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Enea, Recensione: L’epopea dell’insoddisfazione di Castellitto

di Violeta Fidanza

Pubblicato il 2024-01-24

Enea, il nuovo film di Pietro Castellitto, ci immerge in una Roma alienante, dove l’insoddisfazione fa da padrona.

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L’11 gennaio è arrivato nelle nostre sale dopo esser stato presentato in concorso all’ottantesima edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia , Enea, il secondo lungometraggio scritto e diretto e interpretato da Pietro Castellitto.

Il giovane attore e regista con Enea destruttura l’archetipo del viaggio dell’eroe per raccontarci e mostrarci una storia dove tutti i personaggi provano rabbia e insoddisfazione, agiscono spinti da queste emozioni che tentano in qualsiasi modo di celare.

La storia di Enea: il desiderio di andare sempre oltre

La pellicola è incentrata su Enea (Pietro Castellitto), il cui nome è evidentemente una scelta non casuale, un ragazzo borghese, di buona famiglia che vive in uno stato di perenne di noia e insoddisfazione.

Pur di vivere la vita al massimo, al limite, azzardando sempre di più finisce in guai seri. Assieme al suo caro amico Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio), che sta conseguendo il brevetto di volo, si impegna nel ruolo di corriere per ingenti quantità di cocaina trasportate via aerea per conto di un narcotrafficante locale.

La trama di Enea si snoda tramite due filoni narrativi: da un lato vediamo, l’attività criminale di due giovani amici svolta nella Roma bene tra feste sfrenate in lussuose ville e viaggi in elicottero, dall’altro lato Castellitto ci mostra un quadro famigliare, il ritratto della famiglia di Enea unita, sì ma in equilibrio precario.

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Sergio Catellitto, Pietro Castellitto e Chiara Noschese in Enea

Il padre interpretato dal noto attore Sergio Castellitto, (il reale padre del regista) è uno psicanalista infantile che non riesce ad esprimere le emozioni negative che prova, nasconde la sua rabbia per poi sfogarla con metodi alternativi in gran segreto.

La madre di Enea invece è una giornalista televisiva e conduce un programma dove l’argomento cardine sono i romanzi e gli scrittori, ma anche lei come tutti i personaggi di questa epopea contemporanea, è inappagata, odia profondamente il suo lavoro e la vita che conduce nonostante non le manchi nulla.

Infine, l’ultimo membro della famiglia è Brenno (Cesare Castellitto, fratello di Pietro), il fratello minore figura che pone spunti di riflessione su i grossi divari generazionali che ci sono al giorno d’oggi. Un ragazzo che alterna comportamenti ribelli tipici dell’adolescenza a una profonda ammirazione, quasi devozione per il fratello maggiore.

Neanche l’amore è reale fonte di salvezza

Il nostro protagonista compare sullo schermo nella maggior parte delle scene con indosso le sue cuffie wireless, elemento che evidenzia quanto Enea sia distaccato, alienato, quanto non riesca a mettere a fuoco, ascoltare e comprendere nell’effettivo la realtà che lo circonda.

Nonostante questa disattenzione continua, riesce a notare una ragazza, a conquistarla e sembra innamorato realmente di lei anche se le mente come fa con tutti.

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Benedetta Porcaroli e Pietro Castellitto in Enea

Ma la ragazza, Eva (Benedetta Porcaoli), è un personaggio poco approfondito che non influisce mai sulle dinamiche messe in moto poiché è un mezzo, uno strumento attraverso il quale Castellitto ci parla dell’amore e della sua totale impotenza in certi casi e contesti. L’amore salva solo si è disposti ad essere salvati e non è il caso di Enea.

Questa disillusione si può notare anche grazie ad una affascinante quanto confusionaria scelta stilistica adottata da Castellitto che nella sua pellicola non ci mostra mai dei baci, un’atto d’amore così puro e genuino non viene mai messo in scena anzi viene oscurato e accompagnato da una forte sonorità, che a suo modo serve anche a scandire gli atti che compongono il film.

L’ambizione di Pietro Castellitto

L’operazione che compie Castellitto attraverso questa storia di criminalità e borghesia narrata in modo non lineare ma di facile interpretazione, è ambiziosa in quanto utilizzando un’ironia sottile e un’estetica surrealista vuole indagare sul disagio generazionale e il bisogno d’appagamento perenne che provano i giovani in un mondo dove sembra che se non vivi la vita a 100 all’ora non sei nessuno.

Con sua seconda opera dopo i Predatori si muove in un territorio sul quale Castellitto segna le tracce della sua crescita e ricerca, è evidente che a livello registico abbi acquisito maturità e che gli piaccia sperimentare seppur barcollando e finendo a volte fuori strada.

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Pietro Castellitto e Giorgio Quarzo Guarascio in Enea

Il tentativo di denuncia del giovane regista seppur degno di nota, non funziona a pieno, non convince al cento per cento, le scelte registiche e la fotografia curata da Radek Ładczuk evidenziano il concetto alla base della storia narrata, la borghesia impomatata, le feste sfarzose, Roma sullo sfondo un po’ far west un po’ Vietnam. Ma in alcuni momenti ciò che vediamo sullo schermo risulta stucchevole, esagerato, sarebbe bastato sottrarre qualche elemento, eliminare alcuni espedienti visivi per non confondere il pubblico.

Le interpretazioni degli attori sono convincenti, in particolare, escluso Sergio Castellitto le cui capacità attoriali sono riconosciute e indiscusse, è degno di nota il lavoro svolto da Giorgio Quarzo Guarascio, conosciuto come cantautore con lo pseudonimo di Tutti Fenomeni che nel ruolo di Valentino spicca e coinvolge e quello Matteo Branciamore che ritorna sulle scene interpretando un personaggio inedito nella sua carriera.

6.5
Enea è la seconda pellicola scritta, diretta e interpretata da Pietro Castellitto. La storia che ci racconta è quella di Enea un antieroe contemporaneo, borghese distaccato dalla realtà, alienato dall'insoddisfazione e dalla noia che cerca di celare in qualsiasi modo. Con il suo caro amico Valentino per colmare quel vuoto infatti, si espone a grossi rischi spacciando per conto di un narcotrafficante a feste e club. Castellitto attraverso Enea, Valentino e gli altri personaggi tutti accumunati dallo stesso senso di insoddisfazione mette in luce l'ipocrisia borghese e il comune senso di vuoto generazione ma non riesce a pieno nell'intento confondendo spesso lo spettatore e perdendosi in virtuosismi registici ed estetici eccessivi ed evitabili.

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