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Sekiro: Shadows Die Twice – La recensione

di Redazione Hynerd.it

Pubblicato il 2019-04-24

From Software, con la pubblicazione di Sekiro: Shadows Die Twice, mette in opera l’ennesimo gioco che esce dagli schemi canonici dell’industria. Per farlo pesca a piene mani dall’esperienza passata strizzando l’occhio al futuro. Hidetaka Miyazaki, director del gioco, ci ha abituati ad esperienze ludiche scostanti dalla nostra comfort zone. Questa volta lo ha fatto in …

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From Software, con la pubblicazione di Sekiro: Shadows Die Twice, mette in opera l’ennesimo gioco che esce dagli schemi canonici dell’industria. Per farlo pesca a piene mani dall’esperienza passata strizzando l’occhio al futuro. Hidetaka Miyazaki, director del gioco, ci ha abituati ad esperienze ludiche scostanti dalla nostra comfort zone. Questa volta lo ha fatto in maniera cinica, facendoci credere che tutto sarebbe stato più vicino alle nostre abitudini: lo stile action, la trama narrata e i tutorial. Bastano poche ore di gioco per capire l’inganno, realizzando che in questa avventura non ci sarà nulla di semplice e di familiare.

Illustrazione del giappone feudale all' interno del gioco

Giappone Feudale

La software house si allontana dal caratteristico “dark-fantasy” per immergersi in un Giappone feudale dell’epoca Sengoku che letteralmente significa “periodo degli Stati combattenti”. Un’epoca in cui il Giappone si trovava in profonda crisi a causa dei costanti conflitti fra i numerosi feudi. In questo periodo nascono miti e leggende del folklore giapponese, unendo misticismo alle gesta dei guerrieri reali. L’epoca più sanguinosa e violenta che il paese abbia mai vissuto.

Sono proprio queste le basi da cui Miyazaki ha tratto ispirazione per il suo nuovo mondo, difatti l’intero gioco non nasconde il simbolismo buddista piuttosto che la messa in opera di credenze mistiche, come gli “yōkai”, spiriti mostruosi che ritornano in vita dopo 100 anni.

L’immaginario realizzato dal team rispecchia in maniera fedelissima il periodo di riferimento, mostrandosi al videogiocatore senza filtri, anche se applicabili dalle impostazioni. Il protagonista stesso ha le caratteristiche tipiche di un mito, un soldato instancabile e implacabile, tanto da rialzarsi letteralmente dalla morte per perseguire il suo unico obiettivo: proteggere il suo padrone.

Trama

Saremo chiamati a indossare i panni di Lupo, lo shinobi si ritrova abbandonato a se stesso in seguito alla cattura del suo padrone, Kuro, durante gli scontri con il clan Ashina. Ormai abbattuto dal fallimento della sua unica missione viene risvegliato da una misteriosa lettera. Inizia così la strada di Lupo verso la liberazione di Kuro…

La trama, a differenza degli altri titoli di Miyazaki, è narrata in modo palese anche se non troppo articolata. Potrebbe sembrare alquanto banale ai novizi dei giochi From, ma in realtà è molto stratificata grazie ai molteplici elementi nascosti. La “Lore” di gioco è molto vasta e va ad arricchire la trama principale, dando vita a diverse storie nella storia stessa.

I personaggi presenti sono molto caratterizzati, ognuno di loro ha uno scopo e una storia, ma non tutte vengono narrate. Come i veterani dei vari souls sanno, nel gioco ci sono diversi finali che dipendono dalle nostre scelte, insieme ad una quantità soddisfacente di attività e boss secondari, forniscono al videogiocatore un buon numero di ore di pura agonia e divertimento.

L’arte del combattimento e la disciplina

From Software è riuscita a personificare l’arte del combattimento e la disciplina nel game play, riuscendo a catturare l’essenza del “credo” degli antichi guerrieri. In un duello all’ultimo sangue non c’è spazio agli errori, disciplina e allenamento rendono la tecnica perfetta, il gioco trasmette esattamente questo. Un gioco dannatamente ostico, poco permissivo, molto punitivo e meravigliosamente tecnico. Ogni ostacolo sembrerà insormontabile, fin dalle prime ore di gioco, finché, tentativo dopo tentativo, impareremo i movimenti del nostro avversario, dando vita ad una danza di lame, parata dopo parata, schivata dopo schivata fino ad aprire una breccia nella difesa avversaria e punirlo con la morte.

L’Apice della trasposizione videoludica dell’arte del combattimento trova il culmine nella meccanica di gioco. Il sistema di combattimento si basa sul “parry” o “deflect”, l’abilità di parare un colpo all’ultimo momento, chiamata in game “deviazione”. Troviamo la classica barra della vita ma non c’è una barra dell’energia, sostituita da quella della postura. Questa scelta permette al giocatore di difendersi o attaccare senza sosta influendo però su quest’ultima. Quest’aspetto è la grande novità del titolo, una barra che  indica l’equilibrio o la concentrazione durante lo scontro. Distrutta la postura nemica durante lo scontro ci sarà quel fugace attimo in cui si è senza difese, proprio in quel breve momento si potrà eseguire un’esecuzione che darà fine alla vita dell’avversario indipendentemente dalla sua barra vitale.

