L’ex Ministro dello Sviluppo economico Calenda contro il mondo dei videogiochi
Quando si vuole attirare l’attenzione su di sé, quando si vuole far scalpore, insomma, soprattutto se si è un personaggio pubblico, basta andare su un social network e lanciare un anatema contro qualcosa o qualcuno che rappresenti milioni di utenti, meglio se si tratta di giovani. E’ un modo strumentale e non certamente costruttivo di […]
Quando si vuole attirare l'attenzione su di sé, quando si vuole far scalpore, insomma, soprattutto se si è un personaggio pubblico, basta andare su un social network e lanciare un anatema contro qualcosa o qualcuno che rappresenti milioni di utenti, meglio se si tratta di giovani. E' un modo strumentale e non certamente costruttivo di affrontare una questione, se lo è davvero, sull'onda di recenti dichiarazioni di alcuni personaggi legati al mondo digitale statunitense. Quindi niente di nuovo.
Mi riferisco all'ex Ministro Calenda che ha affidato a Twitter il suo pensiero sui videogiochi, bollandoli come un passatempo negativo per la crescita culturale dei ragazzi e per “la solitudine” a cui essi andrebbero incontro. Mi ricorda per certi versi le crociate che circa vent'anni fa si svolgevano contro la televisione perché incretiniva i bambini e gli adolescenti per le troppe ore passate davanti allo schermo. Come sempre occorre buon senso anche nel divertimento e questo è frutto, se non altro, di una buona educazione.
Mi è sempre stato insegnato che, prima di parlare e dare dei giudizi, sia opportuno conoscere a fondo il problema in tutti i suoi aspetti e, senza cancellarlo in modo sbrigativo con qualche frase d'effetto, trovare le diverse soluzioni. Non credo proprio che i giochi elettronici siano “una delle cause dell'incapacità di leggere, giocare e sviluppare il ragionamento”. Sulla base di che cosa viene affermato questo? Occorrerebbe probabilmente riflettere sugli stili di vita a cui ciascuno di noi è spinto quotidianamente ad adeguare la propria persona, nel pensiero e nel comportamento, vuoi per una tecnologia sempre più evoluta, vuoi per una comunicazione a tutto campo delle informazioni sempre più accelerata. Vorrei ricordare poi che non esistono solo giochi sparatutto, ma anche di ruolo, di strategia e giochi a carattere educativo molto utili nella scuola per chi ha difficoltà di attenzione e di comprensione.
Da ultimo, non si è fatta mancare nel dibattito la dura presa di posizione dell'AESVI che dice: “A distanza di qualche anno, la dichiarazione di oggi non ci fa per nulla piacere e non la condividiamo in principio. Ma ci fa capire quanta strada ci sia ancora da fare in Italia per ottenere un riconoscimento culturale e sociale per i videogiochi. All'estero oramai si fa a gara per sostenere il settore ed essere in prima linea nell'attrazione di investimenti e di talenti, nella produzione di creatività e innovazione, nella creazione di opportunità di lavoro e di impresa. In Italia ci scontriamo spesso e volentieri con posizioni come questa, a tutti i livelli. Posizioni che nella maggioranza dei casi dipendono dalla mancanza di conoscenza della materia e a volte purtroppo anche dalla mancanza di interesse o di disponibilità ad approfondirla quella materia. La nostra risposta come Associazione è continuare a fare il nostro lavoro di informazione e sensibilizzazione delle istituzioni con competenza e professionalità. Perché l'Italia non rischi di perdere una grande opportunità.”
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