Il Pianeta delle Scimmie in streaming: dove vedere i film della saga

La saga de Il Pianeta delle Scimmie era iniziata con il film del 1968 diretto da Franklin J. Schaffner. La pellicola, oltre a stupire il pubblico con uno dei migliori plot twist di sempre nella storia del cinema, continua tuttora ad appassionarci.

Infatti, il film ha generato vari sequel, prequel e remake, alcuni riusciti meglio di altri. Se vuoi recuperarli in vista del nuovo capitolo, ecco dove vederli in streaming. La saga conta ad oggi ben otto pellicole, mentre Il regno del Pianeta delle Scimmie arriverà nel 2024.

pianeta delle scimmie

La saga originale

Il pianeta delle scimmie (1968): un gruppo di astronauti atterra su un pianeta apparentemente deserto, per poi scoprire che è abitato da una società dominata da scimmie intelligenti e umani primitivi. Questo film ha avuto il suo reboot nel 2001, dal regista Tim Burton.

L’altra faccia del pianeta delle scimmie (1970): sequel diretto del film del 1968, narra di un’altra spedizione di astronauti che “ritorna” al pianeta delle scimmie per scoprire cosa è successo ai membri della precedente spedizione.

Fuga dal pianeta delle scimmie (1971): un gruppo di scimmie, accidentalmente, torna indietro nel tempo sulla terra del 1973, prima della loro dominazione.

Conquista della Terra (1972): prequel degli eventi dei primi tre film, ci mostra come le scimmie hanno preso il controllo della Terra e ridotto gli umani in uno stato di schiavitù.

Anno 2670 – Ultimo atto (1973): conclude mostrando la ribellione umana contro il dominio delle scimmie e la lotta per il controllo del pianeta.

L’intera serie originale è disponibile su Disney Plus.

I prequel

I prequel raccontano di come le scimmie siano diventate intelligenti e di come riusciranno a conquistare il pianeta.

Le pellicole sono attualmente tre: L’alba del pianeta delle scimmie (2011), seguito da Il pianeta delle scimmie – Revolution (2014) e Il pianeta delle scimmie – The War (2017).

Plante of Apes

Anche questa trilogia si trova su Disney Plus. Su Prime Video, invece, si possono trovare a pagamento Il pianeta delle scimmie e il remake di Burton della saga originale, mentre dei prequel la prima e la terza pellicola.

SOL Search of Light: La recensione delle profondità


Nato dalla collaborazione fra Firenut Games e Trigger the Monster, SOL Search of Light è un titolo Tower Defense con componenti esplorative tipiche del dungeon crawler a scorrimento orizzontale. Il titolo, uscito per PlayStation 4/5, Xbox, Windows e Nintendo Switch, è sbarcato sugli scaffali di tutto il mondo il 25 aprile 2024.

L’obiettivo da perseguire all’interno di SOL Search of Light è semplice, ma solido. Nei panni di un giovane esploratore chiamato Lo Straniero dovremo esplorare le profondità, raccogliere gemme blu e reclutare nuovi robot che popoleranno il nostro accampamento. I nostri piani saranno però ostacolati da creature ostili ed oscure, che attaccheranno lo Straniero ed il nostro villaggio. Le profondità costituiscono i vari livelli di gioco. Percorsi a scorrimento orizzontale nei quali dovremo risolvere alcuni puzzle ambientali per avanzare nella nostra avventura.

All’interno di SOL Search of Light le gemme blu ricoprono una doppia funzione: esse rappresentano infatti la vita dello Straniero e la valuta di gioco, risorsa utile per reclutare nuovi robot e potenziare le strutture poste nel campo base. Grazie a queste gemme sarà possibile potenziare mura e cannoni, che coadiuveranno il giocatore nella difesa del nucleo dalle orde di nemici

Un gameplay solido ma…

Fatte le dovute premesse narrative, su cui non preme soffermarci ulteriormente, ci imbattiamo però in problemi non di poco conto. La ripetitività dei livelli è ahimè uno scoglio che il giocatore rinviene sin dalle prime ore di gameplay. Mi è capitato spesso di imbattermi nei medesimi puzzle e nelle stesse ambientazioni esplorate poco prima, in un gameplay loop che finisce per abbassare l’entusiasmo esplorativo e sfumare spesso nella noia. Una ripetizione degli stessi sfondi, gli stessi scenari, gli stessi enigmi. Gli stessi livelli non molto distanti fra loro.