Stile di gioco personale

In Sekiro: Shadows Die Twice il giocatore diventa a tutti gli effetti uno shinobi. Ognuno di noi può allenarsi e creare il proprio stile di gioco. Scegliendo tre tra i molteplici strumenti che si possono montare sulla protesi shinobi, che sostituisce il braccio amputato al Lupo dopo lo scontro con Genichiro del clan Ashina nelle primissime fasi di gioco. Inoltre sono presenti dei rami di abilità che sbloccheremo durante l’avventura attraverso i punti esperienza. Tali abilità si suddividono tra attive o passive, delle prime potremo sceglierne due, una base ed una “speciale”. Queste scelte permettono la creazione delle proprie combo e un’innumerevole varietà di colpi. Non esiste una tattica corretta per affrontare un determinato nemico, esiste la propria tecnica, che diventa sempre più perfetta e affinata scontro dopo scontro.

Stealth

Una componente fondamentale del gioco è costituita dalle operazioni furtive. Ciò non fa di Sekiro un titolo stealth ma serve soltanto per mietere la difficoltà di gioco, portandosi in una situazione di vantaggio nello scontro. Si utilizza l’agilità tipica dei ninja e il mondo circostante per colpire ed uccidere il nemico senza che nessuno se ne accorga, questo grazie all’introduzione del salto e del rampino, paragonabile alla ragnatela dell’uomo ragno. Questo aspetto del gioco è l’unico che ho trovato permissivo. I nemici sembrano essere completamente sordi e non molto reattivi, mentre hanno una vista infallibile ma poco angolata. Diverse volte mi è capitato di distruggere un vaso dietro ad un nemico che non si è accorto della mia presenza, permettendomi così di eliminarlo senza problemi. L’intelligenza artificiale dei nemici medi è poco sviluppata dato che non battono ciglia al ritrovamento di un cadavere. Insomma questa componente è solo un contorno di questo gioco e non un elemento caratterizzante.

Non chiamatemi Souls

Gli amanti del genere, portato alla ribalta da Miyazaki, riconosceranno nel titolo la pennellata del maestro in molti elementi del gioco.

Sono presenti gli idoli equivalenti ai falò, le fiasche limitate per curarsi, perfino il mondo criptico e le side quest ben nascoste. Sekiro, in realtà, si discosta molto dai soulslike. Partendo dalla componente action molto più dinamica e spettacolare rispetto al genere. Scompaiono le statistiche tipiche dei giochi di ruolo per dar spazio alle abilità. Non c’è la possibilità di personalizzazione estetica del personaggio o del cambio dell’arma o armatura principale. Manca la possibilità di recupero dell’operato post morte.

Anche Sekiro: Shadows Die Twice la morte ricopre un elemento caratteristico e fondamentale, ma in modo drasticamente diverso rispetto al passato. Nei souls si sente l’avvento incalzante della fine, in Sekiro, invece, il punto di vista cambia. La fine si tramuta in un elemento ricercato, ma che non incombe indistintamente sul mondo, ma portato dalla guerra. La morte, o meglio non morte, viene plagiata per un fine personale. Il mondo di gioco soffre la morte, si muta in base ad essa e perfino i personaggi non giocanti risentono delle conseguenze. Per ogni morte subita, una malattia, Mal del Drago, si diffonderà portando anche la possibilità di far morire alcuni npc.

Come suggerisce il titolo la morte non è del tutto definitiva, dando la possibilità dal giocatore di rialzarsi un numero definito di volte. Dal punto di vista del game play può sembrare che la possibilità di risorgere sia un aiuto, in realtà non lo è. Rialzarsi per continuare a combattere potrebbe non cambiare l’esito dello scontro, è solo un gettone in più nel caso mancasse un ultimo colpo alla vittoria.

Comparto Tecnico

Ho giocato, fino ad arrivare al platino, con la PlayStation 4 “liscia” su televisore 4k, quindi con hdr attivo, senza particolari problemi. La resa grafica è molto buono nonostante piccoli problemi legati al frame pacing, visti anche in Dark Souls e Bloodborne. Il team ha dimostrato di saper creare dei panorami profondi e ispirati anche lontani dall’oscurità. Nelle parti finali del gioco si ci ritrova davanti una delle ambientazioni più belle e suggestive mai create dal team, caratterizzata dai colori tipici dei ciliegi in fiore.

Purtroppo anche questo capitolo non esime da problemi tecnici e da scelte infelici. Un miglioramento nella gestione della telecamera è evidente ma questa rimane comunque un grosso problema negli spazi stretti o con nemici troppo grandi. Alcune scelte, a volte, rendono il gioco troppo frustrante e si percepisce la netta sensazione che quella difficoltà sia troppo artificiale, come ad esempio alcuni back tracking degli avversari. Fortunatamente questi difetti non intaccano l’opera nel complesso.


9.5

Questo titolo è destinato a restare impresso nella storia videoludica, così come fece Demon Souls, e perseguitare gli incubi di tutti i videogiocatori. Sembra chiaro come From Software abbia osato nello sviluppo, uscendo dai propri canoni, con l’aiuto dal publisher Activision, per poter uscire dalla propria nicchia di fedeli. Il titolo non è un semplice videogioco, è la trasposizione videoludica dei valori del combattimento. Una sfida per pochi, per coloro che sopportano ore e ore di frustrazione contro un singolo nemico per gioire dell’attimo di soddisfazione estrema nel momento in cui si affonda il colpo di grazia verso il nostro sfidante. L’avventura videoludica ti spinge al limite della sopportazione e ti costringe ad imparare la tecnica, è tremendamente onesto in questo. Non ci sono vie di scampo o sotterfugi utilizzabili, l’unico modo che hai per proseguire e portare a conclusione la storia è l’allenamento e disciplina.

  • Ambientazioni Spettacolari e suggestive
  • Varietà di scelta delle abilità
  • Mappe stratificate
  • Scontri spettacolari
  • Alcuni scontri ripetitivi
  • Difficoltà di apprendimento elevata
  • Telecamera ingestibile in alcuni tratti

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