logo

Assassinio a Venezia, Recensione: il giallo che non ti aspetti

di Francesco Schinea

Pubblicato il 2023-09-12

Assassinio a Venezia segna il ritorno del detective Poirot in un giallo diverso dal solito.

article-post

Terzo film della saga. Terzo tentativo per Kenneth Branagh nel doppio ruolo di regista e attore protagonista. Dopo Assassinio sull’Orient Express ed il disastroso Assassinio sul Nilo, spetta ad Assassinio a Venezia il compito di risollevare le sorti del detective Hercule Poirot.

Il film, in sala dal 14 settembre, è un adattamento del libro Poirot e la strage degli innocenti di Agatha Christie. A differenza dei primi due capitoli della saga, sono numerosi i cambiamenti apportati rispetto all’opera originale, a partire dal titolo e dall’ambientazione.

Branagh prende leggermente le distanze sia dal materiale di Agatha Christie che dal genere giallo. Assassinio a Venezia risente, infatti, di forti influenze del genere horror, che a tratti prevalgono sul lato investigativo. Che la saga possa aver trovato così la sua formula vincente?

Un caso spettrale

È la Venezia del secondo dopoguerra a fare da sfondo alla quotidianità di Hercule Poirot. Un detective ormai in pensione, che ha messo da parte una vita di delitti, assassini e indagini. Tutto cambia la notte di Halloween.

Quella notte, la cantante lirica Rowena Drake (Kelly Reilly) avrebbe ospitato, presso il suo palazzo spettrale, una seduta spiritica tenuta dalla sensitiva Mrs Reynolds (Michelle Yeoh).

Ariadne Oliver (Tina Fey), amica di Poirot e celebre scrittrice di gialli, invita il detective a prendere parte alla seduta. Lo scopo? Dimostrarne l’infondatezza. Ma come sempre, il crimine è dietro l’angolo. Un omicidio sconvolge i piani di Poirot, che ancora una volta si ritrova ad investigare su un delitto in grado di mettere a dura prova la sua visione razionale del mondo.

Fede e razionalità

Ed è in una di queste abitazioni che si sviluppa quasi interamente Assassinio a Venezia. Un ambiente chiuso, all’interno del quale facciamo la conoscenza di nuovi personaggi, tra i quali si nasconde un assassino. Fin qui niente di nuovo, si ripete lo schema classico dei primi due film. In questo caso però il luogo è in tutti i sensi parte integrante della storia e delle indagini. Si avverte un senso di claustrofobia che travolge lo stesso Poirot, mai apparso così in difficoltà (almeno fino ad un certo punto).

I colori caldi del Nilo lasciano il posto a quelli freddi di Venezia. Una città spettrale, travolta da una tempesta incessante e dalle leggende. Quelle sui fantasmi, che infestano vecchi palazzi (non) abbandonati.

Come detto, infatti, il suo modus operandi, la sua visione logica e razionale, viene messo in dubbio. E se esistesse davvero un’anima? Qualcosa che va oltre la morte, quella che Poirot ha visto così tante volte da vicino. Lui che più di qualunque sensitivo ha fatto da tramite fra defunti e vivi. Un messaggero capace di dar voce e fare giustizia a chi non c’è più. Ma che ha anche perso la fede. Troppa oscurità nel mondo per poter credere nell’esistenza di un Dio o in una vita oltre la morte. Solo un caso sovrannaturale e terrificante come quello veneziano è capace di farlo riflettere sulla realtà.

La vendetta è al centro del primo film, la passione del secondo, mentre la fede è il nucleo tematico di questo nuovo capitolo. Quello concettualmente più interessante da trattare per una figura enigmatica come quella di Poirot. Purtroppo però il film non si spinge abbastanza oltre e ne vediamo solo la punta dell’iceberg.

Assassinio a Venezia

Giallo o horror?

