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Bones and All, Recensione – Amami e mangia

di Sara Pavia

Pubblicato il 2022-11-24

La nostra recensione di Bones and All, il nuovo road movie di Luca Guadagnino con Taylor Russel e Timothée Chalamet

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L’attesissimo nuovo film di Luca Guadagnino, Bones and all, è un adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo scritto da Camille De Angelis. Primo film del regista palermitano girato interamente negli Stati Uniti. La sceneggiatura è stata scritta da David Kajganich. Bones and all può essere considerato un road movie, oltre che un teenage drama e un film horror. Come al solito Guadagnino sa stupirci riuscendo a sviluppare un’unica storia su più livelli diversi tra loro.

Il film ci racconta la storia di una ragazza, Maren, interpretata da Taylor Russel, che è alla ricerca di sé stessa attraverso il suo passato e proiettata al futuro. Sa di essere diversa dagli altri, è una cannibale, le appartiene questo istinto difficile da controllare che la spinge a voler mangiare carne umana. Abbandonata da entrambi i genitori, inizia il suo viaggio, in solitaria fino all’incontro con Lee, un ragazzo cannibale, interpretato da Timothée Chalamet, che la accompagna nella ricerca di sua madre e nell’accettazione del suo essere.

Un lungo viaggio

Bones and all inizia un po’ lentamente, con il mondo ordinario che viene sconvolto quasi subito con un evento che scatena l’inizio del viaggio, ma il ritmo rallenta con il passare dei minuti, e ci ritroviamo in uno stato di attesa generale, di un qualcosa, che verrà soddisfatta solo nella seconda parte del film, molto più movimentata e intensa.

Questo ritmo, però, è scansionato alla perfezione dal montaggio, che guadagna un ruolo principale nel film. A tratti onirico, ci porta a provare diverse sensazioni in diverse situazioni, la tensione viene magistralmente costruita in molte sequenze, lasciandoci con il fiato sospeso e i muscoli tesi.

Secondo degli unici due film ai quali Guadagnino non ha messo mano alla sceneggiatura, ci troviamo a tratti confusi e a tratti speranzosi. Bones and all parla di solitudine, di amore, di istinto e nonostante le impeccabili interpretazioni, manca un po’ di profondità. Sembra che alcune sequenze siano state frettolose, avremmo voluto investigare di più alcuni aspetti della storia e dei personaggi.

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Taylor Russel e Timothée Chalamet in una scena di Bones and all

Una visione potente

Luca Guadagnino è un maestro della rappresentazione, e non si smentisce con Bones and all, nel quale affronta il genere tutto nuovo del road movie, e lo fa in modo impeccabile. La telecamera che ci mostra tutti i diversi paesaggi d’oltreoceano, traballante, che segue i movimenti della macchina, a volte che corre liscia sull’asfalto, altre volte instabile e traballante, a rispecchiare lo stato emotivo dei personaggi.

È la seconda volta che vediamo il regista palermitano affrontare un genere horror, che aveva già sperimentato in modo più che soddisfacente con Suspiria, nel 2018. Immagini forti e a tratti disgustosamente intime, con sangue ovunque, pelle e capelli, che possono sicuramente disturbare gli spettatori più sensibili. Nonostante la natura del film, Guadagnino riesce a raccontare in modo intimo e dolce, una storia tragica e, a pensarci bene, raccapricciante.

Una delle migliori caratteristiche del film è proprio il numero di livelli sui quali si snoda la storia. Bones and all parla principalmente di solitudine e perdizione, tema sicuramente ricorrente nel cinema di Guadagnino, si investigano gli istinti principali dell’essere umano, quello sessuale e quello di sopravvivenza, dato tra gli altri, anche dal nutrimento. In questo caso specifico quello del cercare di combattere i propri istinti prende il sopravvento, cercare di accettarsi ed amarsi per come la natura ci ha creato, senza sentirsi diversi e soli.

La naturale tendenza dell’uomo a trovare i propri simili, qualcuno che ci capisca e che possa, almeno in parte, sanare l’immensa solitudine che ci avvolge. Il bisogno di soddisfare i propri istinti, tema che ci riporta con la mente anche a pensare ad alcuni dei serial killer più famosi della storia, persone che combattono con lati oscuri della propria anima, ma che non riescono a sconfiggere. Da qui il dilemma, soffrire o far soffrire? L’istinto può essere controllato?

