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Gamescom 2019: intervista ad AESVI

di Redazione Hynerd.it

Pubblicato il 2019-09-03

Gamescom 2019, l’appuntamento internazionale tra i più interessanti e attesi dall’industria e dai fan di videogiochi, ha visto ancora una volta – è la quarta – la presenza nell’area business del made in Italy con un vasto padiglione denominato Games in Italy. Frutto della collaborazione tra l’ITA (Italian Trade Agency) del Ministero dello Sviluppo Economico e l’AESVI …

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Gamescom 2019, l’appuntamento internazionale tra i più interessanti e attesi dall’industria e dai fan di videogiochi, ha visto ancora una volta – è la quarta – la presenza nell’area business del made in Italy con un vasto padiglione denominato Games in Italy. Frutto della collaborazione tra l’ITA (Italian Trade Agency) del Ministero dello Sviluppo Economico e l’AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani), conosciuta tra l’altro per essere la promotrice di eventi come Milan Games Week e di Italian Video Game Awards nonché organizzatrice di First Playable e di Games Industry Day, lo stand ha rappresentato certamente una vetrina della nostra imprenditorialità in questo settore dell’intrattenimento, ben 19 sono le aziende partecipanti, e un punto di ascolto qualificato per futuri contatti commerciali. Per saperne di più abbiamo, perciò, chiesto a Giorgio Catania, Developer Relations Manager di AESVI, di tracciare un bilancio di questi tre giorni di fiera e di conoscere cosa ne pensa l’associazione che rappresenta riguardo le problematiche che investono i nostri studi di sviluppo e ad Adriano Bizzoco, Public Affairs Manager di AESVI di esprimere l’orientamento dell’associazione circa alcune questioni non del tutto ancora definite del mondo videoludico, come gli acquisti in-app, OMS-videogiochi, rapporto tra videogiochi violenti e relativi comportamenti. 

Perché di nuovo al gamescom?

«Gamescom è una delle fiere videoludiche più importanti al mondo. Da cinque anni AESVI organizza delle missioni internazionali per permettere agli studi di sviluppo italiani di partecipare all’evento. E tutto questo non sarebbe possibile senza il supporto dell’Agenzia ICE per l’internazionalizzazione delle imprese e del Ministero dello Sviluppo Economico: il loro contributo è fondamentale e ha permesso a tanti sviluppatori italiani di incontrare importanti player internazionali».

Quali studi di sviluppo hanno rappresentato l’Italia? E’ una rappresentanza puramente geografica che copre tutto il territorio nazionale o si rifà anche ad altri criteri?

«Quest’anno ben 19 realtà italiane, provenienti da 7 differenti regioni d’Italia, hanno risposto alla call pubblica indetta dall’Agenzia ICE per partecipare alla collettiva di Gamescom: 34BigThings, Digital Tales, Dynamight Studios, Forge Reply, Ignition Publishing, Indie Construction, IV Productions, Kibou Entertainment, Metis, Milestone, MixedBag, Monogrid, Open Lab, Red Koi Box, Strelka Games, Studio Evil, Tiny Bull Studios, Untold Games e VLG».

Dopo quattro giorni di fiera, quali risultati si sono ottenuti?

«Innanzitutto bisogna notare come quest’anno ci sia stato un importante incremento nel numero di aziende che hanno aderito alla delegazione, che di per sé rappresenta già un notevole traguardo: dai 14 studi presenti nel 2018 si è passati ai 19 del 2019. Un’altra novità è rappresentata dal rinnovamento dello stand, che ha permesso questa maggior adesione. Riguardo invece ai quattro giorni di fiera, quello che si può dire è che tutte le aziende presenti hanno partecipato a una gran quantità di incontri, rafforzando i rapporti con i player internazionali già conosciuti o entrando in contatto con interlocutori nuovi. L’obiettivo di favorire un dialogo tra le aziende italiane e soggetti stranieri – siano essi publisher o finanziatori o giornalisti – è riuscito quindi molto bene».

