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May December, Recensione: il gioco di specchi fra Portman e Moore

di Francesco Schinea

Pubblicato il 2024-03-21

Natalie Portman e Julianne Moore sono le protagoniste di una storia di scandali e imitazioni

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Scandali e abusi. Realtà e finzione. Ossessione e trauma. Sono questi i principali nuclei tematici di May December.

In seguito alla nomination agli Oscar 2024 per la miglior sceneggiatura originale, il nuovo film di Todd Haynes, acclamato regista di Carol e Lontano dal paradiso, arriva finalmente nelle sale cinematografiche italiane.

Un film che mette a disagio lo spettatore e strizza l’occhio alla cronaca degli anni 90 ed al ruolo dei tabloid. Ma anche ad Hollywood, al tanto amato e odiato “method acting”, ovvero il metodo utilizzato dagli attori che scelgono di immergersi totalmente nei loro personaggi. E proprio il cast di attori è il principale punto di forza di May December.

May December: fin dove ci si può spingere?

May December racconta la storia di un’attrice, Elizabeth Berry (Natalie Portman), che si reca a Savannah, in Georgia, per conoscere e studiare da vicino la donna che è chiamata ad interpretare in un film.

Si tratta di Gracie Atherton (Julianne Moore), una donna di 59 anni che 23 anni prima era finita in prigione per aver abusato sessualmente un bambino di 13 anni. Una relazione da cui sarebbe nata, in carcere, una bambina.

Quel tredicenne, Joe Yoo (Charles Melton), è ora un uomo di 36 anni con cui Gracie è sposato. E con cui ha avuto altri due figli, Charlie e Mary, ormai prossimi al diploma. Il titolo del film fa riferimento proprio alla considerevole differenza d’età fra i due.

L’arrivo di Elizabeth riporta però a galla quel passato oscuro che i due sembrano quasi aver dimenticato. O forse quel dramma è solo mascherato, offuscato da un trauma troppo intenso per essere elaborato. Ed è così che May December sfrutta una storia accattivante e provocatoria per mettere in luce il problema sempre più attuale della salute mentale e degli abusi.

May December

Il tema del doppio per Todd Haynes

May December vuole costantemente destabilizzare lo spettatore, metterlo a disagio e confonderlo. Lo fa già nella prima parte di film, quando la colonna sonora crea tensione nello spettatore, per poi sentire il personaggio della Moore dire semplicemente: “non abbiamo abbastanza hot-dogs”.

Ed è forse questo l’obiettivo principale di May December, ingannare lo spettatore. Lo costringe ad empatizzare con Elizabeth, piuttosto che con un’abusatrice come Gracie. Eppure quando l’attrice dice di essere interessata a personaggi “grigi”, moralmente ambigui, si inizia a comprendere che forse neppure Elizabeth è la protagonista che avremmo voluto. Che forse Elizabeth e Gracie sono due donne tanto diverse quanto simili.

Quello che mette in scena Haynes è un gioco di specchi fra due straordinarie attrici. Portman e Moore, in due grandiose performance. Ed è proprio davanti ad uno specchio che assistiamo alla metamorfosi della prima nella seconda. Quando Gracie trucca Elizabeth in modo da somigliarle, vediamo le due diventare sempre più simili, prima di sfociare in un monologo finale in cui Elizabeth si è calata totalmente nella parte. Le due sono quasi indistinguibili.

È l’ossessione di Elizabeth a rubare la scena. L’attrice disposta a tutto per calarsi nel personaggio. Per comprendere cosa abbia spinto Gracie a desiderare Joe, tanto da bramare quello stesso oggetto del desiderio. Più scorre il tempo e più la sua imitazione diventa reale, ma forse non abbastanza. Di certo però è sufficiente per impedire ai personaggi di distinguere finzione e realtà.

May December

Un bambino nel corpo di un adulto

Solo un paio di mesi fa abbiamo conosciuto la meravigliosa Bella Baxter di Povere Creature!. Una donna adulta col cervello di un bambino, la cui vitalità ci ha travolti. Ora scordatevi i toni fiabeschi e l’esuberanza del film di Lanthimos. Haynes ci mostra la cruda realtà di un uomo la cui vita si è cristallizzata, nel momento in cui ha subito un trauma inimmaginabile.

Tra due premi Oscar come Portman e Moore, l’anima di May December è il quasi sconosciuto Charles Melton (Riverdale). Melton fa un lavoro memorabile nei panni di Joe. Un linguaggio del corpo ed un’espressività che racchiudono l’anima infantile di un uomo che può finalmente interrogarsi sulle ombre del proprio passato.

Joe è un ragazzo cresciuto troppo in fretta, bruciando ogni tappa. Sono i suoi figli a fargli vivere quelle esperienze adolescenziali che non ha mai vissuto. E non è un caso che il tempo nella pellicola sia scandito dall’avvicinarsi della loro festa di diploma. Un lento cammino che rappresenta il culmine di un percorso di crescita personale, portando al raggiungimento della maturità.

Ma per Joe quel diploma è una liberazione. Vuole dir, a 36 anni, non avere più il peso del suo ruolo da genitore. Avere tutta la vita davanti, quella che fino ad ora non aveva mai avuto. Poter finalmente volare libero come le farfalle monarca, altra immagine suggestiva di May December. Joe le protegge e le accudisce fin quando non hanno completato la propria metamorfosi, e può finalmente guidarle fuori dal suo nido per spiccare il volo.

May December

7
May December è un film che vuole confondere e mettere a disagio lo spettatore. Todd Haynes convince grazie ad una messa in scena tanto ironica quanto sconvolgente, seppur a tratti superficiale. May December è anche un racconto meta-cinematografico, in grado di far riflettere sul method acting di Hollywood. Oltre ad essere di per sé una vera masterclass attoriale, guidata delle interpretazioni di Natalie Portman e Julianne Moore. Ma è Charles Melton a stupire, per il modo in cui è riuscito a mettere in scena tutti i traumi ed il passato di un uomo bloccato dai traumi del passato.

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