SOL Search of Light

Stesso può dirsi per nemici e boss. Nonostante le creature che incontreremo siano distinte in tre diversi colori, rappresentativi del loro grado di sfida, gli scontri si riducono in un frenetico spam di attacchi che non richiederanno particolare reattività dal giocatore.

Ho inoltre riscontrato nel corso della mia avventura anche un distacco dalla dinamicità degli scontri, per i quali non viene percepito alcun feedback o dinamicità. Non verrà percepito direttamente se il colpo andrà a segno, ma lo stesso può dirsi per i colpi che subiremo, per i quali manca capacità di immedesimazione.

Comparto tecnico e grafica

Passando ora alla disamina del comparto tecnico di SOL Search of Light, la situazione non migliora notevolmente. Il gioco è infatti vittima di errori di programmazione non di poco conto, che interrompono spesso il flow di gioco, costringendo di rado al riavvio del titolo. Non parliamo di cali di frame rate o stuttering (che paradossalmente sono quasi assenti in tutta l’esperienza di gioco) ma di una grave legnosità dei corpi in movimento e di veri e propri soft lock.

Problematiche in gioco

Durante le sessioni di gioco nelle quali dovremo risolvere puzzle ambientali, il giocatore non potrà scalare determinate pareti (formate da delle assi piazzate in modo obliquo) se l’inclinazione apparirà troppo ripida. Questo lo porterà a scivolare giù. Ma se a questo aggiungiamo un ulteriore ostacolo situato proprio alla base dell’asse, il risultato sarà una scivolata perpetua verso il basso, con l’impossibilità di saltare o spostarsi data la vicinanza con la cass. Questo vi porterà inevitabilmente alla necessità di uscire dal livello e ricominciarlo.

SOL Search of Light

Nel corso della mia esperienza all’interno di SOL Search of Light è anche accaduto un evento alquanto bizzarro. Volendo ridurre il volume degli effetti sonori di gioco (ne parleremo più avanti), ho aperto il menù di gioco, sospendendo quindi la partita. Dopo un fallimentare tentativo nella ricerca dell’opzione “sound effects setting” ho provato a chiudere il menù, per riprendere la partita, ma le mie aspettative si sono ben presto frantumate.

In modo anche abbastanza disimpegnato è possibile far sovrapporre gli input di gioco, risultando in un demoralizzante effetto grafico in cui sarà possibile giocare, ma avendo il menù di gioco aperto (riducendo quindi di circa un terzo la visuale di gioco). Ogni tentativo di uscita o riapertura del menù si è dimostrato fallimentare. E dopo aver sorprendentemente notato come lo stick di movimento permettesse la modifica della luminosità, in questo fantasioso gioco di specchi e leve, sono stato costretto a riavviare manualmente il gioco nel bel mezzo della mia esplorazione.

Un comparto sonoro insicuro e pieno di sbavature

Passando in ultima battuta al comparto sonoro di SOL Search of Light, in realtà non vi è molto da dire. La traccia principale accompagnerà il giocatore nella quasi totalità della sua avventura. In piena continuità tra l’esplorazione dei dungeon e della città principale. La presenza di boss o nemici porterà con sé una nuova OST, la quale però non brilla di personalità e non riesce a trasmettere con decisione il pericolo che interfacceremo.

Accadrà poi che i sound effects dei nemici si sovrapporranno alla stessa colonna sonora, comportando una sospensione di questa per qualche secondo. Il tutto finendo per spezzare totalmente il mood delle battaglie.

Un progetto che quindi si pone interessanti ambizioni, ma non riesce a raggiungerle. Una serie di errori tecnici anche gravi rendono SOL Search of Light un titolo che non era pronto alla sua uscita. Il tutto motivato anche dal prezzo di 20€ che, per un indie di questa qualità, non ci sembra giustificato.

Back to Black, Recensione: una piccola parte della storia di Amy Winehouse

I biopic sulla vita di grandi star musicali stanno prendendo sempre più piede negli ultimi anni, e anche in Italia se ne stanno realizzando diversi su svariati artisti, di recente anche in forma seriale.

Alla lista di film nati da questa tendenza, in crescita ma pericolosa nella sua riuscita si aggiunge Back to Black, arrivato nelle sale italiane giovedì 18 aprile. Si tratta di un biopic che racconta parte della vita e della carriera della cantautrice londinese Amy Winehouse.