Qual è la situazione oggi dell’industria italiana dei videogiochi? Secondo i suoi dati, continua il trend positivo oppure è un momento di stagnazione?

«L’industria dei videogiochi in Italia è ancora di dimensioni contenute, ma sta vivendo un periodo di grande fermento. Dai dati dell’ultimo censimento, che abbiamo rilasciato a inizio anno, abbiamo visto che è in atto una fase di consolidamento. Negli ultimi due anni non c’è stata una crescita particolarmente forte per quanto riguarda il numero di aziende, tuttavia i prodotti che sono stati rilasciati hanno avuto una forte eco a livello internazionale, segno si stanno realizzando prodotti di livello sempre più elevato. E i titoli che sono stati presentati a Gamescom hanno attirato l’interesse di molti e stanno ricevendo una grandissima visibilità, dimostrazione della vitalità dell’industria made in Italy».

E’ cambiata e in che misura, se è cambiata, l’attenzione dello Stato nei confronti di questa componente non trascurabile della nostra economia?

«Come accennato in precedenza, la realizzazione dello Stand Italia è possibile soltanto grazie al forse sostegno dell’Agenzia ICE e del Ministero dello Sviluppo Economico, che da anni supportano l’industria videoludica italiana non solo con l’organizzazione della missione a Gamescom, bensì con l’organizzazione di altri missioni quali GDC e, proprio a partire da quest’anno, il London Games Festival. Sempre quest’anno inoltre l’Agenzia ICE ci ha supportato anche nella realizzazione del primo evento B2B internazionale dedicato al gaming che si è tenuto a Pisa a inizio luglio: First Playable. Ma l’Agenzia ICE e il Ministero dello Sviluppo Economico non sono gli unici che si sono attivati per supportare l’industria: First Playable è stato realizzato insieme alla Toscana Film Commission, nell’ambito del Programma Sensi Contemporanei Toscana per il Cinema. Inoltre ci sono altri enti territoriali che negli ultimi anni stanno supportando gli sviluppatori in vari modi, tra i quali supportandoli nella partecipazioni a eventi internazionali di grande importanza». 

Spesso si dice che ci deve essere collegamento tra il mondo della scuola e quello del lavoro. Esistono istituzioni scolastiche che rilasciano agli studenti titoli di studio specifici per questo comparto occupazionale? Se no, non potrebbe essere una buona occasione per istituirle?

«Attualmente diverse università pubbliche prevedono dei corsi pensati per avvicinare gli studenti al mondo dei videogiochi. Esistono anche varie accademie private nelle principali città d’Italia che formano i ragazzi con l’obiettivo di farli assumere successivamente in uno studio di sviluppo. In rete si trovano tutti i dettagli sui corsi e sulle materie trattate, per chi fosse interessato a iscriversi».

Quale sperimentazione/ innovazione si sta portando avanti in campo videoludico a livello nazionale?

«L’Associazione da anni supporta l’industria con eventi pensati ad hoc, che promuovano il made in Italy nel mondo e permettano la crescita delle varie aziende sotto tanti punti di vista, non solo quello economico. First Playable con il suo programma diviso in tre giorni (coaching, teaching e pitching day) è un ottimo esempio di tutto ciò. Sul fronte dell’industria, gli studi di sviluppo italiani stanno realizzando prodotti sempre più ambiziosi e curati e si stanno confrontando sempre più con player internazionali del settore per accrescere non solo la qualità dei prodotti bensì per godere di una distribuzione più capillare. C’è voglia di sperimentare, si sta vivendo un periodo di crescita e consolidamento, e l’obiettivo finale dei nostri sviluppatori è quello di rivaleggiare con le produzioni internazionali più blasonate e ritagliarsi un posto loro in un mercato internazionali estremamente competitivo».

Perché viene chiesto all’OMS di rivedere la classificazione dei videogiochi?

