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American Fiction, Recensione: contro ogni stereotipo

di Violeta Fidanza

Pubblicato il 2024-03-04

Pochi giorni fa è approdato in streaming su Prime Video American Fiction. Può essere una delle sorprese agli Oscar?

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Pochi giorni fa è approdato in streaming su Prime Video (incluso nell’abbonamento), senza essere eccessivamente pubblicizzato e quasi a sorpresa, American Fiction.

Si tratta del primo lungometraggio firmato del regista, sceneggiatore, giornalista e produttore televisivo statunitense Cord Jefferson.

Adattamento del romanzo Erasure di Percival Everett il film, uscito nelle sale statunitensi il 15 dicembre 2023, è stato nominato in ben 5 categorie ai prossimi Premi Oscar che si terranno come consuetudine al Dolby Theatre di Los Angeles il 10 marzo 2024, e concorre anche per il premio più ambito della cerimonia, cioè quello per il Miglior film.

In Italia l’opera prima di Jefferson con protagonista Jeffrey Wright non ha trovato distribuzione cinematografica ma è arrivata direttamente in streaming, passando anche ingiustamente inosservata.

Forse tra i 10 titoli contendenti forse è il film meno potente ma è sicuramente una buona opera pregna di elementi interessanti e ben inseriti che porta con sé tra sarcasmo e rabbia non troppo celata un forte messaggio contro gli stereotipi nell’era del politically correct.

La trama di American Fiction: la “rivalsa” di Thelonious 

American Fiction ci racconta la storia di Thelonious Ellison (Jeffrey Wright), noto come “Monk” (il monaco), un professore apparentemente burbero e inflessibile, tuttavia la durezza di Monk, deriva dalla forte consapevolezza che l’uomo ha di se e la conseguente frustrazione che prova dato che non viene riconosciuto il suo valore.

Ma, da cosa nasce la frustrazione che prova il personaggio interpretato da Jeffrey Wright?

Monk è estremamente colto, rigoroso sia con sé stesso che con gli altri, praticamente un vero genio per molteplici aspetti ma nella sua vita e della sua carriera, finisce per essere identificato solamente come uno scrittore e un professore di colore. Trascurando il particolare, della sua etnia non riesce ad emergere per gli aspetti che realmente gli permetterebbero di contraddistinguersi nelle sue professioni.

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Jeffrey Wright in American Fiction

Si, l’uomo è afroamericano ma la sua esperienza personale, la sua essenza d’individuo non si limita ovviamente solo a questo.

Nei suoi lavori, esplora miti, divinità, racconta storie fantasiose ed elaborate anziché concentrarsi esclusivamente su questioni legate ai quartieri poveri o alle disparità di classe. Questi argomenti che non hanno nulla a che fare in realtà con la sua vita, ma pare che quello che ci si aspetta da lui sia esattamente questo.

Gli editori si aspettano, anzi desiderano che partorisca un’opera stereotipata, pregna di storie dure, racconti del “ghetto” e di rivalsa. Narrative che i lettori sono evidentemente ben predisposti ad acquistare, come nel caso della sua “rivale” Sintara Golden ( Issa Rae) che ha raggiunto l’apice del successo grazie a queste tematiche.

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Sterling K. Brown, Jeffrey Wright e Erika Alexander in American Fiction

Tra le tante dolorose delusioni Thelonious viene anche colpito da un lutto improvviso, nel momento stesso in cui rimette piede a Boston, la città dove è cresciuto per un seminario. Conseguentemente scopre anche la malattia della madre Agnes (Leslie Uggams), per prendersi cura di lei c’è bisogno di soldi che attualmente non possiede.

A quel punto esausto dalle circostanze si mette subito a lavoro, cercando di impartire una lezione al mercato e al pubblico grazie alla stesura di un nuovo romanzo firmato con uno pseudonimo.

Firma questo libro fingendo, appunto, di essere una persona che non è nello specifico, un criminale ricercato con un passato traumatico.

Nonostante al nostro protagonista il suo stesso romanzo risulta ridicolo, stereotipato e insensato, il libro cattura l’interesse di molti e balza immediatamente in cima a tutte le classifiche.

Proseguendo con questa falsa però Monk si ritrova immischiato completamente in un equivoco sempre più grande, sempre più assurdo ma anche divertente che con realismo coinvolge e stupisce noi spettatori.

Una dramedy ben strutturata pregna di pura satira

Cord Jefferson con American Fiction compie un lavoro difficile, perché il rischio di cadere in cliché e banalità era dietro l’angolo.

L’opera è ben riuscita, arriva dritta al punto e veicola perfettamente il messaggio del giocare e sfruttare il disagio degli afroamericani sulla scia dell’estremismo recente nei confronti del politicamente corretto.

American Fiction, va detto, non spicca per la ricchezza ne per la presenza di guizzi registici o plot particolarmente intricati, anzi tutt’altro. Ci troviamo davanti ad un’opera stratificata, che si presta a numerose letture ma il cui punto di forza è la semplicità disarmante del racconto e della messa in scena.

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Jeffrey Wright in American Fiction

C’era bisogno di American Fiction, un film che sintetizza ciò che si respira nell’aria in questo periodo storico.

Quest’opera arriva dopo che altri attori e registi hanno gettato le basi nel trattare questa tematica, ma non hanno raggiunto la completezza di Jefferson.

Il film di Jefferson è dichiaratamente una commedia ma ha nel suo interno anche una abbondante dose di malinconia che si avverte in un senso di occasioni mancate e di incompletezza e che si manifesta tramite le fragilità del protagonista che mette a nudo con difficoltà ma delle quali è pienamente consapevole e che prova a colmare facendo ciò che gli altri vorrebbero facesse, anche se odia farlo.

Per questi aspetti, e per la denuncia verso l’eccessiva stereotipizzazione della realtà afroamericana la pellicola possiede nel suo insieme, tra la sceneggiatura e la messa in scena elementi appartenenti a più generi cinematografici ma trova la sua collocazione tra le dramedy.

Il cast inoltre è uno dei suoi punti di forza Jeffrey Wright è una garanzia e ci regala un personaggio memorabile, ma non sono da meno neanche i suoi colleghi: Tracee Ellis Ross (Lisa Ellison), Leslie Uggams meravigliosa nel ruolo della mamma, Sterling K. Brown (Clifford Ellison), Myra Lucretia Taylor (Lorraine), John Ortiz (Arthur), Issa Rae (Sintara Golden) e Adam Brody (Wiley).

American Fiction è un film il cui un impatto sul pubblico è decisamente meno forte rispetto alle altre pellicole rivali uscite nel 2023, di grande popolarità e dalle quali viene un po’ oscurato. Ma anche se non c’è l’effetto wow, si tratta di un film che vale la pena vedere.

7.5
American Fiction è l'opera prima di Cord Jefferson, sceneggiatore e produttore televisivo statunitense ed è sicuramente un'ottimo esordio, candidato in ben 5 categorie ai prossimi Academy Awards. Con un plot semplicissimo ma efficace, veicola un messaggio d'attualità e denuncia sulla tendenza contemporanea del controllare che tutto rientri nel politicamente corretto nonostante poi ci si concentra solo su stereotipi e cliché. La storia di Monk è ricca di sarcasmo e pungente, il protagonista Jeffrey Wright è una garanzia e ci regala un personaggio memorabile dalle mille sfaccettature. Forse tra i 10 titoli contendenti per l'Oscar al Miglior film forse è il meno potente e ha un impatto meno forte sul pubblico, ma è sicuramente una buona opera pregna di elementi interessanti.

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