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Pinocchio, Recensione – Un viaggio favoloso

di Sara Pavia

Pubblicato il 2022-12-11

Il Pinocchio di Guillermo del Toro è già entrato nei nostri cuori, regalandoci sorrisi ed emozioni.

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Uscito solo da poco sulla piattaforma Netflix, Pinocchio è il primo film d’animazione realizzato con la tecnica della stop-motion (anche detta passo uno) co-diretto dal premio Oscar Guillermo del Toro e Mark Gustafson.

Una rivisitazione del classico film della Disney, tratto dal celebre romanzo Le avventure di Pinocchio, storia di un burattino, scritto da Carlo Collodi nel 1883, questa versione ci sorprende, portandoci in un viaggio sullo stile del road trip, tra realtà e fantasia.

Una favola con radici solide

Il nuovo film d’animazione Pinocchio è una sorpresa piacevole, due ore di pura fantasia, avventura e realtà. Una sfida non certo da poco quella di ridare un nuovo punto di vista ad una storia che è stata raccontata più e più volte e attraverso diversi media, anche recentemente con il live action uscito quest’anno e diretto da Robert Zemeckis.

Nonostante tutto, questa versione di Pinocchio è stupefacente sotto molti punti di vista. Prima di tutto la storia classica viene completamente rivisitata da una sceneggiatura che contiene tantissimi messaggi, scritta da Guillermo del Toro e Patrick McHale. Un mondo tutto di fantasia nel quale la realtà, sia storica che emotiva, compare ogni tanto per farci rimanere con i piedi per terra.

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Tra classico e moderno

Il nuovo Pinocchio ci porta in un road trip lungo tutto lo stivale, raccontandoci la storia di Pinocchio, certo, ma anche quella di Geppetto, un amorevole padre disperato per la morte del figlio, causata da una bomba lanciata per sbaglio da alcuni aerei militari durante gli anni del fascismo.

Gli elementi che rendono questo film un piccolo gioiello, sono proprio le differenze che prende rispetto alla storia classica. Geppetto, al quale da voce David Bradley, non ci viene presentato come uomo e padre perfetto, ma assistiamo alle sue fragilità, al momento tragico nel quale perde suo figlio Carlo, che lo porta a costruire il celebre burattino in un momento di sconforto misto a frustrazione, nel quale si attacca alla bottiglia. Pinocchio, in questo film, è un prodotto della rabbia, infatti il momento della costruzione è quasi spaventoso, una fotografia fredda e buia con un montaggio sonoro dai tratti inquietanti.

Un’altra differenza significativa è la mancanza dei due personaggi più importanti della storia, il gatto e la volpe. Non ci sono, o almeno, vengono rappresentati da una scimmietta e un burattinaio, che prende il nome di Conte Volpe. L’idea è forse quella di non scostarsi troppo dal mondo reale, attraverso il rapporto tra il burattinaio e la scimmia, possiamo percepire una critica sociale nei confronti del mondo degli spettacoli itineranti, probabilmente anche degli zoo, nei quali può succedere che si scatenino dinamiche di sfruttamento e ricatto.

L’ambientazione ai tempi del fascismo in piena guerra è un’altro fattore che certamente ci porta a considerare questo film un messaggio forte sotto molti punti di vista e camuffato in favola per bambini. Si parla di coraggio, di errori e di scelte, della genuinità dell’infanzia e di quanto sia difficile crescere in una società che si aspetta sempre molto e della quale percepiamo la pressione. Ci si prende gioco della politica, come solo dei bimbi potrebbero fare, della guerra, della violenza in un modo che potrebbe ricordare La vita è bella o il più recente Jo Jo Rabbit.

Una bella prova!

Come già accennato, Pinocchio è il primo prodotto d’animazione diretto da Guillermo del Toro, che comunque ci aveva spesso dato prova del suo interesse per il fantasy, ma con questo film ci dimostra di essere un regista a 365 gradi.

Una prova superata con la lode per questo Pinocchio in stop motion, ricco di dettagli e la cui fotografia sembra divertirsi a giocare con i contrasti caldo/freddo, dando al pubblico l’idea dell’intimità che appartiene a certi momenti.

Le scenografie lasciano a bocca aperta, la rappresentazione della pancia della balena, il campo d’addestramento militare che ricorda un po’ la torre di Mordor, tutti elementi che arricchiscono le immagini dando un risultato eccezionale. L’ambientazione fortemente italiana, con tanto di mappe e, a tratti, accenti e parole del bel paese, ci regalano anche un forte contesto culturale.

Un cast eccezionale ha dato voce a personaggi un po’ fuori dal coro, troviamo per esempio Cate Blanchet, Gregory Mann, Ewan McGregor, Tilda Swinton, Christof Waltz e tanti altri.

Il rapporto tra padre e figlio

Il tema che sicuramente prende il sopravvento in Pinocchio è quello dei rapporti complicati con i genitori, con una lente d’ingrandimento su quello tra padre e figlio. Affascinante e così dolcemente crudo e reale, i personaggi non sono romanzati e mostrati come eroi tipici della classicità, anzi.

Uno dei drammi che risalta di più è proprio quello del peso che a volte le aspettative dei genitori hanno sulle decisioni dei figli, la confusione e le sfaccettature che ogni essere umano ha, a prescindere dall’essere genitore o meno. La sottotrama della realizzazione dell’individio, misto alla ribellione nei confronti di una vita pensata in un certo modo senza tener conto dei sentimenti di chi ne è protagonista.

Come al suo solito, Guillermo ci racconta storie di persone reali, nelle quali ognuno di noi può trovare riscontro e l’empatia che sta alla base della buona riuscita di una storia pensata per il pubblico. La profondità dell’amore incondizionato, la genuinità della giovinezza e l’ingenuità che ne comporta, tutti temi che vengono toccati un questo delicato racconto.

9

Un film coinvolgente che riesce a raccontare una storia di fantasia tenendo i piedi ben saldi alla realtà, un bellissimo viaggio da non perdere nel quale poter ridere e potersi emozionare. La tecnica dello stop motion è portata al massimo delle proprie capacità, ma sempre al servizio di tematiche intime e sociali di grande spessore.

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