La richiesta avanzata all’OMS è quella di adottare un approccio più scientifico e rigoroso, rispetto a quanto fatto finora. A supporto della decisione dell’OMS di inserire il “Gaming Disorder” nell’ICD-11, infatti, non sono emersi elementi scientifici univoci, tutt’altro: ci sono molte divisioni all’interno della comunità accademica che suggeriscono la mancanza di un consenso sulla definizione stessa di “Gaming Disorder”. E questa mancanza si riflette anche nella stessa definizione proposta dall’OMS: oltre a essere stata palesemente copiata e incollata dalla definizione di “Gambling Disorder”, è estremamente generica, al punto da poter generare un clima di stigmatizzazione destinato a colpire una moltitudine di giocatori e di comportamenti diversi, assolutamente distanti dal concetto di dipendenza.

Qual è l’atteggiamento dell’AESVI nei confronti delle microtransazioni nei giochi?

Le microtransazioni rappresentano un modello di business adottato da sviluppatori in tutto il mondo da diversi anni, e come tutte le feature che prevedono una spesa, sono rivolte ai soggetti titolari del potere di acquisto che tipicamente coincidono con i titolari degli account sugli store, a cui sono associate delle carte di credito. Parliamo dunque di soggetti maggiorenni. Esiste un problema nel momento in cui un genitore lascia al proprio figlio, minore, uno smartphone e una carta di credito con illimitata capacità di spesa, e questo problema non riguarda il fatto che esista una feature a pagamento in-app, ma il fatto che quel genitore non è consapevole del fatto che i controlli parentali gli consentirebbero di impedire al figlio di effettuare transazioni o di limitarle su base giornaliera/settimanale/mensile. Dunque, c’è un tema di aumento della consapevolezza da parte dei genitori, e su questo fronte siamo costantemente impegnati nel promuovere le migliori pratiche per genitori e giocatori consapevoli.

Cosa ne pensa della critica di Trump sui videogiochi dai contenuti violenti o macabri quali responsabili di indurre “un giovane problematico a circondarsi di una cultura di violenza”?

Il tema torna ciclicamente in auge come già accaduto in passato per altri prodotti dell’industria creativo-culturale (basti pensare alle “crociate” contro fumetti horror, film violenti o musica rock). La mancanza di legami tra l’utilizzo di videogiochi e il presunto aumento di comportamenti violenti nei giocatori è ormai acclarata e dimostrata da diverse ricerche scientifiche, tra cui annoveriamo l’ultimo report della Federal Commission on School Safety, presentato proprio al Presidente degli Stati Uniti in data 18 dicembre 2018. Al capitolo 7 del report, intitolato “Violent Entertainment and Rating Systems”, si nega esplicitamente che i videogiochi possano risultare tra le cause scatenanti delle sparatorie nelle scuole che sono successe negli ultimi tempi negli Stati Uniti. Segnaliamo, in particolare, che ci siano immagini o scene di violenza nel 90% dei film, nel 68% dei videogiochi, nel 60% delle serie tv e nel 15% dei video musicali. Dunque, l’affermazione di Trump appare del tutto infondata e, come spesso accade in questi casi, meramente propagandistica.

I prossimi impegni dell’AESVI?

«Il prossimo appuntamento è Milan Games Week, la manifestazione dei videogiochi più importante in Italia, giunta quest’anno alla nona edizione. L’evento si terrà da venerdì 27 a domenica 29 settembre a Fiera Milano Rho è sarà all’insegna del gaming puro. I visitatori potranno provare tanti videogiochi in anteprima o appena rilasciati, avranno la possibilità di giocare i videogiochi made in Italy e parlare con gli sviluppatori italiani, potranno assistere a numerosi match esports e vedranno tantissimi i cosplayer e potranno fare tanto altro. E dopo Milan Games Week ci saranno tanti altri appuntamenti a cui stiamo già lavorando, tra cui la nuova edizione di First Playable».

Nel 2020 la gamescom si espanderà anche in Asia, per la precisione a Singapore. Pensate di esserci con una vostra rappresentanza?

«Stiamo ancora valutando possibili iniziative legate al territorio e al mercato asiatico. Tuttavia non siamo ancora in grado di confermare eventuali partecipazioni a eventi specifici, in modalità simili a quelle di GDC e Gamescom, o se avvieremo altre tipologie di attività».

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