Back to Black nasce per volere della produttrice Alison Owen, che desiderava celebrare l’incredibile talento musicale di Amy Winehouse e di contrastare la tendenza di alcuni nell’idealizzare la sua tragica morte avvenuta nel 2011 all’età di ventisette anni. Per questo progetto, ha scelto di affidare la regia Sam Taylor-Johnson, che torna al mondo della musica dopo il suo esordio nel 2009 con Nowhere Boy, un film che esplora gli anni dell’adolescenza di John Lennon.

La regista britannica ha deciso di concentrare il suo lavoro e la sceneggiatura del film, firmata anche da Matt Greenhalgh (già autore di Nowhere boy e Control), sulla controversa relazione d’amore tra Amy e quello che è stato suo marito Blake Fielder-Civil, oltre che sulla connessione tra suddetta relazione e la musica che Amy ha scritto e prodotto in quell’arco di tempo, tra felicità sconfinata e fortissima sofferenza.

Back to Black: un racconto con il freno a mano tirato

Il contenuto del film è stato ricavato dalle molteplici interviste rilasciate dall’artista e dai testi delle sue canzoni, anziché da articoli e libri non autorizzati che trattano della sua vita senza il suo coinvolgimento.

La Amy (Marisa Abela) sullo schermo dovrebbe mostrarsi attraverso le sue canzoni, sono i testi da lei scritti a raccontare la storia più degli eventi stessi ma il risultato è debole, fiacco, sembra che tutta la narrazione sia ovattata, filtrata in un modo attraverso il quale non emerge la vera essenza della protagonista, una ragazza dalle mille sfaccettature caratteriali e con un talento enorme che viene mostrato in minima parte.

Marisa Abela e Jack O’ Connell in Back to Black

L’intento dell’opera era quello di andare a fondo, oltre tutti i pregiudizi e le dicerie sul conto di Amy, raccontando la donna oltre il personaggio ma in realtà la vera impressione che si ha guardando Back to Black è che ci stiano raccontando troppo poco della storia di Amy, o forse non la parte giusta, quella che valeva la pena narrare.

Il focus dovrebbe essere improntato sulla tormentata e intensa relazione tra Amy e Blake Fielder-Civil interpretato da un credibile Jack O’ Connell, ma anche quella parte, essenziale anche per la stesura del suo album di incredibile successo Back to Black, è trattata in modo approssimativo, superficiale. Con dei momenti intensi, si, ma stemperati bruscamente da scene realizzate male e dialoghi poco credibili.

Il rapporto con la famiglia: presente nella narrazione ma approssimativo

La dipendenza dall’alcol, il difficile rapporto con i genitori e i DCA sono argomenti che nel dolore hanno comunque segnato inevitabilmente la vita e la carriera di Amy Winehouse ma nel film di Sam Taylor-Johnson sono accennati con una narrazione che vuole apparire delicata ma in realtà è blanda, senza che ci sia una vera introspezione.

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Marisa Abela e Lesley Manville in Back to Balck

Il padre, Mitch Winehouse interpretato da Eddie Marsan non ha ruolo ben definito, è una figura che ci viene mostrata velatamente, non prende mai una posizione netta rispetto a ciò che accade alla figlia davanti ai suoi occhi, appare in parte premuroso in parte indifferente. Nella reale storia della cantautrice la figura paterna ha influito molto più (negativamente) di quello che appare nel biopic.

Una parte che risulta interessante e raccontata in modo più sentimentale e diretto, un aspetto meno conosciuto della vita di Amy Winehouse, è la sua relazione significativa con la nonna Cynthia, interpretata da Lesley Manville. Un’ispirazione e un punto fermo, saldo nella vita e nella crescita di Amy, anche nell’influenza musicale.

Marisa Abela: la voce e il volto di Amy in questo biopic

Quando Sam Taylor-Johnson ha visto Marisa Abela recitare nella serie televisiva della BBC Industry, ha capito di aver trovato la sua Amy. L’attrice ventisettenne, originaria del nord di Londra la interpreta dall’età di 17 anni fino ai 27. È lei a dare voce a tutte le canzoni nel film, svolgendo un ottimo lavoro, pur rimanendo ovviamente distante dalla straordinaria Amy.

Abela ha seguito lezioni di canto quotidianamente per due ore e mezzo, per un totale di quattro mesi. Ha collaborato strettamente con il produttore discografico Giles Martin per cercare di emulare lo stile vocale di Amy.

