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Uncharted Recensione, Nathan Drake arriva sul grande schermo

di Christian Sensi

Pubblicato il 2022-02-25

Finalmente il tanto atteso adattamento cinematografico di Uncharted è giunto nelle sale.

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Il rapporto fra cinema e videogiochi è sempre stato frastagliato e turbolento. Da un lato gli adattamenti reciproci si sono rivelati spesso fallimentari, anche a causa della difficoltà di traduzione di due linguaggi profondamente diversi fra loro. Allo stesso tempo però non hanno mai mancato d’influenzarsi reciprocamente, e le opere in grado di accorciare le distanze fra i due media sono aumentate esponenzialmente nel tempo.

L’iconica saga videoludica di Uncharted, diventata in poco tempo una delle punte di diamante della console ammiraglia di Sony, fa parte di questo annoverato gruppo. Fin dal primissimo capitolo, infatti, le avventure di Nathan Drake, Sully e compagnia, hanno avuto un plateale piglio cinematografico, sia per quanto concerne la narrativa, le situazioni ludiche e la regia. Proprio quest’ultima ha settato nuovi standard per l’intero medium videoludico. Le adrenaliniche situazioni in cui si trovava invischiato il più amato degli Indiana Jones virtuali, hanno fatto scuola anche ai migliori cineasti di Hollywood.

Pressoché tutti, sono sempre stati concordi nell’affermare che un prodotto in grado di coniugare così bene i due mondi in questione, sarebbe stato perfetto per una trasposizione cinematografica.
Sony ha deciso d’intercettare questo sentire comune, annunciando il film di Uncharted. Come interpreti principali troviamo Tom Holland nei panni di un giovane Nathan Drake e Mark Wahlberg in quelli di Victor Sullivan.

Le aspettative

La notizia generò un mix d’emozioni contrastanti. Da una parte i fan erano ben felici di poter finalmente vedere personaggi tanto amati sul grande schermo, dall’altra tuttavia sono emersi anche timori (non del tutto infondati) sulla qualità della pellicola, visti i trascorsi. Però la speranza non si è mai assopita del tutto, anche grazie ad un leggero cambio di tendenza per gli adattamenti cinematografici di noti franchise videoludici. Ci riferiamo ad un divertente Detective Pikachu, e il film di Sonic, che nonostante i suoi limiti, si è rivelata una discreta pellicola per famiglie.
Scopriamo insieme se Uncharted potrebbe essere l’apripista di un autentico cambio di paradigma in grado di spazzare via tutti i pregiudizi.

Si parte all’avventura

Per quest’operazione, Sony ha deciso di non proporre un adattamento 1 a 1 dei capitoli videoludici, optando per l’innestamento di elementi di quest’ultimi in una sceneggiatura originale. Si tratta in realtà di una scelta piuttosto assennata, che scansa il rischio di confronti chirurgici con il prodotto originale, e potenzialmente stimolante anche per chi conosce a menadito le storie della controparte videoludica. Inoltre, attenua le difficoltà di traduzione di certi momenti nel linguaggio cinematografico, dando al contempo al regista e sceneggiatori delle basi sulle quali costruire qualcosa di fedele, non mancando allo stesso tempo di titillare i fan con del genuino fanservice. Purtroppo però, all’atto pratico c’è più di qualche sbavatura.

Per il debutto su grande schermo di Uncharted, Sony ci presenta una riscrittura delle origini del rapporto fra Nathan Drake e Sully.
Dopo un inizio in medias res, con una riuscita citazione a una delle più spettacolari e iconiche scene di Uncharted 3: L’inganno di Drake, ci viene proposto un flashback, nel quale facciamo la conoscenza di Sam, il fratello di Nathan, scoprendo ciò che ha diviso le loro strade.

Nel presente Nathan è un bartender sbruffoncello e con il pallino per i furtarelli, oltre che dotato di un soppresso spirito d’avventura. L’incontro tutt’altro che casuale con Victor Sullivan, sarà l’elemento scatenante della vicenda, che porterà il duo all’avventura alla ricerca dell’oro perduto di Magellano. Ad ostacolarli c’è Santiago Moncada, un ricco elegante ereditiere, che reclama il diritto sul tesoro.
Si tratta del più classico e banale degli incipit dei film d’avventura, le cui caratteristiche purtroppo si ritrovano per tutto il resto del racconto.

Era meglio il videogioco

La sceneggiatura si muove su binari prevedibili, calcando pedissequamente tutti i cliché tipici del genere. I personaggi stereotipati e monodimensionali, si muovono forzosamente versa la prossima tappa obbligata, privi quasi di volontà propria. I colpi di scena sono telefonati ed estremamente prevedibili. La risultante è un racconto posticcio e artefatto, la cui mancanza di originalità (non necessariamente un difetto) non è compensata sufficientemente da un sapiente uso di elementi rodati.

