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Man in The Dark (Don’t Breathe): nel posto sbagliato al momento sbagliato – Recensione

di Raphael Tonchia

Pubblicato il 2021-01-23

Man in the Dark, il cui titolo originale dovrebbe essere “Don’t Breathe“, è un film del 2016 scritto e diretto da Fede Alvarez e prodotto da Sam Raimi.Presentato in anteprima al festival cinematografico South Southwest, ha avuto un discreto successo al botteghino guadagnando più di 157 milioni di dollari.La Trama (Spoiler)La psicologia dei personaggiUn’ottima prova …

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Man in the Dark, il cui titolo originale dovrebbe essere “Don’t Breathe“, è un film del 2016 scritto e diretto da Fede Alvarez e prodotto da Sam Raimi.
Presentato in anteprima al festival cinematografico South Southwest, ha avuto un discreto successo al botteghino guadagnando più di 157 milioni di dollari.

Un ottimo riscatto dunque per il regista che, dopo il deludente remake de “La Casa” di Raimi, è riuscito a convincere la critica e il pubblico con questo buonissimo film thriller dalle tinte horror.

Scena di Man in the dark,
Man in The Dark – Don’t Breathe (2016)

La Trama (Spoiler)

Rocky è una ragazza che per guadagnare qualche soldo commette dei furti di oggetti di valore nelle case dell’alta borghesia a Detroit.
Accompagnata in queste attività dal fidanzato Money e dall’amico, non tanto segretamente innamorato di lei, ha un solo obiettivo in testa: lasciare questa vita insoddisfacente e andarsene in California.

L’occasione giusta si presenta grazie a Money che propone agli altri due, come prossimo colpo, di svaligiare la casa di un vecchio marine solo e cieco, avendo quest’ultimo ricevuto un ingente risarcimento per aver perso la figlia in un incidente stradale.
I tre ragazzi si renderanno conto ben presto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

La psicologia dei personaggi

Uno dei punti di forza di questo Man in The Dark riguarda senza dubbio la buona caratterizzazione dei personaggi, delineati e interpretati sapientemente da tutti gli attori.
Jane Levy (“La Casa” del 2013 e “I don’t feel at home in this world anymore” del 2017) , nel ruolo della protagonista Rocky, riesce ad essere convincente portando in scena una ragazza furba e determinata, che non si ferma davanti a nulla pur di sopravvivere in una Detroit povera e marcia. “Costretta” a commettere questi furti, non si tirerà comunque indietro nel sottrarre i soldi all’anziano, nonostante questi sia altrettanto scaltro e soprattutto fuori di testa.

Interpretato da Daniel Zovatto (“It Follows” del 2014, “Lady Bird” del 2017, Fear the Walking Dead – serie tv del 2016), il fidanzato di Rocky si chiama Money e rappresenta il classico spaccone un po’ tamarro che, attraverso queste attività criminali, persegue lo scopo di poter acquistare orologi, indumenti e auto con un determinato status quo. Lo stile è quello di cercare sempre di ingannare il prossimo come nella scena in cui, una volta scoperto dal veterano di guerra, gli confessa di essere da solo e ubriaco all’interno dell’edificio.

I tre protagonisti di Man in The Dark


Il terzo ragazzo Alex, messo in scena da Dylan Minnette, famoso per il ruolo di Clay Jensen in “13 Reasons Why” (2017) e per la band indie rock “Wallows“, è innamorato di Rocky e pronto a fare qualsiasi cosa pur di ottenere un briciolo di attenzione dalla ragazza.

Infine, il personaggio che regge l’intero Man in The Dark: Norman, un soldato cieco in pensione interpretato magnificamente da Stephen Lang, il cattivo militare del secondo lungometraggio con più incassi nel mondo “Avatar” del 2009.
L’attore ricorda esteticamente una sorta di unione tra Wolverine in Logan – The Wolverine (2017) e Negan della serie tv acclamata The Walking Dead, mettendo in scena un villain spietato e violento, con un fisico assurdo per l’età di 64 anni dell’attore.