Marisa Abela in Back to Balck

Il risultato è sicuramente buono e Marisa Abela ci ha regalo una buona performance sia attoriale che canora, risultando credibile nei panni di Amy, ma soprattutto convincente. Il problema di fatto della pellicola non è nella scelta della sua protagonista, ma della stesura di una sceneggiatura che non ha saputo dare il giusto rilievo alla donna della quale si sta raccontando la vita tra la disperazione, la gioia e successo, accompagnata da una regia che fa il suo senza particolari lodi, anzi risultando a tratti sciatta e poco personale.

Marvel Snap: la vedova bianca

Come già annunciato nell’articolo sul pass del mese di Aprile: questo martedì 23 alle ore 20 uscirà la nuova carta su Marvel Snap! La vedova nera ritrova la sorella dopo tanto tempo! Yelena entra in grande stile come membro dei Thunderbolts! Vediamo se anche Red Guardian sarà contento!

Ma andiamo come sempre ad analizzare l’utilità della carta sul nostro gioco preferito:

White Widow

Marvel 1

Descrizione:

White Widow (costo: 2, potenza: 2) = Alla Scoperta: Aggiungi una carta Bacio della Vedova nella location del tuo avversario.

Non vedo grandissimi utilizzi specifici per questa carta. Sicuramente sarà usata in dei mazzi Junk vedendo l’effetto del “bacio della vedova“. Che ci imporrà di non riempire quella location. Oppure dato il ritorno di mazzi toxic con Luke Cage e Hazmat sarà molto utile. Andrà a dare fastidio a Dazzler sicuramente ma per il resto non è una di quelle carte su cui costruirei un archetipo. Ma per questo noi siamo fortunati dato che su Marvel Snap ogni carta può essere utile!

Marvel 2

Descrizione:

Bacio della vedova (costo: 0, potenza: 0) = Effetto continuo: ha -4 Potenza. Disabilita questa capacità se il tuo campo di questa posizione è pieno.

Ma chi è White Widow?

Yelena Belova, la terza Vedova Nera (Black Widow), è un personaggio dei fumetti pubblicati dalla Marvel Comics. Creato da Devin K. Grayson e J. G. Jones, la sua prima apparizione avviene in Inhumans (vol. 2) n. 5 (marzo 1999).

Amorale ex-spia GRU ed assassina senza scrupoli. Yelena Belova è stata addestrata nel periodo post-sovietico nella Stanza Rossa allo scopo di rimpiazzare la traditrice Natasha Romanoff in qualità di terza Vedova Nera.

Poteri e abilità

Yelena Belova ha ricevuto lo stesso addestramento di Natasha Romanoff. Divenendo a sua volta una vera e propria arma vivente. Esperta nel combattimento corpo a corpo, nell’uso delle armi bianche e da fuoco, nonché una superba stratega finemente addestrata in tattica militare, esplosivi e manovre di volo. Dotata di un elevato quoziente intellettivo, Yelena è inoltre una grande esperta di spionaggio nonché un’atleta, ginnasta, acrobata, contorsionista e trapezista di livello olimpico con straordinarie capacità coordinative.

Il suo equipaggiamento è costituito da una tuta nera aderente antiproiettili ed un paio di bracciali metallici contenenti un imprecisato quantitativo di gadgets, esplosivi plastici, un radiotrasmettitore, un rampino estensibile ed un emettitore di energia elettrica.

The Fall Guy, Recensione: Ryan Gosling è uno stuntman esilarante

Hollywood si divide in due grandi categorie. Da un lato i divi, le star con i riflettori puntati addosso e premiate agli Oscar. Dall’altro chi lavora dietro le quinte, le maestranze che rendono possibile i film con il proprio lavoro invisibile.

Addirittura c’è chi è disposto a rischiare la vita, con folli acrobazie: gli stuntman. Chi meglio, per omaggiare questa categoria, se non un regista come David Leitch (Bullet Train, Deadpool 2, Atomic Blonde), in passato stuntman e oggi tra i pochi in grado di confezionare film d’azione di qualità?

Traendo ispirazione all’ominima serie TV degli anni ’80, The Fall Guy è un’esilarante commedia romantica mascherata da action movie. Un film d’intrattenimento in tutto e per tutto, che non si prende mai sul serio. E vista l’eccessiva pretenziosità del cinema d’intrattenimento negli ultimi anni, un po’ di ironia è proprio ciò di cui avevamo bisogno.