Guardando Bones and all, ritroviamo anche il tema della dipendenza. La regia a tratti ricorda Paradiso più inferno, film che parla della storia d’amore tra due tossicodipendenti. I vestiti sciatti, il rubare, il vivere in un furgone, tutte caratteristiche tipiche delle persone che non riescono a liberarsi da una dipendenza, che prende il sopravvento e guida ogni decisione. La dipendenza, in questo caso, è data solo dall’istinto e la lotta alla repressione dello stesso.

Un cast da Oscar

Come già abbiamo accennato, gli attori principali in Bones and All sono Taylor Russell e Timothée Chalamet, che insieme riescono a reggere tutta la pellicola, soprattutto grazie al supporto di un regista spettacolare. Non solo gli attori principali, ma, forse ancora di più quelli secondari ci regalano delle performance veramente eccezionali. Partendo da Mark Rylance, che interpreta Sully, un cannibale un po’ inquietante che vaga da solo fin dall’adolescenza, la cui storia, purtroppo, non si approfondisce abbastanza durante il film, ma sicuramente l’interpretazione non viene dimenticata facilmente.

Il ritorno anche di Michael Stuhlbarg con Guadagnino, che aveva avuto una parte importante in Chiamami col tuo nome, lo ritroviamo irriconoscibile in Bones and All con una parte secondaria, un cannibale sovraeccitato che ha accolto e accettato completamente il suo essere, una performance che merita sicuramente più di una semplice nota. Piacevole anche vedere Cloe Sevigny lavorare per la prima volta con Guadagnino, ci fa sperare in una futura collaborazione con la straordinaria attrice, sottovalutata dal mondo di Hollywood.

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Bones and all

Musiche e momenti

Guadagnino nei suoi film da molta importanza alla musica, alle canzoni, che inserisce perfettamente associandole a momenti che, solitamente, sono quelli che più ci ricordiamo dopo la fine del film.

Così è stato per Armie Hammer mentre ballava sulle note di Love my way e, ovviamente, della colonna sonora scritta da Sufjan Stephen, nominato all’Oscar per la stessa, o come dimenticare la lunga sequenza in Io sono l’amore con Ralph Finnes che balla e salta ascoltando Emotional Rescue degli Stones.

In Bones and All succede lo stesso, tra i momenti visivamente ed emotivamente più potenti, sicuramente troviamo la sequenza del luna park, nella quale parte Atmosphere dei Joy Division, con quella batteria che fa rizzare i peli sulle braccia e quel modo che ha di aumentare i toni senza mai esplodere.

Per quanto riguarda la colonna sonora, invece, questa volta forse cadiamo nel basico, con musiche che ci ricordano un po’ le atmosfere di Twin Peaks, strumentali e che forse non ci lasciano molta immaginazione. Il montaggio sonoro, tuttavia, ci sorprende parecchio, regalandoci momenti inaspettati di puro silenzio e transazioni un po’ antiquate, adatte all’ambiente da America degli anni 80 ricreato dal film.

Sempre di cibo e d’amore

Con Bones and All, Guadagnino raggiunge uno degli apici della sua carriera per quanto riguarda le tematiche. Nella sua carriera cinematografica possiamo ritrovare temi e immagini ricorrenti. Uno di questi è sicuramente la relazione tra cibo ed eros, passione che scatena in momenti di convivialità attorno a una tavola, il pesce usato – e cucinato – in modi diversi in base al tipo di sessualità che viene esplorata attraverso la pellicola, i frutti che hanno addirittura un ruolo attivo nella soddisfazione dell’eros.

Questo film ci regala, visivamente, una connessione diretta non solo tra passione e nutrimento, ma addirittura li unisce, come se finalmente avesse trovato il modo di mettere questi due elementi sullo stesso piano per farli collaborare, anziché semplicemente sfiorare attraverso le azioni dei personaggi. A confermare il tutto, sicuramente la scena finale, nonché una delle più belle e intense, nel quale istinto e desiderio si mescolano rimanendo sullo stesso piano.

8

In conclusione, Guadagnino non delude, regalandoci come al solito mille sensazioni diverse, immagini che rimangono indelebili, costruite con una sensibilità visiva che solo lui sa darci. Che si parli d'amore, di solitudine e struggimento, di sofferenza o gioia, ci tiene per mano senza lasciarci mai. Restiamo in attesa di un altro suo lavoro che, incrociamo le dita, arriverà presto.

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