina.

Merlino in Cursed

Se in molti punti Cursed può ricordare la meravigliosa Carnival Row, di Prime Video, e la protagonista Katherine Langford (Thirteen reasons why) possa farci temere che si tratti di un ennesimo teen drama, il tocco di Frank Miller si nota tantissimo. Non solo nella sigla, che riprende i toni della graphic novel, ma anche nella cruda e violenta rappresentazione dei Paladini Rossi, il gruppo di fanatici religiosi responsabili degli stermini delle popolazioni di fate e essere magici.

Cover ufficiale di Cursed

Il ciclo arturiano, quindi, è più vivo che mai. Non solo per ricordarci Il destino di un cavaliere o il codice d’onore che il cavalierato deve sottendere, nemmeno per farci sospirare di fronte ai languidi sguardi di Ginevra e Lancillotto, bensì sempre più come critica sociale e utile metafora della storia. Guerre e conflitti non servono più a glorificare l’eroe, ma a mostrarci la compassione, la fiducia e la pietà a cui un leader dovrebbe aspirare. Che sia Artù o la Strega Sangue-di-lupo, beh, poco importa.

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