Se siete alla ricerca di un prodotto leggero e spensierato, in grado di alternare risate ed esplosioni, The Fall Guy fa al caso vostro. Il film arriverà al cinema dal 1 maggio ed in anteprima nazionale il 26 aprile, distribuito da Universal Pictures.

The Fall Guy

The Fall Guy: Ryan Gosling, da Ken a stuntman

The Fall Guy non avrebbe funzionato senza il fascino ed il carisma di Ryan Gosling, che dopo Barbie riconferma le sue eccellenti doti comiche, in un ruolo ricco di autoironia fatto su misura per lui.

In un certo senso il suo Colt Seaver è il naturale successore di Ken. Un uomo follemente innamorato e disposto a tutto per la sua ex, Jody (Emily Blunt). Disposto a schiantarsi, andare in fiamme, farsi saltare in aria e sparare per amore. Proprio quello che farebbe per far divertire gli spettatori, mettendo il proprio corpo al servizio delle superstar durante le riprese.

Colt è, infatti, la controfigura della stella del cinema Tom Ryder (Aaron Taylor-Johnson), impegnato sul set del primo grande film diretto proprio da Jody. Dopo una lunga pausa dai set dovuta ad un incidente, che ne ha condizionato la salute fisica e mentale, Colt è convinto dalla produttrice interpretata da Hannah Waddingham (Ted Lasso) a tornare al suo lavoro con due obiettivi riconquistare Jody e risolvere un mistero legato a Tom.

The Fall Guy

The Fall Guy è una lettera d’amore al cinema che ci fa divertire

The Fall Guy è un continuo susseguirsi di citazioni cinematografiche e di retroscena sul mondo del cinema, soprattutto quello d’azione (visivamente è evidente il richiamo a Mad Max).

Gran parte del film è ambientato sul set cinematografico, in cui assistiamo alle difficoltà incontrate durante le riprese. Produttori che ingaggiano registi malleabili, facilmente influenzabili (quello che accade di continuo con i cinecomic Marvel?). Sceneggiature che vengono stravolte, riprese che si svolgono mentre il terzo atto non è ancora stato deciso.

A questi si aggiunge la contrapposizione fra la scelta di ricorrere agli effetti visivi, aggiunti digitalmente in post-produzione, o al lavoro degli stuntman. In un certo senso anche la paura e vergogna delle star, incapaci di svolgere i propri stunt e terrorizzate dell’idea che gli spettatori riconoscano il volto degli stuntman. Una categoria il cui lavoro non viene in alcun modo riconosciuto.

The Fall Guy è sostanzialmente una piccola ed ironica lettera d’amore al cinema. Certo, usa tutte queste variabili come semplici pretesti narrativi, piuttosto che indagare più a fondo. Ma per un’opera che non si pone mai altre pretese se non quella di divertire lo spettatore, è più che accettabile.

Il film non ha invece paura di mostrarsi come una grande celebrazione degli stuntman. E fonda proprio sugli stunt gran parte del film. Sequenze d’azione che non passeranno alla storia, ma che ben si sposano con lo spirito del film. Meritano di essere viste sul grande schermo.

The Fall Guy

Purtroppo invece The Fall Guy pecca sul lato della trama, non troppo convincente. Il film vorrebbe raccontare tante cose. A volte troppo frettolosamente, finendo per perdersi strada facendo e per poi rivelarsi troppo prevedibile, qualcosa di già visto.

In fondo però è proprio questo il punto. Di solito diremmo che fare film d’intrattenimento non vuol dire prendere in giro lo spettatore. The Fall Guy è una di quelle eccezioni, in cui basta lasciarsi trasportare e ridere. Lo stesso Leitch non si prende sul serio, decide di voler raccontare il suo mondo ed il suo cinema. Rompe la quarta parete sin da subito, per mettere in guardia lo spettatore che quello che vedrà è il suo modo di fare film. Con il terzo atto che si costruirà da solo, attorno agli stunt piuttosto che ad una narrazione solida.

The Fall Guy è un leggero e divertente popcorn movie da guardare in sala. L’esperienza cinematografica nasconde anche quei difetti che non mancano. Questi passano in secondo piano rispetto alle folli esplosioni e la soundtrack adrenalinica. O Ryan Gosling che piange sulle note di Taylor Swift.

Deadpool & Wolverine: il nuovo trailer mostra il villain del film!

