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JUNG_E, Recensione – L'”Io, Robot” sudcoreano di Netflix

di Emidio Sciamanna

Pubblicato il 2023-01-25

Uscito su Netflix lo scorso 22 gennaio, JUNG_E è il nuovo film del regista coreano Yeon Sang-ho, già regista del popolare Train to Busan.

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Uscito su Netflix lo scorso 22 gennaio, JUNG_E è il nuovo film del regista coreano Yeon Sang-ho, già regista della serie Hellbound e di uno degli zombie movie più riusciti degli ultimi vent’anni, il popolare Train to Busan (2016). Protagonista indiscussa del film l’attrice Kang Soo-yeon, tragicamente scomparsa a causa di un’emorragia cerebrale dopo appena pochi mesi dal termine delle riprese.

JUNG_E è un film di fantascienza, ambientato in un futuro distopico nemmeno troppo lontano dal nostro attuale presente. L’intento principale della pellicola è quello di indagare la complessa relazione che lega indissolubilmente l’uomo alla tecnologia – in particolare la creazione di esseri sintetici – secondo un processo che si pone a metà tra la clonazione e la robotica avanzata, con tutte le problematiche etiche e morali che ciò potrebbe comportare. Il risultato è un affascinante connubio tra la caccia ai replicanti di Blade Runner e la lotta contro le macchine ribelli dell’Io, Robot asimoviano, con una realtà fantascientifica che pare fondersi in più di un’occasione con una simulazione virtuale.

JUNG_E

Un futuro dominato dai “replicanti”

Anno 2135. Il pianeta Terra ha raggiunto il definitivo collasso climatico, spingendo gran parte dell’umanità a trasferirsi all’interno di alcuni satelliti costruiti tra l’orbita terrestre e la Luna. Dopo poco tempo, tuttavia, alcuni di questi nuovi “stati” hanno proclamato la propria indipendenza nominandosi Repubblica Adriana, dichiarando conseguentemente guerra ai restanti satelliti. Si tratta dell’inizio di una lunga e sanguinosa serie di conflitti, durante i quali un soldato in particolare si erge al di sopra degli altri grazie alle sue gesta: è la coraggiosa Yun Jung-yi, acclamata dal popolo come una vera e propria eroina.

Irrimediabilmente ferita durante un’importante missione, viene inserita in un programma di conservazione del cervello, in cui i suoi ricordi e la sua personalità vengono preservati dalla Kronoid, divisione scientifica dell’esercito alleato, affinché il suo corpo possa essere ricreato sinteticamente per tornare a combattere. Dopo molti anni, la figlia di Jung-yi, Yun Seo-hyun, è a capo dell’operazione incaricata di ricreare il soldato perfetto, JUNG_E, tramite l’utilizzo della memoria di sua madre.

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JUNG_E, tra l’etica e il progresso

Paradossalmente la componente action, pur presente in gran parte del film, passa in secondo piano rispetto a un’approfondita analisi che intercorre tra l’utilizzo di una tecnologia sempre più avanzata e il dramma morale che ne consegue.

Niente più malattie mortali, niente più tragedie causate dalle guerre o da catastrofi naturali: la possibilità di preservare la propria coscienza e inserirla in un clone sintetico facilmente ricreabile è la soluzione per ottenere l’immortalità, l’eterna giovinezza. Eppure, in un mondo in cui la spaccatura tra ricchi e poveri è diventata insanabile, solo pochi eletti possono permettersi le spese necessarie per eseguire l’operazione; tutti gli altri, per evitare di morire ed essere dimenticati, sono costretti a donare il proprio corpo alla scienza, permettendo quindi alla società, corrotta dal capitalismo e alla costante ricerca di guadagno, di sfruttarne liberamente l’immagine e il ricordo.

JUNG_E

Una realtà videoludica

JUNG_E è un’opera che lavora per sottrazione, concentrandosi sul rapporto madre-figlia e sul dilemma etico introdotto dalla clonazione di esseri umani artificiali, riducendo quindi le mirabolanti battaglie spaziali a un semplice pretesto, quasi un’immagine residua che aleggia sullo sfondo di un mondo virtuale. Il tentativo è proprio quello di restituire un’atmosfera surreale, quasi videoludica, grazie a un utilizzo smodato e ingombrante della CGI (computer-generated imagery), che trasforma persino i personaggi della vicenda in automi piatti, superficiali, privi di qualsiasi emozione o empatia verso il prossimo.

Se tutto è enfatizzato dalla metodicità e dalla freddezza dei cloni robotici, l’unica eccezione è rappresentata dalla protagonista Seo-hyun, la quale mantiene un barlume di umanità all’interno di un mondo asettico e allo stesso tempo pragmatico e opportunista. Il lavoro della compianta Kang Soo-yeon si esprime e si sviluppa interiormente, lasciando trasparire solo grande dolore e rassegnazione nei confronti di una società verso la quale non nutre più alcuna speranza.

In questo senso il finale è risolutivo: JUNG_E raggiunge finalmente quella libertà tanto desiderata dalla figlia Seo-hyun – prima bloccata dalla malattia e in seguito dal senso di colpa nei confronti della madre – con una fuga verso un mondo libero da ogni controllo, esattamente come il Jake Gyllenhaal di Source Code (2011). Un ritorno alla natura selvaggia che si conclude così, con un’imperscrutabile sguardo verso l’orizzonte infinito, come il viandante sul mare di nebbia dipinto da Caspar David Friedrich.

6.5

JUNG_E è un prodotto che sfrutta l'etichetta sci-fi per raccontare un intenso dramma personale e morale, lasciando volontariamente sullo sfondo la componente action, pur largamente presente per gran parte della pellicola. La grande prova recitativa dell'attrice Kang Soo-yeon, scomparsa di recente, è ancor più enfatizzata dalla caratterizzazione volutamente superficiale e asettica dei personaggi comprimari, per la maggior parte esseri sintetici privi di qualsivoglia empatia verso il prossimo. Non è il classico film di fantascienza, ma un miscuglio di elementi futuristici e situazioni del dramma da camera, che tuttavia riesce solo parzialmente nel suo intento di coinvolgere emotivamente lo spettatore, schermato da una sceneggiatura troppo debole e in parte prevedibile.

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