Nonostante l’handicap, Norman ha sviluppato talmente bene i sensi dell’olfatto e dell’udito che riesce a giocare efficacemente al gatto col topo con le sue vittime, dimostrando di non guardare letteralmente in faccia a nessuno (tira un due tre pugni ben assestati sul volto di Rocky una volta catturata).
Menzione onorevole al suo fidato Rottweiler, interpretato da ben tre cani diversi, che tramite un paio di jumpscare riesce a far spaventare lo spettatore.

Stephen Lang (Man in The Dark, 2016)

Un’ottima prova di Alvarez

Dopo avere deluso le aspettative con movimenti di macchina fin troppo veloci e scene eccessivamente sanguinose nel remake de “La Casa“, il regista si riscatta immediatamente con Man in The Dark.
Le parti violente e pesanti da digerire sono molte ma non esagerate, assicurando una nota di crudo realismo alla pellicola senza addentrarsi nel genere splatter.

Tutto il film gioca sulla tensione costruita progressivamente (di “hitchcockiana” memoria si potrebbe aggiungere) e sulla suspense architettata alla perfezione da Alvarez tramite l’utilizzo preciso di lunghi silenzi e rumori, come lo scricchiolio del pavimento in legno non appena uno dei ragazzi appoggia maldestramente il piede sopra.

Man in the Dark

Sembra che tutto Man in The Dark voglia concentrarsi sull’udito piuttosto che sulla vista, nonostante la parte migliore sia quella in cui i dialoghi sono assenti, quasi facendo empatizzare lo spettatore con l’antagonista.
Alvarez si diverte alternando continuamente i ruoli di carnefice e di vittima. Si rimane combattuti fino all’ultimo su chi tifare, perché tutto si può dire tranne che Rocky sia un personaggio candido e innocente, in quanto comunque commette reati come il furto e, in questo caso, ai danni di un individuo, sì folle e malato, ma con una disabilità importante.

Ovviamente tutto questo non giustifica assolutamente le azioni del veterano di guerra, personaggio anch’esso eticamente molto discutibile.

Stephen Lang e Dylan Minnette (Man in The Dark, 2016)

Nonostante siano presenti alcuni buchi di trama, l’intero racconto scivola via come l’olio, mantenendo incollato lo spettatore dall’inizio alla fine.
Quasi interamente ambientato tra i corridoi, le cantine e le soffitte della casa, resa oscura e claustrofobica al punto giusto e nella quale si aggira il vecchio Norman, con Man in The Dark sembra di trovarsi all’interno del labirinto di Cnosso con il Minotauro.

Notevole la sequenza girata interamente con gli infrarossi, in cui Rocky e Alex, ritrovandosi completamente al buio, si ritrovano nelle stesse condizioni fisiche e sensoriali del loro aguzzino.
Un film sicuramente non indimenticabile, ma da gustare se si vuole passare 1 ora e 28 minuti di pura tensione che dimostra come, con delle buone idee di base, Alvarez sia tecnicamente un buonissimo regista emergente.

Man in The Dark lo potete guardare sulla piattaforma Prime Video.

I Consigli della Redazione:

Se vi è piaciuto Man in The Dark, non perdetevi anche i seguenti film:

  • Panic Room (2002)
  • La notte del Giudizio (2013)
  • Hush – Il terrore del Silenzio (2016)

Il Trailer di Man in the Dark:

7

Un thriller horror che fa risalire le quotazioni del regista Fede Alvarez, il quale riesce a girare un buon film sorretto da un uso intelligente della suspense e da un villain bello e grosso, che mette ansia solo a guardarlo. Gli errori non mancano, ma la pellicola si lascia guardare dall'inizio alla fine, preannunciando durante l'epilogo un possibile sequel, poi confermato nel 2018 dallo stesso Alvarez. Riuscirà il seguito a superare il buon primo Man in the Dark?

  • Un villain disegnato e delineato efficacemente
  • Stephen Lang in grande spolvero
  • Ritmo sostenuto che tiene incollato lo spettatore
  • Qualche colpo di scena di troppo
  • Alcuni errori di sceneggiatura (come fa l'antagonista a non sentire i ragazzi quando gli sono vicinissimi?)
  • Il finale aperto risulta un po' scontato

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