Deadpool & Wolverine è il nuovo film Marvel, in arrivo al cinema il prossimo 24 luglio. Si tratta del terzo film della saga con protagonista Wade Wilson, interpretato dal carismatico Ryan Reynolds. La prima pellicola risale al 2016, mentre Deadpool 2 è del 2018. Ma accanto al protagonista ci sarà Hugh Jackman a vestire, ancora una volta, i panni di Wolverine.

Si tratta del primo film prodotto dai Marvel Studios dopo che The Walt Disney Company ha acquisito 20th Century Fox. Deadpool & Wolverine sarà canon nell’universo Marvel e farà parte della fase 5, che comprende Ant-Man and the Wasp: Quantumania, Guardiani della Galassia Vol. 3 The Marvels. A questi film si aggiungeranno poi Brave New WorldThunderbolts, I Fantastici 4 e Blade.

In un calendario Marvel piuttosto scarno, Deadpool & Wolverine è sicuramente il film di punta del 2024. Ecco qui il trailer ufficiale:

Deadpool & Wolverine Trailer Ufficiale

Il ritorno di Wolverine

Questo nuovo trailer si concentra sul Wolverine di Hugh Jackman, in precedenza solo accennato nel teaser precedente. Ora assistiamo al primo incontro tra Wade Wilson e Wolverine.

Deadpool & Wolverine

Nonostante non sia stata ancora diffusa la trama ufficiale e completa, sicuramente i due protagonisti avranno a che fare con la TVA (presentata in Loki) e con il multiverso (dal momento che Wolverine muore nel finale di Logan). I due eroi dovranno collaborare per combattere contro Cassandra Nova e proteggere il loro mondo.

Deadpool & Wolverine sarà diretto da Shawn Levy. Accanto a Reynolds e Jackman, Jennifer Garner (Elektra) ed Emma Corrin (Cassandra). Con questo trailer aumenta l’attesa per la nuova pellicola, e a noi non resta che attendere con trepidazione l’uscita del film.

Perfect Blue: 3 film che hanno preso ispirazione dall’anime

Perfect Blue, il film del regista giapponese Satoshi Kon, può essere definito come uno dei precursori del thriller/horror animato. A testimonianza di ciò, diverse opere hanno poi preso ispirazione dall’anime in questione, capace di influenzare alcuni dei più famosi registi della nostra epoca.

perfect blue

Ecco, allora, tre film che hanno preso ispirazione da Perfect Blue.

Il cigno nero (2010)

Diretto da Darren Aronofsky, questo film segue la storia di Nina, una ballerina che lotta con la pressione e l’ossessione mentre cerca di ottenere il ruolo principale ne Il lago dei cigni di Čajkovskij.

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Il film condivide molte tematiche con Perfect Blue, come la confusione tra realtà e finzione, così come l’esplorazione della psiche umana attraverso il mondo della performance artistica.

Il regista, infatti, ha dichiarato ufficialmente di aver preso ispirazione dall’opera di Kon, in quanto avrebbe voluto realizzare un film in live action dello stesso Perfect Blue.

Requiem For a Dream (2000)

Diretto dallo stesso Darren Aronofsky, Requiem For a Dream esplora la vita di Harry (Jared Leto), dei suoi amici e di sua madre che, per diversi motivi, cadono nella dipendenza da droghe, portando alla rovina le loro vite e le loro relazioni.

Come Perfect Blue, la pellicola di Requiem for a Dream presenta una narrazione intensa e disturbante che mette in evidenza gli aspetti più oscuri della mente umana.

Mulholland Drive (2001)

Diretto da David Lynch, Mulholland Drive è un altro film che ha delle affinità con Perfect Blue in termini di atmosfera e tematiche. Infatti, entrambi i film condividono elementi di mistero, paranoia e una narrativa che sfida le aspettative e la mente dello spettatore.

mulhollandrive lynch

In Mulholland Drive, la storia segue una giovane donna (Naomi Watts) che arriva a Los Angeles con il sogno di diventare attrice, solo per trovarsi poi coinvolta in una serie di eventi misteriosi e oscuri che svelano il lato oscuro di Hollywood.

Il film è noto per la sua complessità narrativa e le sue atmosfere surreali, oltre che per la tematica del successo nel mondo dello spettacolo, i quali ricordano l’ambiguità e la tensione psicologica di Perfect Blue.

