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Venus, Recensione – L’horror grottesco di Balagueró

di Emidio Sciamanna

Pubblicato il 2022-12-09

Jaume Balagueró torna a dirigere in grande stile un film horror dai forti connotati autoriali. Si tratta di Venus, presentato al 40˚ Torino Film Festival.

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Dopo lo scarso -e probabilmente immeritato- successo riscontrato dai suoi ultimi lavori -in particolar modo Rec 4: Apocalypse e La Settima MusaJaume Balagueró torna a dirigere in grande stile un film horror dai forti connotati autoriali. Si tratta di Venus, presentato in anteprima italiana nella sezione “Crazies” del quarantesimo Torino Film Festival.

Sin da subito è apparso come un elemento importante per la manifestazione torinese, una pellicola da tenere in forte considerazione. Il regista spagnolo rimane, nonostante tutto, una figura giustamente apprezzata e riconosciuta nel panorama horror mondiale e con questo ritorno firma un’opera veramente particolare, per certi versi inaspettata, che racchiude al suo interno alcune caratteristiche inusuali persino per il suo cinema.

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Luce e oscurità, due volti di un unico essere

Venus inizia con un’agghiacciante premonizione apocalittica: la reincarnazione di una terrificante figura demoniaca di nome Lamashtu è ormai imminente e il suo avvento porterà caos e dolore in tutto il pianeta. Secondo la mitologia mesopotamica, tale demone femminile era una creatura diabolica portatrice di incubi e malattie, che prediligeva perseguitare i nascituri strappandoli con prepotenza dal ventre materno per nutrirsi del loro sangue.

Al centro della narrazione troviamo la giovane Lucía (Ester Expósito), ballerina di un malfamato night club gestito da un gruppo di criminali comicamente stereotipati. Una notte, dopo aver rubato ai malavitosi un importante carico di droga, riesce miracolosamente a trovare riparo a casa della sorella Rocío (Ángela Cremonte), situata in un edificio denominato Venus nella decadente periferia di Madrid. Si tratta di un luogo lugubre ed enigmatico, dimora di oscure presenze che da decenni affliggono i malcapitati inquilini del luogo.

Come se non bastasse, tutto ciò si svolge sullo sfondo di una sempre più ravvicinata eclissi solare, provocata da un misterioso corpo celeste che sembra essere apparso improvvisamente dal nulla. Non è un caso, dopotutto, il palese richiamo alla dimensione cosmica: la protagonista del film -come evidenziato anche dal suo nome- incarna una sorta di divinità luminosa, a metà tra la Venere mitologica e una Giovanna D’Arco odierna, che combatte ferocemente contro un’oscurità che risiede nella società stessa piuttosto che in una fantomatica figura demoniaca.

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Venus: tra Lovecraft e Argento dilaga il grottesco

La fonte di ispirazione primaria di Venus è un racconto di H. P. Lovecraft, I sogni nella casa stregata, che il regista spagnolo rielabora abilmente in una “horror story” dai forti connotati autoriali: la struttura narrativa ripercorre per certi versi proprio uno dei suoi film precedenti, La Settima Musa, in cui il paranormale aleggia impercettibile sullo sfondo di una comune indagine investigativa.

Anche in questo caso Venus serpeggia sinuosamente tra i meandri del cinema di genere, amalgamando con efficacia l’horror fantascientifico e il gangster movie, senza mai risultare banale o ripetitivo. La componente caricaturale, inoltre, piuttosto che accidentale è volontariamente enfatizzata, dando vita ad una serie di cliché che possono apparire scontati ma che, in verità, evidenziano l’importanza del grottesco, parte costituente dell’intera opera in particolar modo nella sua bizzarra conclusione.

Non si tratta certamente del lavoro migliore del regista spagnolo, eppure la sua capacità di dirigere le figure femminili si conferma eccellente. Caratterizzata da un’evidente ispirazione argentiana, la Lucía di Venus si muove in un’atmosfera soffocante, a metà tra gli incubi provocati dal demone e l’opprimente realtà della vita quotidiana che la giovane deve costantemente affrontare.

Per lei l’edificio assume una chiara, seppur paradossale, ambivalenza: è una prigione, che limita la sua “voglia di ballare” imponendole una staticità obbligatoria attraverso la paura; ma è anche una zona sicura, un solido riparo per sfuggire ai demoni che l’attendono all’esterno, pronti a sfruttarla e gettarla via come spazzatura. Nonostante la presenza incombente di creature sovrannaturali e catastrofi cosmiche, per gli oppressi è dunque la società stessa a rappresentare la minaccia più terrificante, il vero incubo della vita reale.

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Con questo film Balagueró compie il suo trionfante ritorno dopo la tiepida accoglienza riservata ai suoi precedenti lavori. Si tratta di un'opera ricca di elementi, di citazioni, che riesce a spaventare, disgustare, e allo stesso tempo divertire lo spettatore in modo eccellente. Nonostante una prima parte abbastanza lenta e una caratterizzazione generale dei personaggi piuttosto superficiale, la pellicola risulta sempre godibile e coinvolgente per tutta la sua durata, grazie anche a una componente grottesca e splatter abbastanza innovativa per il cinema del regista spagnolo.

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