White Noise, Recensione – Un’apocalisse famigliare
White Noise con Adam Driver e Greta Gerwig è ora disponibile su Netflix. Un racconto stravagante, satirico e folle.
White Noise, film d’apertura della 79ª edizione del Festival di Venezia, è da poco approdato anche su Netflix. La nuova pellicola con Adam Driver e Greta Gerwig è diretta dal compagno di quest’ultima, Noah Baumbach, che, dopo il pluripremiato Storia di un matrimonio (2019), continua ad alzare l’asticella proponendoci un affresco sempre attuale dell’America degli anni ’80, in chiave bizzarra e talvolta indecifrabile. Forse proprio questa sua stravaganza non è stata compresa dagli spettatori, come dimostrano le percentuali di Rotten Tomatoes; ma anche la critica, sin dal Lido, non ha avuto troppa pietà, stroncando di fatto il film.
L’ambizione di Noah Baumbach è stata quella di realizzare una trasposizione cinematografica del romanzo del 1985 di Don DeLillo, Rumore Bianco, che gli valse il National Book Award. Il libro di DeLillo offre una critica dell’America postmoderna e apocalittica con un’analisi ironica e amara nello stesso tempo. Opera sui generis che ha messo alla prova il regista. Il risultato è un complesso pastiche di generi: commedia, disaster movie, satira, horror… C’è un po’ di tutto in White Noise, dall’ossessione per la morte alle crisi famigliari, dalle nubi tossiche agli scaffali lindi del supermercato, passando per Hitler e Elvis. Una sfida che Baumbach ha colto a braccia aperte: sarà dunque riuscito a superarla?
White Noise: cataclismi climatici e famigliari
White Noise è diviso in tre capitoli o atti: Onde e radiazioni, L’evento tossico aereo e Dylarama. Al centro una famiglia capitanata da Jack Gladney (Adam Driver), professore universitario esperto in nazismo avanzato, e Babette (Greta Gerwig), maestra di ginnastica posturale, entrambi al loro quarto matrimonio e con i rispettivi figli di varie età.
Le loro esistenze, non certo tranquille, sono sconvolte da un’ “ondeggiante nuvola nera” che li obbliga a fuggire dall’abitazione. Intanto i frequenti vuoti di memoria di Babette degenerano a causa di una pillola, non in commercio e sconosciuta, il Dylar. Cataclismi ambientali diventano così metafora di catastrofi famigliari. Alla base la paura della morte, morte che forse è solo un rumore monotono e piatto, un rumore bianco.
Attualità e universalità
DeLillo affermava che il suo romanzo parlasse di “vivere in tempi pericolosi” che, in fondo, si manifestavano a ogni nuova generazione. Infatti, ciò che stupisce è sicuramente l’attualità e l’universalità dei temi trattati, nonostante l’ambientazione sia l’America degli anni ’80. Ciò che accade in White Noise è tangibile e così vicino a noi che siamo reduci da una pandemia globale che ha modificato le nostre relazioni, domestiche e non solo. Ma in generale, come rivelato dal regista, la sensazione che si ha è quella che il libro (e di conseguenza il film) “indipendentemente da cosa stesse succedendo nel nostro Paese, sarebbe stato scritto apposta per quello specifico momento”.
Famiglia, vita, morte e... supermercati
Dal regista che in Storia di un matrimonio aveva analizzato le crisi coniugali e le insicurezze di una coppia sull’orlo del divorzio non potevamo che aspettarci un risvolto formativo e domestico anche in White Noise. La famiglia è più volte definita “la culla della disinformazione mondiale”. Ci si concentra sulle difficoltà di coppia e sugli impegni genitoriali. L’incomunicabilità tra i componenti della famiglia diventa un sovraccarico indistinto di parole: tutti straparlano e superano l’altro nei discorsi, rendendosi incomprensibili gli uni agli altri. La facilità di immedesimazione si traduce nei gesti quotidiani, come il recarsi insieme al supermercato. Questo luogo, il prediletto antistress di Baumbach, si carica di spessore divenendo un luogo di transizione tra la vita e la morte.
La morte poi è l’ossessione della pellicola. La maggior parte dei protagonisti ha paura di morire e giunge all’accettazione del dopo-vita soltanto in chiusura, quasi come messaggio di speranza. Famiglia e timore di abbandonare il mondo terreno si intrecciano in alcuni dialoghi: Babette vorrebbe morire prima di Jack, ma Jack non accetterebbe la voragine che sarebbe causata dalla morte della moglie e spera di essere il primo tra i due ad andarsene. Al contempo però non riescono ad accettare il continuo marciare verso la non-esistenza. Babette, nello specifico, dichiara di amare troppo Jack ma di temere la morte più di quanto ami il marito. E così i dialoghi, perfettamente scritti e magistralmente interpretati, sono fonte di continua riflessione.
L'ipnosi di Baumbach
White Noise è stravagante e ipnotico in tutto quello che propone. Il grottesco pullula in quasi ogni sequenza. Una nota di merito è sicuramente il confronto tra Elvis e Hitler, allestito dai personaggi di Driver e Cheadle, che, con un montaggio alternato, si intervalla alla collisione tra il vagone cisterna con sostanze tossiche e il furgone contenente materiali infiammabili. Un consiglio è anche quello di guardare tutti i titoli di coda che appaiono sullo sfondo di una spettacolare e bizzarra sequenza nel supermercato. Tutti fanno la spesa, anche se gli scaffali continuano a rimanere intatti, e si muovono, coreografati geometricamente verso le casse. Altri quadri esilaranti completano questo affresco surrealista e postmoderno che o delude o affascina.
Voto:
7.5
White Noise
Un film ipnotico sui generis che analizza l'America degli '80 soffermandosi sui problemi famigliari e sulla paura della morte. Un pastiche di generi eccentrico che di sicuro non annoia ma a tratti stordisce. Sono numerose le riflessioni che offre proponendo una satira etica. La catastrofe ambientale è una chiave di lettura della catastrofe famigliare.
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