Ghostbusters in streaming: dove vedere i film sugli acchiappafantasmi

Il nuovo capitolo del franchise Ghostbusters (Ghostbusters – Minaccia glaciale) è arrivato nelle sale pochi giorni fa. Questa storia è sicuramente una delle più amate dal pubblico, ormai fissata nella mente di generazioni e generazioni.

Ad oggi conta ben 4 film appartenenti al filone originale e 1 reboot. Ma dove possono essere visti? Esistono ormai così tante piattaforme per recuperare, sia grazie al noleggio che grazie agli abbonamenti, i film nella comodità delle nostre case. Andiamo perciò a vedere dove trovare le diverse pellicole degli acchiappafantasmi.

Partiamo dal principio: Ghostbusters

Il primo film, Ghostbusters, è uscito in sala nell’ormai lontano 8 giugno 1984. Per la regia di Ivan Reitman, regista e produttore slovacco, naturalizzato canadese. A recitare nella pellicola i tre iconici protagonisti Bill Murray, Dan Aykroyd e Harold Ramis.

Il film si può vedere all’interno dell’abbonamento a Disney+, ma anche su Sky e Now. In alternativa si può noleggiare su Prime video o Apple tv per €3.99.

Ghostbusters II

Il secondo capitolo, diretto sempre da Reitman e con gli stessi protagonisti, uscì in sala in 16 giugno 1989. Questo secondo capitolo venne realizzato dopo ben cinque anni dall’uscita del primo film, grazie all’accoglienza positiva del pubblico. Insomma quando ti trovi davanti ad un film che diventa così famoso e incassa 240 milioni di dollari solo negli USA, non puoi non produrre un seguito e cavalcare l’onda.

Anche in questo caso la pellicola può essere recuperata su Disney+, Sky e Now compresa nel costo dell’abbonamento. O in alternativa può essere noleggiata su Prime Video o Apple tv al costo di €3.99.

Ghostbusters: nel 2016 arriva l’ora del reboot

Dopo anni di lavoro su questo progetto arriva nel 2016 il reboot di ghostbusters. Un progetto che giocava sul successo dei primi due film, per portare in sala nostalgici e nuove generazioni. In questo film, diretto da Paul Feig, troviamo una squadra di acchiappafantasmi tutta al femminile.

Il film si può vedere all’interno dell’abbonamento a Disney+, ma anche su Sky e Now. In alternativa si può noleggiare su Prime video o Apple tv per €3.99.

Non c’è due senza tre: Ghostbusters – legacy

ghostbusters

Nel 2021 arriva un nuovo capitolo, stavolta diretto da Jason Reitman, figlio di Ivan. L’eredità degli acchiappafantasmi arriva alle nuove generazioni. Un film nel quale ritroviamo i vecchi volti, ma conosciamo anche dei nuovissimi personaggi alle prese con delle altre vicende misteriose.

Questo film può essere noleggiato su Prime Video o Apple tv al costo di €3.99.

Ghostbusters – Minaccia glaciale

Il quarto capitolo della saga è arrivato in sala una settimana fa e sarà disponibile ancora per qualche giorno al cinema qui in Italia. Al momento non è ancora noto il futuro della pellicola, sicuramente dopo la fine dei giorni di programmazione al cinema si avranno notizie su dove recuperare il film da casa. Intanto potete andare a vederlo in sala e leggere la nostra recensione.

Ghostbusters – Minaccia glaciale, Recensione: gli acchiappafantasmi sono tornati

Gli acchiappafantasmi sono tornati in sala. È infatti arrivato al cinema Ghostbusters – Minaccia glaciale, un ennesimo seguito che porta avanti la saga sugli acchiappafantasmi. Una pellicola diretta da Gil Kenan che si rifà all‘immaginario anni 90 e che risulta molto simile alla serie animata degli anni 90.

Di cosa parla Ghostbusters – Minaccia glaciale

La famiglia che avevamo conosciuto in Ghostbusters-legacy si trasferisce a New York. Gli acchiappafantasmi hanno ormai un laboratorio segreto in città dove indagano sul paranormale e i fantasmi. Gli storici protagonisti hanno bisogno di aniuto, aiuto chge arriverà dalle nuove leve già conosciute in precedenza. Dovranno affrontare diversi ostacoli nel loro percorso tra i quali anche il sindaco della città, oppositore del gruppo da tempo. Ma soprattutto dovranno risolvere il pasticcio che da motivo dell’esistenza della pellicola stessa. Un danno creato da Phoebe stessa.