Di Assassinio a Venezia premiamo l’intenzione. Dopo i due flop precedenti era giusto provare a cambiare. Mescolare giallo e horror poteva essere la soluzione migliore possibile, peccato che il risultato finale sia un film che non eccelle né sul lato investigativo né su quello dell’orrore.

A tratti l’idea del film gotico funziona, i toni sono ottimi per il delitto da mettere in scena. Ma non è in grado di trasmettere la minima emozione. Senza l’impianto sonoro del cinema, la resa delle scene più spaventose, se così vogliamo definirle, sarebbe probabilmente nulla. Il lato horror si avverte più da un punto di vista stilistico che nella volontà di terrorizzare lo spettatore. Quindi sì, stiamo parlando di un giallo ben diverso dal solito e che in alcune fasi soccombe alla atmosfere cupe e spettrali da casa infestata, ma non presentatevi in sala con l’idea di guardare un film horror. 

Per il resto rimane in tutto e per tutto un giallo. Che si risolve però con una banalità disarmante, sia per la risoluzione finale, che ad eccezione di qualche dettaglio non risulta particolarmente imprevedibile, ma soprattutto per il tempismo. Quando la storia sembra farsi più interessante ed il ritmo si alza, ecco il solito spiegone di Poirot, che sembra una liberazione tanto per il detective quanto per lo spettatore.

Assassinio a Venezia

Cosa si salva di Assassinio a Venezia?

Gli aspetti tecnici sono quelli che colpiscono maggiormente. Niente di clamoroso, ma la regia di Kenneth Branagh appare più ispirata del solito, con qualche spunto interessante. Meno la fotografia, che punta perlopiù sull’apparenza ma è comunque apprezzabile per questo tipo di film.

Se non altro, Assassinio a Venezia é un passo avanti ad Assassinio sul Nilo sotto tutti i punti di vista. Primo fra tutti, la scelta di fare meno affidamento sulla CGI e dare un’estetica ben precisa alla pellicola. La scenografia è ben curata nello spaziare fra gli ambienti veneziani e concentrarsi ovviamente sul palazzo infestato.

Assassinio a Venezia

Per quanto riguarda il cast di supporto, meno star power attorno a Branagh ma diversi nomi ben assemblati fra loro. In primis l’attrice premio Oscar Michelle Yeoh (Everything Everywhere All At Once), ma anche Camille Cottin, Riccardo Scamarcio, Kelly Reilly e Tina Fay. Branagh ha voluto coinvolgere inoltre i protagonisti del suo Belfast, Jamie Dornan e Jude Hill. I due interpretano ancora una volta padre e figlio, e sono anche gli unici personaggi ad avere un briciolo di approfondimento psicologico.

Le forzature non mancano, tuttavia, neppure nella gestione e nei rapporti fra i personaggi. Tante decisioni narrative che lasciano qualche dubbio. Nel complesso, dunque, fin troppi difetti sul quale diventa difficile chiudere un occhio.

Possiamo però scommettere che Assassinio a Venezia raccoglierà diversi consensi fra gli spettatori. Un film che riesce nonostante tutto ad intrattenere, ideale per prepararsi al prossimo Halloween. Assassinio a Venezia è totalmente scollegato dagli altri capitoli della saga, resta dunque apprezzabile anche senza aver visto i due film precedenti. In attesa di scoprire se Branagh avrà un’altra occasione di adattare sul grande schermo le storie di Poirot.

5.5
Kenneth Branagh sperimenta con il genere horror nella terza avventura di Hercule Poirot sul grande schermo. Il risultato è Assassinio a Venezia, un film che non riesce ad eccellere né nell’aspetto investigativo che in quello horror. Un tentativo riuscito a metà. Bene l’idea di partenza e la cura estetica, ma troppi difetti e forzature a danneggiare il film. Resta un netto passo avanti rispetto ad Assassinio sul Nilo.

Seguici anche su:

Iscriviti alla Newsletter

Seguici su Google News

Potrebbe interessarti anche