Qualcosa di leggermente positivo nella componente narrativa comunque c’è. I personaggi, nonostante lo sviluppo debole, a volte funzionano nelle loro interazioni. Il rapporto fra Nathan e Sully ad esempio, nonostante rimanga nel solco già tracciato da pellicole similari, presenta una dinamica di botta e risposta abbastanza stimolante. Costantemente oscillante fra poli estremi di amore e odio, genera una spirale che restituisce un duo fedele allo spirito della controparte videoludica, pur senza raggiungere le vette di scrittura settate da Naughty Dog, e con un andamento altalenante tendente verso il basso.

Quel che deludono sono i comprimari. Se Chloe risulta tutto sommato godibile e funziona nelle scene corali, non si può dire lo stesso dei due villain, interpretati rispettivamente da Antonio Banderas e Tati Gabrielle. Stereotipati ai limiti della caricatura, risultano stucchevoli e poco credibili perfino in un contesto così scanzonato e che non si prende minimamente sul serio.
I dialoghi, nonostante siano tutt’altro che brillanti, alternano battute puerili ad altre adatte al mood generale e in linea con il genere d’appartenenza, e raggiungono un proprio peculiare equilibrio.

Uncharted

Pistole, inseguimenti e puzzle

Le frecce all’arco migliori di Uncharted sono senza dubbio le scene action. Queste, adrenaliniche e valorizzate da una buona regia in questi frangenti, dettano un discreto ritmo della pellicola.
Fra inseguimenti al cardiopalma, sparatorie e coreografiche lotte corpo a corpo, la varietà delle situazioni proposte è ottima.

Particolarmente gradevoli risultano essere quelle che citano i videogiochi, piacevolmente esagerate e sfidanti ogni tipo di legge fisica. Vittoriosi nel non banale compito di non risultare di mero fanservice, contribuiscono a restituire lo spirito della serie originale e titillare i fan.
A provare a contribuire questi due ultimi aspetti, ci provano anche le scene di risoluzione di esplorazione e risoluzione d’enigmi. Purtroppo, a differenza di quelle action, falliscono miseramente.
Oltre che inutilmente prolisse, sono di una banalità disarmante e per nulla stimolanti. Vorrebbero mettere in luce le qualità cognitive e conoscitive dei personaggi, in particolare di Nathan, ma risultano involontariamente imbarazzanti e fin troppo didascaliche per l’ovvietà della risoluzione.

L’alternanza fra momenti di narrazione pura, esplorativi e d’azione, restituisce in ogni caso un discreto ritmo, nonostante fra queste spicchino qualitativamente solamente le ultime.
Le fedeltà al materiale originale è comunque buona, pur con tutte le legittime e doverose libertà creative. Il citazionismo funziona, essendo ben distribuito e privo di quella compulsività che si rischia con questo genere di prodotti.

Uncharted

Sully, dove sono i tuoi baffi?

Dal punto di vista registico, Ruben Fleischer, già regista di Venom (2018) e Zombieland – Doppio Colpo (2019), si è limitato a svolgere il compitino, seppur discretamente eseguito.
Non sono presenti virtuosismi registici e la regia risulta tendenzialmente anonima, ma non è comunque pessima, e mostra il suo meglio nelle scene d’azione. Il più classico dei senza infamia e senza lode.

Tom Holland è un buon Nathan Drake. Non si tratta sicuramente della sua performante attoriale migliore, ma è comunque in character, e non gli manca il fisic du role. Mark Wahlberg, lungi da definirla una brutta prova attoriale, rimane talvolta intrappolato in un eccesivo overacting, nel vano tentativo di rendere il suo Sully più carismatico di quanto non lo sia in realtà.
Il resto del cast di Uncharted è senza arte né parte, ma non si tratta comunque di una criticità così impattante, visto il tono della pellicola e il livello qualitativo generale.
La colonna sonora è piacevole e adatta all’atmosfera avventurosa che permea tutta la pellicola, pur non presentando nessuna traccia memorabile.

6

Uncharted non è il miglior debutto possibile per Nathan Drake sul grande schermo. La trama, scialba e priva di mordente, si muove su binari rodatissimi dei film d’avventura, ma senza il carisma e il fascino di saghe a cui la pellicola evidentemente si rifà, e con una sceneggiatura povera. I personaggi falliscono nell’emulazione delle loro controparti videoludiche, pur essendo sufficientemente fedeli e funzionando a tempi alterni nelle loro interazioni e nei momenti corali. Si salva per il rotto della cuffia grazie alle scene puramente action (valorizzate da una discreta regia) e il citazionismo riuscito ai videogiochi. Queste, fanno però da contraltare a momenti di puro avanzamento narrativo e di risoluzione degli enigmi per nulla riuscite e banalissime. L’utilizzo e il dosaggio degli elementi del materiale d’origine sono comunque bilanciati e inseriti furbescamente. Questo, pone della basi sufficientemente solide per un probabile sequel, vista la scena post-credit e gli ottimi incassi. Uncharted trae valore più per il disvalore degli altri adattamenti cinematografici di famose saghe videoludiche, più che per sue qualità intrinseche. Rimane comunque un passo importante nella definizione di una grammatica per questa tipologia di operazione, e abbastanza fedele da non far infuriare i fan storici.

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