1,2,3… stai là!

La pellicola ha un buon incipit, si tratta di una commedia d’avventura e fantascienza, perciò l’azione deve essere parte fondamentale. In questo caso il film parte con il botto. Scene interssanti, che richiamano ai primi due film e che soprattutto ci riportano a New York. Dopo le vicende avvenute in Ghostbusters-legacy, che avevano visto come sfondo Summerville, tornare a New York regala la percezione di tornare indietro nel tempo.

Per quanto nei primi minuti il film riesca ad attirare l’attenzione dello spettatore, questo scema man mano e va a diventare sempre più lento. Nella parte centrale si perde totalmente dentro la storia anche se più avanti riesce a recuperare sul finale. Una cosa certa è che i 115 minuti potevano essere ridotti almeno di 20-30 così da alleggerire l’effetto della parte centrale che come già detto si perde e risulta pesante.

Una regia non tanto presente…

Questo film ha degli aspetti che funzionano. Innanzitutto è divertente. In tutta la sua durata riesce, grazie soprattutto alla scrittura dei dialoghi, a strappare delle risate nel pubblico. Funzionano anche tutti i richiami ai primi due film della saga, e la presenza dei vecchi protagonisti. Giocare sulla nostalgia però porta anche ad alcuni lati negativi: diverse ripetizioni che possono annoiare man mano.

La regia non da nulla di interessante al film. Questa saga non è mai stata caratterizzata da una regia sbalorditiva, i primi due film sono stati diretti bene, ma non hanno nulla di eccezionale da farci ricordare in questo senso. Questo film però sembra diretto in modo freddo e distaccato, come se, a differenza del primo regista, Gil Kenan non amasse nemmeno il film stesso.

Insomma Ghostbusters – Minaccia glaciale è un film carino. Per quello che si può pretendere da i seguiti di grandi saghe è ben riuscito. Ciò non significa che non ci siano errori. L’effetto nostalgia, le scene comiche e la buona scrittura riescono a renderlo piacevole da vedere.

Perfect Blue, il primo thriller psicologico animato, arriva al cinema

Perfect Blue, il film diretto da Satoshi Kon uscito nel 1997, viene ancora oggi considerato un’icona nel mondo dell’animazione giapponese e del cinema thriller/horror psicologico. Il film ha lasciato un’impronta indelebile grazie alla sua trama intricata e alla rappresentazione cruda della psiche umana.

Perfect Blue uscì, a suo tempo, nelle sale giapponesi, ma non approdò mai nelle sale italiane, arrivando direttamente in VHS. Adesso, invece, il film sarà proiettato nei cinema nostrani nei giorni del 22, 23 e 24 aprile. Un’occasione da non perdere, capiamo il perché.

Perfect Blue: di cosa parla?

La trama segue la vita di Mima Kirigoe, una giovane idol che decide di abbandonare la sua carriera nella musica pop per inseguire il suo sogno di diventare un’attrice.

Il cambio al mondo della recitazione, però, si rivela più difficile del previsto: Mima, infatti, si ritrova coinvolta in una serie di eventi inquietanti che mettono in dubbio la sua percezione della realtà e della propria identità.

L’animazione in Perfect Blue è straordinariamente dettagliata e realistica: creando un’atmosfera cupa e claustrofobica, lo spettatore viene avvolto da tinte quasi horror.

La regia di Satoshi Kon è magistrale, alternando momenti di suspense ad altri di pura tensione psicologica ed orrore, mantenendo lo spettatore sulle spine, fino alla sorprendente conclusione.

Come un déjà vu

Perfect Blue vi ricorda qualcosa? Ebbene, avete ragione, ricorda Il cigno nero di Darren Aronofsky, celebre regista visionario.

Il regista ha sempre amato Perfect Blue, tentando di realizzarne una pellicola. Non riuscendoci, per motivi di diritti, ha realizzato Il Cigno nero, ispirandosi all’opera giapponese.

In entrambi i film infatti, le protagoniste, Mima in Perfect Blue e Nina in Il Cigno Nero (non a caso con nomi simili), sono ballerine che lottano con la propria percezione della realtà, spesso mescolando allucinazioni e fantasie con gli eventi reali che accadono intorno a loro.

Entrambi i film esplorano anche il tema dell’ossessione e della competizione nel mondo dello spettacolo, mostrando come la ricerca della perfezione può portare a conseguenze devastanti per la salute mentale dei personaggi principali.