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Cip e Ciop Agenti Speciali, Recensione – Il viaggio nella storia dell’animazione

di Christian Sensi

Pubblicato il 2022-05-23

Il ritorno metacinematografico di Cip e Ciop

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Disney è senza ombra di dubbio uno degli imperi mediatici più grandi e potenti della storia. Può vantare dalla sua non solo quello che complessivamente è il brand di maggior successo del medium cinematografico (ci stiamo ovviamente riferendo all’MCU), ma anche IP storiche, quali Star Wars, e uno dei personaggi più riconoscibili e iconici dell’intero pianeta, quel Topolino di cui ne è anche il simbolo. Non dobbiamo tuttavia mai scordarci che la compagnia fondata da Walt e Roy Disney nel 1923 nasce come studio d’animazione, che da allora, sforna ininterrottamente film e serie d’animazione che sono sempre riusciti a lasciare il segno per un motivo o per l’altro.
La sua quasi centenaria vita, le ha quindi permesso di contribuire da protagonista, o assistere da spettatore privilegiato, all’evoluzione e mutamento del mezzo di cui è senza ombra di dubbio uno (se non il) dei più autorevoli esponenti.
Cip e Ciop Agenti Speciali, distribuito esclusivamente su Disney Plus, già dal suo annuncio, è parso voler essere un momento di riflessione e autoriflessione complessivo.

La curiosità si è sempre mantenuta su buoni livelli (nonostante il marketing contenuto), ma non pochi erano anche i dubbi, in particolare relativamente ad una formula d’ibridazione tecnica che, fatto salvo Chi ha incastrato Roger Rabbit e l’originale Space Jam, non ebbe poi negli anni successivi grande fortuna.
Scopriamo se si tratta di una fine riflessione metacinematografica, o un mero compendio per nostalgici.

Non ci serve un reboot


Quel che fa sorgere la domanda è proprio la scelta dei protagonisti per un’operazione di questo tipo. Cip e Ciop infatti, nonostante siano personaggi molto amati, e abbiano goduto di recente di una nuova serie a loro dedicata, non sono certamente fra i più iconici (per quanto riconoscibili), in particolare per gli spettatori più giovani, avendo fatto fortuna essenzialmente negli anni ’90 con l’omonima serie da cui il progetto prende il nome. Il pretesto narrativo parte proprio da questo assunto. Cip e Ciop sono infatti due ex-star che, in un mondo dove personaggi animati e reali convivono quotidianamente, fecero la fortuna proprio negli ’90 con la serie Cip e Ciop Agenti Speciali. Sfortunatamente, a causa di un diverbio e le logiche usa e getta dello show business, i due si separano. Nel presente Cip lavora come agente presso un’assicurazione attanagliato dalla solitudine, mentre Ciop, nel tentativo di rivitalizzare la sua carriera e rimanere ancorato allo star system, esegue un intervento di chirurgia plastica diventando di CGI. La scomparsa di un vecchio amico e collega per opera di un’organizzazione criminale, li riunirà nel tentativo di salvarlo.


L’intento è platealmente e dichiaratamente di pura metacinematografia, una riflessione non solo sull’evoluzione dell’animazione, ma anche più in generale sulle attuali tendenze dell’industria cinematografica, tanto che vengono più volte tirati in ballo reboot fuori tempo massimo, requel dalla dubbia credibilità, crossover al limiti del surrealismo, mockbuster e sequel apocrifi. Non mancano infatti parodie e rimandi piuttosto espliciti a pellicole realmente esistenti. Il tutto è condito da inquantificabili camei e citazioni di personaggi più o meno noti facenti parte dell’intero universo Disney, comprendendo non solo i classici, ma l’intera gamma di proprietà intellettuali che lo compongono. Se di primo impatto sembrano esserci quindi tutti gli ingredienti per la riuscita di questo tipo di operazione, potendo ambire ad un impatto paragonabile a quello che ebbe il già citato Chi ha incastrato Roger Rabbit all’epoca, il risultato può dirsi riuscito solo a metà.


In realtà i sintomi delle ambizioni ben più contenute erano già ravvisabili prima dell’uscita, primo su tutti un marketing più contenuto a quello a cui siamo stati abituati dalla casa. In secondo luogo anche la scelta dei protagonisti per il progetto, che non consentono un impatto mediatico al pari di quello che avrebbe potuto avere adottando come perno una figura come Topolino o Paperino, che trascendono la mera rappresentanza dell’azienda a cui appartengono, essendo veri e propri ambasciatori dell’animazione. La sintomatologia conferma la criticità principale che emerge, cioè una generale mancanza di coraggio, ravvisabile in diversi aspetti, che spazia dalla componente tecnica a quella narrativa.

La natura metacinematografica rende la tecnica mista non solo una mera scelta stilistica, ma elemento fondante dell’intera infrastruttura. In tal senso lascia quindi un po’ spiazzati la decisione estetica per i personaggi concettualmente in tecnica tradizionale, di renderli non in un 2D puro, ma in una tecnica che la emula. La problematica non è da ravvisarsi in un mero feticismo per il vintage, ma di un’incoerenza concettuale. Cip e Ciop Agenti Speciali gioca infatti sulla contrapposizione fra il vecchio e nuovo modo di fare animazione, mentre di fatto ci si trova con due tecniche sì differenti, ma pur sempre moderne; con la forza di prendersi un maggiore rischio, e proporre un Cip con una reale animazione tradizionale e lo stile dell’epoca, la forza rappresentativa sarebbe stata più efficace, oltre che più in linea con la natura stessa dell’operazione.

