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Barbie è davvero un film “sessista”?

di Martina Bellantuono

Pubblicato il 2023-07-24

“Lei può essere tutto ciò che vuole. Lui è solo Ken”. Barbie è davvero un insulto per gli uomini?

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Barbie, già prima di debuttare nelle sale cinematografiche, aveva ampiamente fatto parlare di sé. Grazie ad una promozione fortemente rosa e con l’effetto Barbenheimer è scattata una vera e propria Barbie-mania. A confermare questo fenomeno sono i numeri da capogiro al botteghino. In un solo weekend tinge di rosa tutti i cinema (superando i film Marvel): miglior debutto dell’anno e miglior incasso nella prima settimana per una pellicola diretta da una donna. 337 milioni di dollari a pochi giorni dalla sua uscita.

Il film sulla bambola più famosa del mondo, diretto da Greta Gerwig è una sorta di trasposizione cinematografica del manifesto femminista. Un urlo, quello della regista, di girl power. La Gerwig racconta del mondo di Barbieland perfetto in quanto governato dalle donne, in contrapposizione alla realtà decadente e lacerata poiché infettata dalla presenza maschile. Il mondo reale vede gli uomini al potere, quegli stessi uomini che a Barbieland esistono solo in funzione delle Barbie. Solo uomini sulle banconote, direttori maschi per Mattel, un mondo contaminato dalla virilità tossica. In questa lotta di gender sono le donne a vincere. Alcuni hanno addirittura visto il film come un insulto al genere maschile. Ma Barbie è davvero un film sessista? Scopriamolo insieme.

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Barbie e l’utopia di Barbieland

Sulla locandina del film appare la scritta: “Lei può essere tutto ciò che vuole. Lui è solo Ken”. Sì, perché a Barbieland tutto funziona al contrario, un universo parallelo al nostro dove le donne possono tutto e gli uomini esistono solo in funzione loro. Barbie-stereotipo (Margot Robbie) è circondata da Barbie-Presidentessa o da Barbie-Premio Nobel, Ken (Ryan Gosling) è accompagnato solo da… altri Ken. Il suo ruolo è “spiaggiare”. Le sue giornate hanno un senso solo se parla con Barbie e sono scandite dagli sguardi che Barbie gli rivolge. Barbieland funziona così. La Gerwig ce lo dipinge come un mondo utopico e perfetto poiché retto da sole figure femminili. 

Quando i protagonisti vengono catapultati nel mondo reale avviene un cambio di rotta. Se Ken all’inizio addirittura chiede a Barbie di potersi allontanare senza di lei, dopo rimane stupito dal fatto che una donna gli chieda l’orario. Si accorge di essere anche lui oggetto degli sguardi delle persone, nota che i presidenti americani sono stati tutti uomini e il potere è nelle loro mani. In poche parole Ken scopre il patriarcato. Allo stesso modo Barbie rimane interdetta alla vista dell’oggettificazione femminile nella nostra società, sconvolta dall’assenza di presidentesse nell’azienda Mattel.

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Barbie: “sessista” verso gli uomini o verso le donne?

Il mondo reale, descritto da Greta Gerwig e filtrato attraverso il suo sguardo femminile, è un mondo triste poiché le donne non hanno lo spazio che meritano. L’opposizione tra Barbieland e la nostra realtà è evidente in quanto estremizzata. L’obiettivo della Gerwig è infatti quello di denunciare il maschilismo radicato nella nostra società attuale promuovendo una rivoluzione matriarcale. Nel tentativo di scagliarsi contro il sessismo del nostro mondo, che tende a vantaggio degli uomini, la pellicola diventa responsabile del movimento inverso. Da un maschilismo nocivo si approda paradossalmente ad un femminismo altrettanto tossico, costruendo una società ugualmente sessista, però questa volta nei confronti degli uomini.

La scoperta del patriarcato

Quando il patriarcato contamina Barbieland il declino è prossimo. Barbieland si trasforma in Kendom, una succursale del mondo reale in cui le Barbie diventano oggetto e/o decorazione. Ma i Ken non riusciranno mai a raggiungere il livello delle Barbie. Per esemplificare la loro inferiorità, quando avviene la trasformazione in Kendom, il monte Rushmore non ha più quattro volti femminili. Con l’avvento del patriarcato dovrebbero essere sostituiti da quattro volti maschili, invece, ci sono dei cavalli, simbolo della basilare mascolinità.

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I am KENough

Greta Gerwig con le sue mani rosa cerca continuamente di sottolineare l’incapacità maschile, d’altronde c’è Ken solo se c’è anche Barbie. Sul finale però viene data una possibilità anche ai Ken. Dopo una performance a suon di “I’m just Ken” e non senza aver fatto prima indossare a Ryan Gosling una maglia con la scritta “I am KENough” arriva un breve momento di emancipazione per gli uomini (sì, in questo universo sono finalmente gli uomini a doversi emancipare). Barbie dice a Ken di dover capire la sua strada senza di lei. Non c’è più Barbie & Ken ma c’è Barbie e c’è Ken.

Quindi sì, Barbie (qui potete leggere la nostra recensione) è un film talmente femminista da essere addirittura “sessista” nei confronti degli uomini. Gerwig, a nome di tutte le registe, si prende la sua rivincita. Forse il tutto è estremizzato (sia a Barbieland che nel mondo reale) e forse qualcuno potrebbe anche sentirsi ferito nel suo orgoglio, ma in fondo se Barbie non ha più bisogno di Ken, nel mondo reale Greta Gerwig e il marito Noah Baumbach si completano ancora.

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