In ogni caso ci teniamo a precisare che questa non significa che la dinamica non funzioni in toto, anzi, diverte e dà il via a scene e battute esilaranti. Stesso dicasi per i momenti in cui sono presenti anche altre tecniche d’animazione, come la Clay Animation, che ha fatto la fortuna di studi quali la Aardman Animations (Wallace e Gromit) e quella pessima, quanto inquietante, CGI tendente al realistico in voga nei primi anni 2000.
I momenti e le gag dove si gioca su questi elementi sono le migliori della pellicola, che riescono a sfruttarne le peculiarietà per dare vita a dinamiche molto stimolanti.
Stesso dicasi per quando vengono tirate in ballo le logiche produttive e di marketing dell’industria cinematografica moderna, non solo quella mainstream, ma anche quella destinata al mercato home-video o che addirittura viaggia sul filo del rispetto dei diritti d’autore. Questi elementi hanno il pregio di essere motore portante della narrazione, con un villain riuscito che ne è l’esemplificazione.

Cip e Ciop Agenti Speciali

Meta a metà


Purtroppo la trama nuda e cruda risulta piuttosto piatta, che funziona solo nel momento in cui va a interagire con la natura meta del film, presentando uno sviluppo dei personaggi e l’evoluzione dei loro rapporti prevedibili e privi di reali guizzi. Vorrebbe anche qui giocare con stilemi e cliché del genere thriller poliziesco, ma riuscendoci solo per quanto concerne la componente comica. Gli umani sono quasi tutti delle mere comparse senza arte né parte, e l’unica ad aver un ruolo rilevante nella storia, risulta piatta e monodimensionale, e attorno alla quale ruota un colpo di scena ormai fin troppo abusato.
La comicità in linea generale funziona, priva di puerilità eccessiva, ed è godibile sia da adulti che bambini, nonostante quest’ultimi potrebbero rimanere spiazzati da una tipologia di gag differenti dal classico prodotto Disney animato, con una componente splapstick ridotta (comunque presente e ben proposta) rispetto a quella tipica delle puntate della serie animata di Cip e Ciop (sia quella recente, che quella più datata).


Quello che non funziona nella sua interezza, paradossalmente, è proprio la natura più squisitamente metacinematografica. Questa è infatti in funzione dell’elemento comico, dimenticandosi quello di autoriflessione che invece dovrebbe ontologicamente avere. I camei e citazioni si susseguono senza soluzione di continuità con un ritmo tale da risultare talvolta stucchevoli. Spesso sembra siano inseriti solo per puro farnservice, titillando il lato nostalgico e il bimbo interiore. Rimane comunque interessante vedere un catalogo così variegato di personaggi alle prese con luci e ombre dello show business.
Il mondo risulta vivo e pulsante, mantenendo costantemente vivo l’interesse dello spettatore, in particolare nello scoprire la vita dei beniamini della sua infanzia post-carriera. Purtroppo però, squarciando la patina e scavando nel profondo, ci si rende conto di come manchi una vera analisi delle dinamiche attuali e delle forze motrici che hanno contributo al mutamente del medium. Anche in questo caso emerge la mancanza di coraggio di Disney, e perfino un po’ di ruffianeria nel non tirare in ballo proprietà intellettuali centrali nell’attuale strategia della casa di Topolino, quali Star Wars e soprattutto la Marvel cinematografica (presentando invece storiche saghe live-action sulle quali poter scherzare senza rischi), non riservando però gli stessi guanti bianchi alla concorrenza.

Tecnica mista mon amour


La tecnica mista è senza ombra di dubbio uno degli elementi di maggiore interesse di Cip e Ciop Agenti Speciali, sia per il fascino intrinseco, sia per il disuso contemporaneo. In tal senso possiamo dirci tendenzialmente soddisfatti. Quel che colpisce di più è di come tutte le tecniche adottate si amalgamino fra loro e interagiscano senza evidenti forzature vistose. Qualche incertezza emerge di tanto in tanto ad un occhio attento ed allenato, ma nulla che ne infici la godibilità globale o che faccia storcere troppo il naso. Così come per concerne la comicità, la natura metacinematografica viene sfruttata per delle ottime trovate visive.


La più che buona regia riesce a valorizzare sia i momenti più riflessivi e descrittivi, sia in quelle più movimentati e ricche di effetti visivi vari e dalla gestione non così scontata.
La colonna sonora è piuttosto piacevole, pur non presentando particolari picchi, risultando comunque coerente con lo spirito del film.
Non possiamo però non evidenziare un doppiaggio in lingua italiana a dir poco altalenante, a partire da Cip e Ciop, doppiati rispettivamente da Raoul Bova e Giampaolo Morelli, piatti, monocorde e non credibili.

7.5

Cip e Cip Agenti Speciali sconta una generale mancanza di coraggio, comprimendo la potenza della natura metacinematografica e dividendola in due anime: una comica che risulta pienamente riuscita, e una autoriflessiva piuttosto manchevole. Rimane comunque una pellicola piacevole e divertente, che presenta delle trovate comiche e visive geniali, e ci auguriamo che ridia vitalità a progetti di questo tipo, di cui si sente pesantemente la mancanza. Una venta di freschezza di cui si percepiva il bisogno, ma che avrebbe potuto essere qualcosa in più con una maggior propensione al rischio.

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